- la poesia, dio e l'economia:
la scienza è precisione.
-il 25 aprile l'italia è libera
e il 9 maggio è la sconfitta nazista
il 2 settembre 1945 resa nipponica
son feste per chi ha vivo il senso della storia
-è chiaro che senza la mamma nessun bimbo campa.
non ci son capre che allattano divinità
né lupe che allevano re
esistono solo le nutrici e balie
Tutto ciò che è appare (Aristotele).
Che quel che vedo tutti lo vedano è merito di dio.
-il caso è sempre una particella
di una contingenza temporale
che sarebbe il cogliere l’attimo
opportuno.
testa di fallo,
gli disse il sindaco Zuankinu Remitanu,
quella legna che sai di non aver tagliato tu
lasciala sempre dove la vedi
se no la prossima volta
proverai il bastone sulle terga
e poi ti asterrai per un anno dal salubre bruskete
e dal saluberrimo piritzolu
che da i sublimi piaceri e i doveri coniugali
-sembra facile presentarsi per quel che si è
secondo la carta di cittadinanza municipale
evitando di mostrare quel che non sei
sor irfainaos
0,
Scrivere qualcosa sul mondo è come trattare con esso.
Chi comanda col martello a Irillai se ne infischia delle fulgide idee di quanti bene o male obbediscono a Seuna dove fabbricano i chiodi. Infine verrà fuori un tavolo. Ma l'agnello arrosto farà la sua figura nell'antico vassoio di sughero, o bajone ki s'anzone. La natura pensa a tutto, anche al piatto di portata. Corteccia a misura d'agnello. Ora agnello e sughero sembrano fatti apposta per i battezzati. La natura è provvidenzialmente pratica. La provvidenza è la natura di dio presso di noi. Perchè il battezzato è il fine del creato. Naturalmente il buon cristiano, per libero arbitrio, può desiderare d'avere un'incubo ogni notte. In ogni caso sarà sempre responsabile di quel che farà nel momento stesso del compimento. Concentrato sarà solo al mondo. Come un rattoppino che non riconosce Penelope e il buon vivere.
1.
Succede che il mezzo diventi fine, come fanno i ricchi che mangiano i fichi maturi solo per usare le posate d'argento.
2
Considerazioni - di un anonimo copista -
su episodi paesani di uno svagato autore
convinto che la vita sia una stagione
col clima festivo tutto da ridere
e nulla ci sia di inattuale
in quel che accade e
nulla ci sia da castigare
poiché tutto rientra nell'ordine
delle cose che sono state
che sono e che forse
saranno
la tenera tiresia prima purissima madre
a Fonni pippius panus , i bimbi morti senza battesimo
La parola scopre la realtà.
II sogno è silenzioso e senza terra dove i corpi si muovono come uccelli marini.
Quando mancano le parole si è delle pompe vuote.
I vecchi pesci del più vecchio mare nuotano muti scuotendo le pinne, come le vecchie pie d'Irillai che, moribonde, fan le fiche agli astanti. Fregando le unghie dei pollici come a dire: pidocchiosi, avete sempre l'aria d'uccidere pidocchi.
3.
Chi dirà per primo: acaba sa tzarra? Smettila, urla il primo partner. Caramia, nulla dura più della parola. Ite tzarrat' su pizoku? Sento per te l'amore che mi ha preso la ragione. Sono tuo, fanne quel che vuoi.
L'amore che prese Zenia Zarrete la liberò dalle parentele. Sarebbe stata altrettanto libera con Zomaria Zurrete? Nel momento dell'amore pensa che il suo destino sia eterno, perchè tracciato dal Signore. É nuda, chiude gli occhi e sogna. Fa lo stesso se durerà finchè può. L'amore, s'intende, è una calamita. Un cuore magnetico. Fabbrica di figli che non si possono mandare indietro: l'avvenimento è irrevocabile. Lei è contenta di parlare tutta la vita con Zomaria. Frutto dell'amore era per lei il concepimento di figli dell'amore che porta le ultime novità sulla terra e che l'avrebbero infine sostenuta nella vecchiaia. Almeno tre o quattro figli, per non annoiarsi di giorno né di notte. D'altronde tutti al mondo figliano. Zenia più Zomaria uguale Zuanchinu o Manzela. Uno più uno = tre. Chi ha da essere, sia. Chi ha da dare, dia; chi ha da prendere, prenda. Nell'amore anche l'imbroglio è lecito. Parlami, se no m'annoio. Il matrimonio dà i benefici della legge, senza garantire la fedeltà che appartiene ad altro. Oltre l'amore focoso e impetuoso e la placida legge rimane la parola del dialogo: si parleranno sempre fino alla fine? Finite le scenate? Ogni istante di silenzio è rubato al tempo: tutta una vita un calore che alimenta il sesso. Ricordati di me. Sarà un brutto ricordo. Fa che sia sopportabile. Tzarrare è parlare. Nella parola sta la ragione della vita. Possibile che alla fine si logori. C'è Mastrefe nel nostro destino: il decisivo ponte degli innamorati che han perso la fiducia.
4.
Gli avventori che da Zigottu Tzillerarju Trantzilleri (bettoliere che sostituisce le frasche secche con le fresche frasche) la scampano ad ogni turbolenta mariglia, paiono scappati da una anomala
fornace infernale, con colpi di coda come lame roventi alla mano. Scappati dall'inferno per stravolgere le leggi delle carte. Alla reclusione di Tempio giocano così. Pepe Coa, signore dei severi padri di famiglia, sente il peso della vita vissuta con le carte che vincono e perdono. Pepe Coa è conforme al suo essere unico al mondo. Nella vecchia galera di via Roma erano più mansueti e senza diritti. A loro tutte le sacrosante terre del papa, che un tempo espandeva l'impero. Con buone carte anche i ciechi vincono. Se questa vince, quest'altra perde.
5.
La luce della luna si posa sulla vetrata della chiesa d'Irillai e desta meraviglia nella civetta di Farcana, che vorrebbe tendere alla luna, l'ala bagnata nel dolce miele.
Il movimento della luna è la viva forma del tempo che scorre. La luna come corpo di quell'anima che fa muovere gli astri. Viva l'eterno pellegrinar della luna sulla scena. Si, la luna sembra fatta da san Pietro, il manovale di Gesù che raccoglie gli scarti dei manufatti divini nella fabbricazione del mondo che dura senza peruna necessità.
Non so proprio di cos'abbia bisogno il sole per esistere oltre una lunga primavera e una buona scorta di pane, formaggio e vino.
Oltre il sole, alle sue spalle, intravedo un cumulo di macerie, con le chiacchere e le dicerie sulla creazione del cielo.
6.
La madre a cui è morto il giovane figlio, si sente consolare così: Dio ha voluto Beniamino con sé perché tu non l'amavi tanto quanto lui. Egli è fonte di vita che non sazia mai.
Rovina le persone, lascia intatte le cose e annienta le pie madri d'Irillai. Bell'affare. Gli spettri nel deserto del Supramonte si aggirano a Irillai, dando polmone ai gatti che non mangiano le anguille e schifano il rosso dell'uovo a colazione. Irmurzare. Mimiu Iferziu.
7.
Il cacico ammalia la plebe(che ammazzerebbe pur di apparire in tv), l'incanta con la sua ricchezza a cui ognuno può concorrere con un sortilegio. Agli occhi della plebe il cacico è un mago, un genio, capace di tutto. Per un lavoro da nulla ucciderebbe un figlio, commessa o barista. Farebbe anche la spia se nessuno lo verrebbe a sapere.
Il cacico fa pubblico il privato: si toglie le corna di tasca e se le mette in fronte. Si separa, fa un po' come il giorno e la notte.
É evidente che al potente cacico tutti gli altri da se valgano meno di una cica nei suoi confronti: può sostituirli come le cariatidi del tempio. Ogni individuo è trattato da lui come uno sgabello di sughero che galleggia sopra i flutti su cui camminerà. Lui salta ogni ostacolo per sostituirsi a Dio. Lui è l'unico e deve scampare la galera fatta per gli uomini singolari. Egli promette l'impossibile per mantenere la parola di cui non può fare a meno chiunque l'abbia avuta in dono.
8.
Cadde nelle scale di una casa di piacere rimbalzando come una palla di gradino in gradino e finire con un plof come una bolla di polenta che bolle nel paiuolo sul fuoco e ne ebbe un danno all'anca che lo costrinse al riposo in solitudine e ad essere acccudito dalle persone che aveva voluto bene, che non misuravano l'aiuto necessario nemmeno ai vecchi acrobati maestri di destrezza che nel circo cadono dalla fune senza rompersi l'osso sacro come Nicola Neula.
9.
I pelati pesisti d'Irillai, forti come Atlante, non disdegnano di portare sulle spalle, respirando con una narice, fasci di legna sù da Lucula che a fatica una coppia di buoi porta giù col carro dal monte selvaggio (dove è assente la ferrovia e le novità le portano gli astori) con l'alea di travolgerli e piggiarli come uva o schiacciarli come uova di gallina spontaneamente prodiga e matura come tante ce ne sono dalle nostre parti che guardano il sorgere del sole. Battista Busuca. La legna che riscalda i pesisti la pesano di buon umore sotto il costante peso. Giorni a buon mercato quando saltellano i passeri. Iddio non si è dimenticato di loro. Non ha figli dimenticati, anche se rubano la legna. Lasciato il borsellino nel comò. Vicino agli occhiali. Posto adatto a sbadigliare: la sponda del letto, seduto con i piedi nudi per terra. Un sonoro sbadiglio desta la vita. All'opera, dunque, col profumo dell'orlo della notte. Notte incantevole col canto del cucco. Mi sentivo goffo la prima volta col trench e passare nel Muraglione d'Irillai. La prim'ostia in bocca con le labbra strette. Un furto di legna avrà la sua assoluzione. L'orlo della notte è cara ai battezzati. L'orlo del giorno che passa. Chi dorme spreca le ore della notte, quando la campana del Rosario batte le sue ore. Le foreste di un tempo erano l'orgoglio della Baronia. Madre indaffarata, figlia svogliata. Sarà sposa felice come fu vergine fanciulla sulla riva del Cedrino. Nel destino della femmina c'è la vedovanza e un campo di cavoli e meloni. Giusto chi ha paura delle volte la scappa sotto il trench. Diecu Timecaca che una volta senti graffiare dentro la bara. Il dolce in fondo alla strada.
10.
Il vecchio daziante del ponte di Lucula, padre del soldato Boboriskina, nonno delle janas conservate nelle credenze d'Irillai assieme al pane carasau, nate nelle lunghe notti delle grotte umide di Farcana, cresciute all'asciutto mezzo femmine e mezzo maschi, buone e cattive come la sorte, piccole come le fate che popolano il sottobosco di Soloti dove son solite bagnarsi alla fonte dell'acqua perenne, il vecchio daziante del ponte, dicevo, beveva il vino di Marreri quanto il primo zappatore ambulante che usciva dalle colline della Baronia guadando il Cedrino senza bagnarsi, per avventurarsi nei monti del sud dove i vecchi frati di Fonni scivolano ubriachi dalle spalle dei novizi in burroni oscuri come botti piene di vino, e la spirano come cattiva acquardente...ecco, volevo solo dire che il vecchio del ponte si ubriacava con chiunque percorresse il ponte in un senso o nell'altro. Tutto qui. Scusatemi la digressione, poiché temo i temporali. Davvero, perdonatemi.
11.
Ricordo bene la voce della levatrice che quando nacqui esclamò: con che arroganza è venuto fuori. Come a sfidare la vita. Senza l'angoscia moderna per esser nato, né quella premoderna dell'origine della specie che scopre degli estranei simili a lui. Scampato alla moria del tempo, alla siccità e alle inondazioni. Mi dissero poi, che, appena un'anno dopo, certi sudici vicini auguravano che la vita mancasse ai sofferenti poliomielitici, così inabili alla guerra comunque combattuta per capriccio...vennero vitali e imbecilli i figli dei vicini e non erano meno lerci dei genitori. E ora ne faccio dello spirito: credo di essere io la causa del maltempo a Ohiai. Andarinu Alfonso, che appena nato mi disse: qui non sarò più solo come prima. Ci sei anche tu e ti giuro che saremo concordi come fratelli che se ne infischiano dell'eredità e del primo giorno del mondo.
12.
A nessuno importa quel che sono: come se avessi offeso il prossimo spacciandomi per cuoco.
Vile è chi essendone a conoscenza non ostacola il male e prende della valeriana sottobanco. Filize Filindeu.
13.
A nessuno dispiace quel che faccio: e se non Dio ha fatto il mondo, è certo stato uno come lui.
Anche Dio è nudo, disse l'originale innocenza del bambino.
È del destino la vita che si svolge delle cose (spontanee)necessarie e degli affari sufficienti ed eterni.
Per quanto mi riguarda è del destino quel che vado facendo: intreccio i fili sciolti che han lasciato le mie amate donne, candide e innocenti come gli anni della prima infanzia.
La dignità appartiene a chi è responsabile di quel che fa. Non pratica immoralità vertiginose. Ziu Perdonau, nobile d'Irillai.
14.
Chiaro il cielo quando splende il sole,
nell'aria vola il falco che sa dove parare la notte,
quando veglierà in onore della stella che più brilla nel firmamento
e al mattino vedrà il merlo specchiarsi alla fonte di Soloti.
15.
Nel tempo ogni cosa è destinata a scomparire (non so se svanirà dell'invidia la triste fama), non perchè sconvolte da contraddizioni proprie, da lotte intestine, da carenze strutturali, ma da quelle palesi deficienze che notiamo nelle stagioni e da quelle lampanti insufficenze che vediamo nei mesi dell'anno. Purtroppo nel mondo si estinguono le virtù. Che fare? Difficile togliere la carne dal fuoco. Dipende da questo e da quello che succederà. Preveda chi scommette in quel che cela il futuro, in quel che è nascosto nel deserto del tempo. Chi non ha carte da giocare né poesie da recitare, se ne sta quieto a guardare cielo e terra dal Muraglione d'Irillai, confidando sulle buone intenzioni del prossimo, senza l'angoscia dell'incerto domani. Che le cose vadano bene, almeno quelle che contano.
16.
Che gli uomini man mano che nascono siano migliori, dimostra che il primo fatto da Dio era una copia imperfetta che in viaggio si migliora. Cominciò col trovarsi nel deserto ma non si perse per strada. Tutti dello stesso stampo, uno simile all'altro, come le noci, vincolati alla grazia sapiente. La storia del primo arrivato, dura nel tempo e meraviglia sempre, come il pane carasau e la poesia. C'è sempre della magia nell'aria.
17.
La gerarchia di ogni religione usa Dio per bearsi del mondo, gli atei si godono il mondo senza usare Dio. Conta che il mondo non interferisca tra i contendenti. Bisogna riaccogliere Eva nel mondo dove si bastonano i cani, e con il marito. E al bagno ci si ricordi di tirare la catenella, senza fare il patacca.
18.
Nel bozzolo l'idea dipinge le sue ali prima di abbandonarlo. Ella si fa bella per la primavera e per arranpiccarsi nel versante del Monte che porta a passeggiare nella foresta di Farcana
19.
Doveroso far bella figura negli spuntini. Doveroso come ammazzare il tempo. Darsi da fare nelle rebotte. Arrostire e tagliar l'arrosto. Bel lavoro se fatto con abilità. La carne ben cotta non è uno straccio. Trovare il momento giusto per girare lo spiedo. Tieni la bocca chiusa se non sai bene cosa dire. Non fare lo spensierato. Prima il lavoro, poi il divertimento. Amore e sentimento del dovere. I matti urlano anche nelle feste, quando devono mangiare trenta persone. E tener lontane le mosche.
I buoni padri delle famiglie d'Irillai sono fieri di avere figli rispettosi delle usanze della gente con cui si è degni di essere paesani. Essi non si fanno intimidire perchè non hanno nulla da perdere che prima o poi perderanno. Sicuro, la morte ce l'avrebbe fatta.
20.
C'è un mestiere che cerca una ragione per concatenare i fatti. L'uomo non ha obblighi poiché comprende che tutto è per lui - ha forse obblighi alla vita che lo sostiene? Grati all'autore del quadro? Di due eventi distanti non si sa quale segue all'altro. Può tornar comodo accomunarli. Il destino è caotico, perciò bisogna metterci mano.
21.
Con affetto ai vecchi del Kontone, così allegri e di rado ombrosi, ma sempre amati dalla luna. Moriranno poveri e sarà facile tenerli nella tomba al dolce suon delle launeddhas che guida l'anima per essere salvata nella foresta di Farcana tra le figlie pallide come la luce del sottobosco che concorrono con le stelle allo splendore degli spiriti notturni d'Ohiai
moriranno poveri come altre volte risorti nel primo pomeriggio di lunedì con la pancia piena di minestr'è merca.
22.
Lo stesso Dio ha difficoltà a rifare quel che è accaduto. Autore di molte cose incompiute. Pochi come lui amano la solitudine. Come chi ha messo i suoi risparmi in borsa. I fortunati del Maestro e del Garzone: riproveranno domani a rifare l'aborto.
23.
Prometto agli altri coinquilini i frutti degli alberi di melograno e mi impongo a me: faccio alla fine quel che volevo. Aspetto nella notte quel che ha trattenuto il giorno. Al buio prendono forma le idee e si colorano le ali delle farfalle.
24.
Nel riso e nel pianto è d'obbligo la giusta misura, quando si sta alla finestra davanti ai vicini che vigilano con le luci della città.
25.
La Baronia era un pantano, la montagna una boscaglia, perciò Irillai doveva sorgere a mezz'altezza e tracciare una sicura via d'uscita verso il paradiso degli ordini gerarchici, con i chierici nel primo gradino e i vescovi in quello più alto. Essi del confortevole mignolo si han preso il braccio. Splendono sullo scranno più alto dove non si commette peccato e scelgono i tasti bianconeri del pianoforte che intona il dolcepiano della camera del regno.
26.
Zenia s'addormentava col timore degli incubi. Nessuno ha un sonno così perfetto da evitare i sogni brutti. Fate che i sogni abbiano porte aperte. Fate che il sonno sia perfetto come un'uovo. Fate che a maggio convoglino gli sposi a nozze.
27.
Cerchi agli occhi e denti distanti come lampioni, vesti a righe, unghie lunghe e calli ai piedi, bisognano di forbici dove s'annidano i pidocchi, così son le janas di Farcana, con gli occhi come rane, mangiano bietole e cicoria e ancheggiano col culo a nuvola
una mariposa nella notte, un lumino, uno zolfanello accanto al focolare e una dolce cipolla sopra il tavolo e lampi nel cielo
28.
Zomaria, nome di barbieri e calzolai, pronto a battersi fuor della bettola dopo aver strattonato il contendente Zuanchinu, ex capo bandito col talento della lite che non risparmia gli errori a mariglia e alla morra. La finiranno come i cartomanti a cui il vento scompiglia le carte e perderanno prestigio presso...
Zenia, nome della prima domestica di casa a fumar di nascosto. Ella con gli screzi dell'amore si sentiva rinascere. Non lei né Zomaria, sfuggiva all'amore che brucia. L'amore ruba quanto gli pare e quando è sazio si dimentica le parole da affidare all'oggetto che trascura. Finirà alla fiera a vender dubbi sui sentimenti. Dirà che il suo cuore spiccava dal seno come la polpa dall'osso o dal nocciolo. Mimiu Piliolu, tenero come una lacrima di chiunque sia.
29.
Si può misurare il cielo che non ha confini? Poi non sta mai fermo. E si contrae e si dilata come un nerbo di bue. Dovremo legarlo con l'aiuto di Dio. I buoi li abbiamo. E il sughero abbiamo e le querce
Gli antichi sondavano il cuore con un coltello a serramanico e lo trovavano torbido e senza fondo. Arido per aver troppo amato le sue donne, che temevano il pozzo ripido e profondo, nel cortile della nostalgia.
Il sole è irraggiungibile da uno che va piano come me, soffre di vertigini e il tempo che ha gli scappa come un pezzo di sapone dalle mani bucate. Poi si morde le dita per non aver afferrato le stelle alle spalle.
Solo la morte che nulla distrae, avrà intera la mia vita finora sempre divisa in parti uguali come il torrone con le nocciole di san francesco. Essa è avida come la mia donna incinta lo era del torrone che vien giù da Tonara col disgelo, in tronchi vuoti di castagno. Diddinu Lapiolu.
30.
Mi va di cogliere le faccende comico-ironiche che accadono a Irillai. Mi passano per casa e si attaccano alle parole (o le parole attecchiscono in loro, come il seme nell'ovo?) e diventano parte di me. Poi vanno libere per vicoli e campi aperti e ritornano a cavallo dell'onda lunga del Tirreno, stanche all'ora del riposo. L'assenza è stata breve: l'istante del lamento che rivendica il suo diritto. Così mi dicono di Kikinu Pranghiolu, duellante in amore con Mimiu Piliolu. Per Zenia, aggiungo di mio, s'impiccheranno a Borbore. Succede tra buoni rivali.
Ribale, avversario, è quello che non ha pietà. Eponimo del ribale è il cinghiale che si ribella alla cattura mortale. Selvaggio e ribelle, l'eroe della sua libertà. Ma egli ha pietà di se e non delle siepi di rose con le spine. Bando alle parole facili: non promettere nulla a nessuno e sarai libero. Morditi la lingua prima di farlo. Trova chi è più adatto di te a farlo in santa pace. Per esser libero, non promettere. Né minacciare qualcosa di grande. Farò quanto posso senza doverlo a nessuno. Per dividere la gioia con altri, che ognuno ci metta la sua. Il verro sta sopra le sue scrofe per dare filo da torcere agli eroi vicini e cattivi. Non temere di mancare alla parola data, puoi sempre scusarti. Solo i sogni non si possono revocare, poiché non posso farli reali . La libertà è di chi può revocare quel che ha dato.
31.
Gli onesti padri di famiglia d'Irillai se ne infischiano delle grandi azioni del formidabile leader: essi non vedono la tv, dove onesti e fuorilegge si confondono. Suo sia il carattere di ognuno che prende a buffo dalla bancarella
32.
Lacana è dove finisce il mio possedimento. Perciò odio le aiuole. Non le posso calpestare poiché devo stare attento a non cadere. Sto in guardia sul suolo che mi regge. Chi non può andare come me, se ne stia nelle sue terre di confine. Cerco nei miei campi la capacità di star bene. Ama la gioia, dicevano le mie donne. Starai meglio con noi. Tutto ebbe inizio un mattino di primavera nelle terre del padre. Avvenne all'improvviso e non fu più solo. Sarò spontaneo come il giglio del campo che per cominciare sorride al mondo come un monarca. Sorride al cardo e all'asfodelo. Si apre un varco chiunque venga al mondo e intenda restarci. E se lo ha trovato aperto irromperà comunque nel mondo degli altri già giunti alla meta. Non io l'ho voluto, ma il padre mio, e ora voglio rimanerci, senza far dispetti.
Nato per caso, non per caso voglio vivere a casaccio. Scelgo di vivere fin dove il caso lo consente. Non prevedo l'arbitrio del domani, che agirà comunque. Comunque conoscerò le circostanze.
33.
Non conosco la causa dell'amore. Credevo di conoscerne gli elementi nella persona delle mie donne.
Gli uniti in matrimonio cambiano d'ora in ora, e qualche volta in meglio. È la vita di coppia, si dice. Lei gli taglerà le unghie dei piedi e lui gli tirerà i capelli se gli farà male. Sei un piagnisteo, dici solo ohi. Come gli asini, aggiungerà lui. Si, le nozze son riso e pianto. Nell'intimo e davanti a Dio nessuno alza la voce.
La fedeltà si addice alle donne; cosìchè gli uomini devono adattarsi le corna. Di lealtà di coppia si tratta. Così alla vedova si chiede più che al vedovo. La vita di coppia è piena di tutto e alla fine di tutto non manca di brutte e cattive parole: quelle che precedono gli sputi. Segno che han vissuto. Chi piange ama. Segno che una parte pativa. Il padre misura l'affetto che dà per non passare da mollaccione. La madre è per i figli carne della loro carne. Lei quando sta bene mostra la florida beltà. È la verità, dice, e non la si può negare. Lui con la vocina del minghino ringhia alle mosche il suo scontento. È così cerimonioso, l'inetto. Ogni donna fa per lui quel che la moglie farebbe ad ogni uomo: l'amerebbe. È così bella lei quanto è onesto lui. Infine, ambedue saranno inconsolabili.
34.
Il cacico si crede investito della maestà del popolo e può quindi permettersi il maldestro agire: fare quel che gli pare perchè eletto per governare gli affari della sua corporazione. Promette ponti (arena delle sue passioni)e minaccia i giudici che perseguono il reato nella persona che lo compie. Si intromettono nel mio privato, urla come il dissennato Pepe Trazea che ha sgozzato le ultime dodici galline del pollaio.
35.
E' come un mosaico l'intera realtà della natura chè è composta di frammenti. Io, e molti come me, stanno nell'altra sponda del Cedrino.
Gli onesti non hanno ceto e non appartengono ad alcuna corporazione. Aderirei al loro gruppo se mi accettassero.
La bontà tra i ricchi è cosa rara perchè sono solo l'un per cento della popolazione. E io non so dove sono.
36.
Saluto alla guardia campestre.
Mimetica è la intelligente divisa dei barazelos che Zuanchinu come un superiore in panciotto e maniche di camicia saluta con la mano dalla finestra di un ufficio del municipio. Giovani con la barba di una settimana, rapati come monache. Qualcuno più grasso degli altri. Due con gli occhiali. Uno rischia la retina. Un altro a suo tempo fu uno scapestrato. I cavalli eccitati scuotono la testa, poi attraversano la piazza ciucciando la ferraglia. Preferirebbero una manciata d'avena. Bolo da rimasticare. La retroguardia ne fa una delle sue sull'orlo della piazza. Il cavallo dell'ufficiale non l'avrebbe fatta lì. Tutte le impiegate del comune fanno di mano sulla gradinata, con la bocca piena di gomma. Comanda chi fa più grande la bolla. Evidente che nessuna usa più la cintura di castità al lavoro. Sanno che i barazelos marchiano il bestiame prima della razzia. Pecore vecchie per le rebotte. Agnelli al mercato e Merzioro al banco. L'usciere che pensa a se e alla famiglia non si è mosso dal suo posto per paura del vicesindaco che non guarda in faccia nessuno e non ha mai lavorato fuori del partito e perseguita gli inetti che fan perdere le battaglie decisive, uno sfacelo la morte di Stalin, Krusciov un bifolco, Gorbaciov un'avventuriero, in Baronia non ci sono più domestiche noi abbiamo quel che ci meritiamo come un peccato da scontare non sappiamo da dove veniamo senza un'ospite da accogliere il contagio ci fa cagare i ragazzini si baciano come i forzati della tv dove non si distingue il grasso dal magro la moda è più preziosa del Vangelo nei condomini non si salutano e si sputano dai balconi le vedove hanno gli occhiali scuri come le dive nei villaggi della repubblica uno schifo ripete la cognata sono proprio uno schifo sto male e il bisogno di guarire la spinge a voler la salute scopo dello stare al mondo fine del corpo che tende a star bene fuori dalla schifezza che gli è propria diiamine loo schiifo vaa debeellato prendo le medicine unico mezzo per guarire e mi conducono a pregare chi è fuori di me e comanda come il proprietario del mondo uno che non conosco sto con altri e cerco il loro aiuto e finirò per peggiorare dio che schifo il bisogno chi non ha bisogni sono i morti che hanno già sbrigato le faccende quotidiane
37.
Cogliete i frutti che cadono a terra, son di tutti. O vi aspettate di trovare cesti di fichi alla porta? Un'agnello, magari, e una poesia d'amore.
Viene il giorno e passa la notte, così la tramontana di Orune, che permane a Orione luminoso, commercia freddo con le punte della Baronia, spazza le nubi d'Isalle, oltre il valico di Marreri che imprigiona nel tepore i vignaioli che fanno il vino per l'uomo d'Irillai (in certe luoghi fan vino anche dalle stoppie) con la coscienza a posto come la borsa di don Tadeu – kene grassia 'è Deu - postino di padre in figlio (Dio fece Gesù come lui che non ebbe bisogno d'un padre) finche il genere umano guiderà in un giorno d'incanto, la frenetica corsa della regione sarda a indignarsi della miseria atavica (che piace a quei pochi che vogliono tornare alle origini, le cui bellezze stanno nei libri) come si indigna l'artista del manufatto scadente: paesani, lavorare è creare, e non crea il somaro che tutt'alpiù porta gli elaborati in groppa oltre i cancelli nuvolosi del mite Gennargentu, per mostrare al mondo quanto di elevato fa l'artista figlio della mamma, distinta dal suo prodotto, soddisfatto di fare nel modo migliore, perchè nulla è più bello di fare cose belle, che danno onore e frutta matura. Per la Sardegna, dunque. Soddisfatto senz'onere a carico, si dice, come l'albero che dà il fico a Ohiai, sia quanto meglio sappia fare,
38.
Nato per tirare il latte dalle poppe e svellere l'erba maligna, finii per fare il rattoppino inviso persino al mio babbino. Fossi nato a Genova avrei fatto il marinaio come Silver. A Seuna il cuoco (cook).
Coscienza è consapevolezza, o balsamo che lenisce la polio. Mi dico: a ogni libro il suo segnale. Consapevole del tuo stato? Non andare in giro come un vagabondo con falsa dimora, con una gamba che non vale una moneta di don Zancheta. Stai a casa senza bussola, la coscienza ti terrà compagnia. Fermo al kontone di Merzioro. Davanti all'inferriata. Non cadrai dalle nuvole d'Irillai che si assiepano sull'ospedale dei clisteri. Ringhiano in camice sulla soglia come acidi gelatai a caccia di mosche. Dissero che mancavo di vitamine. Sapete che sto ai fornelli della bottega del vino? Gli stolti e le stolide. Oddio se ne sentono di curiose tra gli accaldati, nelle anse del Cedrino in piena a coglier cicoria. Dio li abbia cari nell'ora del giudizio, dopo la sesta giornata, sotto il cielo plumbeo, colte le stolide a masticar gomma, gli stolti con pagliuzza sul labbro a sputar fili di tabacco fuoribordo. Come nella Villa dei Clisteri.
a, Devo a una sciatica maligna l'aver aperto gli occhi a sessant'anni.
b, Beato chi vede e cammina senza deprimersi.
c, Si, la ricchezza della scrittura è l'ambiguità.
39.
La natura non dura un'istante più dell'uomo che morto rompe il contratto, non dice più niente a nessuno, ed è la fine del cemento e dell'asfalto, dello sciare e della tintarella, dei pianeti che svincolano dal sole che a sua volta s'allontana dalla via lattea che si distanzia sempre più dalle altre costellazioni che cercano altri universi sempre più lontani e irraggiungibili come tremende fughe di incostante amore verso altri sibillini aggregati di materia schiumosa e vertiginosa come sapone di marsiglia che dura finchè perdura il tempo della memoria sovrana dell'ancella parola che gli lava i panni e poi li asciuga
(con nastri di seta, Zenia, copriva il suo gioiello, riservato al caldo nerbo di Zomaria che dà inestimabile piacere all'unione dei corpi in fuga dal deserto).
40.
Ho forse dei meriti se duro a lungo?
Dio senza camicia, ama il suo mondo e ne impedisce la rovina. Così ha in cura musei e trattorie, antichi mosaici e insegne luminose, vecchi affreschi e vecchi pullman. Consiglia quale cartolina spedire e occhiali da sole per tutti, nei negozi dove si paga un'occhio. Un pasto che nemmeno t'abbuffa costa più del salario mensile d'un capofamiglianumerosa. Negli alberghi di lusso spendi per guardare il portiere che ti invita a sputar lontano, dove si intriga da insensati. Tua moglie ti guarda sul muso e sorride spartana. Oddio, non c'è baracca dove non si litighi. Se c'è colpa di chi è se è difficile vivere? Che c'è di bello che pria non sia in me? Dio ha in cura anche le bellezze nascoste. È meno bello il paese d'Irillai che ha tutto in chiaro? Ogni casa è un albergo dove stai a pigione. Vattene in giro, per l'interno, ai kontoni delle piazzette i vecchi invecchiano come nella bella Italia col sole di maggio e a bordo del severo nuraghe ti chiederai urlando, perchè mancano i nuraghi in Baronia? Perchè abbondano in Ogliastra? Bella Irillai per chi ha occhi da vedere e umore ottimo il giorno del suo compleanno; c'è chi soffoca d'angoscia come se fosse nella Gerusalemme divisa e chi respira per un caffè al bar davanti alle bocche di Bonifacio Ottavo(i prescelti da Dio si danno un numero per nome), il pensare al papa ti esorta a scappare sul Gennargentu con i colori della primavera e prima che i calli occupino la fronte, belare felice come un capriolo che ha gli occhi per vedere e sorvegliare il mondo.
41.
Nulla esiste per l'eremita se davvero sta lontano dagli altri. Cosìchè Dio diede libertà ad Adamo cacciandolo dall'Eden: per stare con gli altri in un contesto più ampio, diciamo nuragico. Adamo da solo come un guardiano notturno senza linguaggio, dipendeva da Dio che gli impose il dispotico divieto; stando con gli altri fu reso indipendente. Visse sotto l'albero senza vicini per non danneggiarli. Con i primi che venne a contatto ebbe i primi screzi. Anche gli altri avevano precetti. Non prevedeva quello che stava avvenendo. Si mette male se colgo il frutto dall'albero: meglio raccoglierlo dal suolo, dove marcirà. Il frutto dell'albero è di Dio; quando cade a terra è del mondo. Nell'Eden non accadeva mai nulla, assente la forma; con Adamo fu condotto l'evento e gli fu concesso uno stile di condotta: la dignità, l'amore, la vergogna. Diotima: la nascita è la luce che svela l'ignoto sorprendente.
Gesù aggiungerà il perdono che ci sta sempre bene.
Altri la coesistenza dei mondi, oltre il peccato originale.
42.
Ciascuno dei presenti vale per ciò che dice e fa.
Che sia ardito o timido.
Il macellaio che lecca il coltello
fa scappar via le signore prima degli altri clienti.
La figlia che dà del cornuto al babbo
(o il figlio prestituta alla mamma)
mi offende più di quanto non abbia fatto la natura.
C'è del marcio in noi che sbadigliamo come animali domestici. Il sicofante (miserabile retribuito!) denuncia il povero che coglie i fichi. Li venderà secchi. La natura l'ha fatto rubicondo, la cultura l'ha fatto spia e nulla lo purificherà. Il primo di quelli che vorrei si potesse fare a meno.
43.
Decadono i vecchi del Kontone
nel mondo che resiste alle maree.
44.
Non mi piaciono le sette, ma potendo mi farei pitagorico: perchè amo il silenzio dove non c'è rumore e so le tabelline a memoria nuda e cruda. Ripeterò quel che ha detto lui sulla frutta e verdura. Amo la sua armonia quando scende in piazza. Rimane l'ostacolo delle fave e dell'agnello, ma sul teorema non metto lingua. Uno come lui tracciava il mondo.
45.
Bando al soggetto, dunque: egli è morto sotto l'albero unico per effetto della causa. Non credo che il mondo sia lo scopo di Dio. Non mi piace nemmeno che Dio sia lo scopo del mondo. I vecchi del Kontone parlano di caos, dicono: noi peschiamo nel caos. Noi stessi vi siamo stati pescati come frammenti di un mosaico d'occasione. Viva il caso, allora. Viva il frammento. L'unico ci preceda, se si vuole solo. E avanti, con comodo, senza pestare i piedi degli infermi. Senza spingere, là in fondo. Scopo del mondo è starci sopra con le mosche a cui rimettere i debiti e gli avanzi siano dei topi.
46.
Ad ogni modo chi ascolta stia attento a non essere gabbato da chi spiega. I saccenti si spargono per il mondo come la polvere che copre il mobilio nella magione di Emilio.
47.
Non so perchè il mondo giri; non so nemmeno se debba giustificare il suo movimento; son lieto se davvero ha uno scopo nascosto: non posso indagarci perchè temo di far la spia poiché so che non resisterei alla tortura dato che conosco i dentisti
48.
Mentre gli esperti potano l'albero, il cacico distrae la folla che è inutile avere molteplici opinioni quando una sola è sufficiente.
49.
Il maligno che è in noi pensa a questo e a quello ma sempre al tornaconto che vien dal peggio
50.
Il mondo è la dimora del linguaggio di chi vuole comunicare la sua novità. Ci sono per chi vuol far conto di me. Come fragole nel mercato all'aperto.
L'uomo senza linguaggio è una botte (piena?) senza spina
55.
Non dare quello che non gradisci ricevere
56.
Un mezzo catastrofico può solo rovinare il fine
57.
Quel che mi riguarda in gioventù (che una mano non si opponga all'altra)mi riguarderà nella vecchiaia: anche la gamba se avrà forza mi dovrà obbedienza.
58.
Gesù non è stato sacrificato perchè fuorilegge dei romani, ma perchè i paesani – col vecchio timore della novità - non volevano nuovi dei e uno li comprendeva tutti.
60.
Non dobbiamo dimenticare di essere come giarmini – dolci d'albume e miele - passati al forno: siamo come eravamo, prima teneri e poi friabili ma ognuno a modo suo come corna di capra
61.
Parla e scrive come tenendosi in serbo l'opposto di quel che ha scritto e detto.
62.
L'animo del cristiano battezzato o no, non è un pezzo di terra che si possa trivellare in cerca d'acqua, d'olio o vino e dia in superficie quel che gli pare. no. L'animo più semplice del più semplice cristiano ha la facoltà di non dire quel che va pensando, nemmeno a se stesso. Semprechè non sia sottoposto alla tortura dai dentisti del pubblico ospedale dei clisteri. Allora direbbe più di quel che la mamma e la moglie non han mai sentito dalla sua bocca.
64.
Il buon Dio è quel bene che le persone riescono a farsi di buono riconoscendosi per quel che sono.
65.
Devo aver fiducia in me per aver fiducia in qualcosa, per esempio nel mondo fuori di me, dove non posso esser cieco. Ho la giusta fiducia negli altri che altrettanto l'hanno in me.
66.
Costume e morale si tengono per mano e dove uno cede l'altro tira
Morale e costume stanno a mezza via
Pubblico e privato avvertono il distratto
67.
Se due persone, senza essere vignaioli o ortolani, si incontrano per la prima volta davanti al cinghiale Calidone, chi solidarizza contro chi?
68.
Il principio viene dal Verbo
fatto da Dio,
al suo seguito vien la grammatica.
Un assassinio, dalle nostre parti, è detto: è stato buttato fuori dal mondo. Bocau dae su mundhu. Cacciato via dal Giardino, come Adamo, l'intruso. L'assassino ha potere di vita e di morte, sulla vittima. Se ne infischia del rigore della pena, vorrebbe non essere giudicato, anche se si appella alla condanna. Ha liberato il mondo da una presenza a lui ostile e ha imposto la sua.
1'
L'unità d'azione è per i secondini che imbrigliano l'imbroglio e lo tengono distante dal pericolo di nuocere.
2'
Per quel che mi riguarda le idee stanno sopra i sensi. Trovano posto dallo scontro dei sensi, Porta a pensare da solo e a fare con gli altri. Idea è quanto si associa di quel che sento e vedo. Le piante sono sensibili alla luce e all'umido. Le pietre alla stabilità sul suolo. L'acqua è sensibile alla luna. Dall'intesa dei sensi comprendo di vivere. Sono sensibile ai sensi che mi appartengono: ciò che non è loro non è mio. Dai sensi ho le rappresentazioni che guidano e le chiamo ragione.
3'
Faccia ognuno i suoi conti.
Ho idea che l'artista abbia cura solo di quel che fa: non è mai stanco; non ha freddo né caldo; gli amici per lui non sono un buon mezzo per un buon fine repubblicano; non so se distingue il pane di grano da quello di patate (il primo solare, l'altro ctonio); non so se gli va di girare a vuoto attorno al campo per curare il suo corpo che ad ogni modo schianterà; non si cura di oziare poiché il suo lavoro non stanca; egli è pieno di se e quel che non attrae è un deserto
Tutto è possibile e non conta l'ordine che si da agli affari delle cose, ma che funzionino.
l'artigiano fabbrica cose utili,
l'artista con l'idea del nuovo fa cose belle e originali che prendono posto nella realtà anche senza utilizzo: può essere copiata da chi è capace a rifar le cose altrui
l'artista crea la novità, la nuova creatura rischia di non esser accettata
l'artista prende possesso del bello in natura
riproduce il naturalmente bello: l'idea di una fanciulla bella con i colori del melograno di fronte a una massa informe
l'artista produce l'esperienza che ha della natura
l'artista materializza lo spirito della natura: dà alla luce il nuovo
4
Le intenzioni – o virgole della timida volontà - sono i cugni della previsione. L'impalcatura mette a piombo le motivazioni. La responsabilità come garanzia e dell'impalcatura e del successivo edificio. Offro la mia persona per la buona riuscita della costruzione: è vostra se la casa crollerà. Copritemi con un tappeto. Acciò conto su di me per compiere quanto è più adatto. Lapidatemi se riscontrerete infrazioni volontarie alle regole del senso comune che guida le cose della terra su cui si costruisce dal tempo della guerra di Troia che ha dato il via alle storie del mondo sostenuto dai cugni perfetti nell'assunzione dell'onere.
9'
Gesù è sceso nel mondo per eliminare la cattiveria dalla natura umana, fondamentale alla salubrità del mondo. Eh, no, il mondo è innocente, non conosce colpe. La cattiveria non ha patria nè origine. La cattiveria gli fa un baffo di gatto, se non ti dispiace. Se il mondo non è malato, la cattiveria non è del mondo. Cattiveria nella natura umana e salubrità - neutrale - del mondo (che ha il posto adatto per chiunque).
10'
Giorno e notte se ne stanno sempre in circolo a capo un dell'altro, uno apre e l'altro chiude lo spettacolo e si contemplano a vicenda. Sempre scena e platea. Guardami negli occhi al chiar di luna. C'è il sorgere dell'eternità nei tuoi occhi.
11'
Le generazione di mezzo, è quella che prende le misure al presente e da ai posteri, le distanze dalla catastrofe.
Attenti ai tiranni che danno a cani e porci i corpi dei ribelli. Per non lasciar traccia, dicono, va bene l'ignoto.
13'
Un uomo ben messo nella figura, spara in piazza su un signore che dialogava amabilmente con una donna. Poi si accascia in una sedia del bar, tenendo la pistola sul petto come puntata alla gola. La vittima cade a terra, la signora si allontana, i passanti stanno muti a guardare. Arriva l'ambulanza e la polizia. Mentre i sanitari si dan fare con la vittima, la polizia circonda l'assassino che si alza e sparandosi alla gola, dice: l'ho fatto perchè non vale la pena vivere.
16'
Un Gesù Cristo nudo con le mani legate dietro la schiena, viene fuori da una gioielleria del corso, tra due guardie in tuta bianca. Un turista curioso lo fotografa mentre lo fanno salire in un furgone, dove due faccioni elettorali coprono le fiancate – votate Pietro e Maria - mentre nello sportello che si richiude dietro Gesù, si legge: un solo spirito e una sola fede è in loro. Si come il furgone si allontana nella via, un altro Gesù nudo esce dal negozio con in spalla una croce più grande di lui, incamminandosi nella direzione opposta, sul marciapiede tra l'indifferenza dei passanti. Più avanti camminerà sull'acqua con la croce e dirà alla Madonna con le donne: Tenete lontano da me il veleno. Non vivo per l'eternità, è vero, ma non devo morire in quel modo.
17'
Un marcantonio.
Nacqui a gennaio quando dorme l'uva e riposa il fico.
Nacqui per comandare sulla terra ed essere alla fine salvato.
Sono l'io del mondo. Sono presente al suo spettacolo
e Sono il suo giudizio.
L'Unico che và avanti col caffelatte.
M'importa sopra tutto che sia anche io presente.
Poi, alle poste, incontrerò qualcuno.
Sono la misura del creato. Tutto è stato fatto per me, che ora ci sono.
Con me, comunque sia, vado a spasso per il mondo.
E avverto nell'aria: quel che non mi serve è superfluo.
Donne, allontanate da me ciò che è nocivo.
23'
La cenere rammenta cumuli di legna da ardere, come vite bruciate che avrebbero voluto vivere almeno un secolo in più e poi ritentare la sorte ancora una volta, col fardello leggero della speranza: poiché nulla costa meno della speranza.
24'
Colui che non parla non chiede nulla. È come servo del suo silenzio. Non è detto che chi grida in punto di morte ottenga di più. Urla come il neonato alla luce, di sincera gioia. Parla finchè puoi, quindi, senza tema di sbagliare. Impara a comunicare dallo straniero appena giunto: egli sa già ascoltare.
27'
Sono nato per essere uno che non andrà mai più in fretta della sua ombra, ma restare indietro senza perderla di vista, si. Che nessuno abbia vantaggio sull'altro, mi va bene. Così non si commercerà in successi e batoste.
30'
L'uomo è pensato e ripensato da risultare così fatto che le sue passioni sovvertono le pietre e sconquassano i mari
33'
Alle libertà democratiche servono anche i preti spogli dei paramenti
L'amore è quel filo invisibile che attrae le persone verso quella cosa che unisce e si chiama vivere in comune con la pace degli apostoli forti del disinvolto Giuda che bacia e abbraccia
31'
La perfidia del cacico sta nel volere quel che vuole il bene comune nella forma nazionale. Egli nel suo bene(fa suo il bene che intendevano riporre in lui) incarna il bene di chi l'ha votato, scelto tra altri, quindi degli altri se non migliore, più fortunato.
37'
Un governo di onesti incorrotti non ha nulla da spartire. Dove cola il miele si intingono le dita. Chi cucina assaggia prima. La legge ha uguali davanti a se. Un portafogli gonfio fa diverso il possessore. Chi ha e non spende è come se non avesse. Chi nel male non soffre, aspetta il peggio. Il malepeggio, appunto. Non si parla di lui, ma lo si teme.
32'
Aver troppa ragione può picchiare in testa.
Alla fine del nulla iniziale l'universo sarà saturo di polvere opaca e senza energia, coprirà la superficie della luna e i miei beni incustoditi al sole. Chi li spolvererà? I bigotti che non mancano di sollevare la polvere che si posa in chiesa.
36
Il cacico trova giusto che ognuno cammini con le proprie gambe e pensi con la propria testa, specie se conforme alla sua
A ogni corpo la sua testa, alla Nazione la sua battagliera volontà.
Egli deve essere temuto anche quand'è lontano, perciò ama le statue equestri fasciate con i colori nazionali che al centro hanno un caprone, come karabinieri a cavallo di guardia in piazza. Quando non c'è il babbo i figli saltano sul letto sgombro, come soldati fuori dalla trincea.
38'
I sensi raccolgono le impressioni dall'esterno, il pensiero ne da un giudizio dal di dentro e così si va avanti con tante flessioni al giorno - da combattente - a modo che la natura di ciascuno scopra quel che, nascosto, lo riguarda da vicino.
39'
Uno è far quel che si vuole; altro è farlo al riparo da un disturbo, per esempio: ogni cittadino libero desidera che nessuno in strada, gli rubi la borsa della spesa, con lo zucchero per il caffè.
41'
La donna bella e l'uomo di chiesa con il favore di Dio, non ama bastonare il suo simile che vorrebbero rendere mansueto come un'idolo accanto al focolare che non parla mai male di chi non è presente e i fuorilegge non li nomina proprio come se non esistessero e del cattivo d'animo dice: quello là che non ha nome. Non ditemi come si chiama.
Donn'Elene e don Zancheta sanno che chi usa la violenza tante ne dà quante ne prende.
42'
La punizione inflitta al malfattore serve a proteggerlo da se stesso, ama farsi male, gli piace come se fosse una medicina alla moda, mi picchio, dice, per rimaner libero di far quel che mi pare
43'
Chi ha più del necessario ha l'orgoglio di non far proprio nulla. Nemmeno covar l'ovo della gallina più bianca.
Chi lavora senza fatica come l'artista, lo fa per vedere fin dove arriva il suo primato.
44'
Amon. Oman. Onam. Anom. Mona. Mano. Namo. Noma. Antico nome di Dio.
46'
A che serve scrivere se non a tener di conto?
Per primo venne Omero inventore del nostro mondo che ai figli diede l'arte della parola e la diffusero nella terra sull'onda del mare e la colse Erodoto la dove oriente e occidente s'incontrano a ogni ora del giorno e l'occidentale Achille ha la meglio sull'orientale Ettore difensore della vecchia e invadente famiglia persiana: tutto il resto è il fumo che viene appresso al vento. Aria regazzi, aria. Lo scritto canta. C'è chi vende aria. Belle le lingue antiche, basta che si comprendano. Tutto comincia da lui e si capisce. Appunto, perchè la pronuncia è superba. Omero, il padre della parola detta, della cosa scritta e raccolta dalla memoria dove l'acqua dolce si mischia alla salina, balsamo del mondo, condimento dell'intelligenza, conservazione del creato: il mondo sarebbe stato altra cosa senza il sale marino o il mare salato. Perciò al pane e al cacio, alla carne e alla pasta s'addice il sale
48'
Dai fiori, miei signori, le api colsero il nettare del miele, cari miei, dallo stato genuino della natura, dai fiori, cari signori, dal genuino stato della natura: dai miei fiori.
49'
Al neonato non si può negare il grido della sua voglia di comandare. Reclama il suo diritto, il diritto al suo posto al sole. Non gli si può dire: ritorna dov'eri. Qui non c'è posto per te.
50.
s'ortikeddhu
1-
Che leggero sia il carico non fa meno ripida la salita da M. all'altopiano che conduce il pellegrino al santuario e ogni passo ne spinge un'altro, non manca di coraggio, non spera in una sola grazia, ma ha fiducia che san francesco gli dilati il cuore e lo riempia della antica bontà dei senza patria, quelli che partivano da Irillai a vender vento sui monti, così inclini ad amare i propri simili che ritornavano sul mar Tirreno, come dall'esilio. La prima volta sul vascello di Fraluisi che collega l'isola al resto del mondo.
1- a,
Da Terranova malfamata a Civitavecchia rinomata. Cozze a Terravecchia, zuppa di pesce a Villanova.
2- a,
Con il vino del Cedrino
fa pazzie ogni bambino
lo sgambetto fa alla mamma
che credeva immacolata.
3- a,
Dalle ville al mare rubano il mobilio. Il lungo inverno vuota i cessi del lido. Pericolo sequestri. Passeggiare sotto scorta. La paga del sicario: usci di galera, fece la guardia del corpo e uccise di nuovo come nei film. Case chiuse con catenacci in riva al mare dove è bello di notte andare a cagare nel patio e di giorno soffiare launeddhas. Nelle stanze foto dei divi del presidente. Sparano a vista anche padre Pio.
2-
L'uomo è in se mezzo e fine di se stesso. Perciò gli asmatici d'Irillai temono gli attacchi d'asma. Ciabattini, barbieri e rattoppini. Velluti e gambali, fustagni e profumi. Scalpellini, carpentieri e muratori in canottiera. Cambiano le case vicine alle fornaci di Agnese a car'è calcina, nel Kontone Ballaloi. Coperativa Mattino sul Cedrino. Cacciano la polvere dal mobilio. Laterizi edili a sant'Ussula. Dove fa casa il vetraio Rovineti. Il falegname Ascia e Pialla. C'era il lavoro a Irillai. E pochi salivano sul vascello di Fraluisi e tutti temevano la libera massa d'acqua, improbabile da contenere come un'uovo di gallina.
Gli spensierati diavoli venuti via dall'inferno con la coscienza bruciata, per fare i canterini nei vicoli d'Irillai, sovrastati dal molino Galisai e del pastificio Guiso, raccattando gli avanzi del giorno prima. Lavano il grano duro sul terrazzo e stendono al sole gli spaghetti. Ghenese coglie i pomodori maturi e Ghirtalu grata il formaggio. Chiamate i vecchi del Kontone e i bambini: oggi è ora di pranzo, domani chissà.
3-
Dare un senso alle cose. Il mestiere del mio babbo. La mia mamma vendeva l'uva al mercato già da luglio. Durante la guerra. Perciò sono nato io che bisognavo di una casa nuova. La mia mamma aveva già dato il suo corpo per l'avvenire dei suoi figli. Chi avrebbe fatto altrettanto? Solo Iddio è capace di eguagliarla. Senza doping. Perciò, grati, la piangemmo. Ogni lacrima un giorno di vita. Voglio bene alla mamma quanto a me stesso. Senza di lei sarei lo zero assoluto. Il figlio che trascura la madre è un fungo vuoto, un pisinache fallito, una corteccia del padre
4-
a. Molti sono i meriti delle madri quando si sciolgono i matrimoni dei figli resi insopportabili dai contraenti che si nutrono dello stesso sangue e si rinfacciano i foruncoli sulla faccia.
b. Perchè ogni battezzato ha a che fare con la sua singolarità: la prima persona con cui viene a contatto e si presenta sempre disarmato.
c.Pesca dall'antichità (dal passato) quel che può andar bene per il presente. Architettura d'Irillai coi confort moderni. Scambio di cibi tra vicini. Principio comunicativo. Senza che la destra sappia quel che fa la sinistra.
Passato e presente: natura e cultura. La cultura artificio della natura e consente a chiunque di narrare le sue vicende. Persone libere nello spazio comune.
Ora (parlano di tutto [ciò ch'è vuoto]) i saccenti sanno tutto e parlano di niente. Quanto è vacuo. La luce del sole impedisce di vederlo?
5-
I cittadini di Tiscali sono morti senza farci sapere quanto erano sanguinari. Avranno avuto leader pazzi e megalomani? Politicanti avidi di potere? Sacerdoti per i meschini? Chi dava un senso alle cose? Copernico, presbitero del sole al centro del mondo: Dio re dell'universo, la luna sua regina, cielo il paradiso, inferno il fuoco eterno, l'uomo un nullatenente indebitato fino al midollo. Chi garantirà il suo avvenire?
6-
Ai liberi può capitare una bastonata tra capo e collo, come ai sedentari può marcire il cuore. Essi cercano tra i propri simili quelli a loro affini.
7-
Le coppie ben assortite si picchiano di notte e si amano, di giorno votano e accompagnano i figli a scuola e la sera si sentono così appagati tanto da infischiarsene dei prati in fiore e del ruscello che canta come un fringuello che è di casa sul mandorlo fiorito
8-
S'addormentano per esser parte della notte e si svegliano per comprendere il giorno che avanza come uno della Brigata Sassari fuor della trincea che vuole riconciliarsi col nemico
9-
Siamo in molti a parlare per sentire la nostra voce. E purgare il cuore dalle emozioni. Una bugia. Rifarei il passato se potessi.
Fate che il destino sia imparziale.
Gli anziani del Kontone Ballaloi (sempre giovani come lo sportivo Tarzan che si aggrappa alle rocce come se fossero pertiche di palestra) raccontano quel che hanno sentito. Quel che han fatto loro e quel che han fatto gli altri. Essi hanno il necessario ma, come tutti, mancano di qualcosa. I calvi pesisti d'Irillai mangiano carn e zucchero perchè, appunto, mancano di capelli.
10-
Dove i fatti sono evidenti sonnecchiano le parole. Fate che sia comprensibile il destino. Essi dicono: si, così stanno le cose, e non altrimenti. Anche Gesù si rassegno sulla croce. Una volta raccontata anche la sofferenza (conflitto con che cosa?) è sopportabile.
11-
A Irillai ciascuno fa patti con quel che appare alla luce del Kontone Ballaloi. Per non essere ingannato. Giudica con giudizio. Nella realtà autonoma voglio (posso e devo?) essere imparziale. Come giudicare la brutalità del caso Bullana? Si è servito della sua giustizia. Che lui si senta appagato dall'aver ucciso? Può riconciliarsi con la madre per aver ucciso la sorella?
12-
C'è un momento nella vita di ciascuno in cui si da a più non posso tutto quel che si ha, il molto di più è dei santi che han già dato prima del tempo gran parte di quel che avevano avuto in dono e in ogni caso avrebbero dovuto restituire al donatore il giorno fissato dai padri fondatori. Tutto ciò per partecipare al meccanismo dell'armonia.
13-
Si va avanti comunque e con ottimismo, per giungere disperati dove tutto prima o poi si rovina come la doppia faccia della medaglia.
14-
Tutto ha inizio quando il cuoricino comincia a battere con quella scossa elettrica che viene e va lontano per iniziativa di quelli che prima di morire avviano la novità.
Noi siamo sulla terra come le lattughe che vedono le stelle come lucciole. Kikina Titasica, chiocciolina della foglia larga, che va matta per il parassita del cardo e della ferula, ha scoperto il fungo porcino nel suolo dei castagni desolati
15-
Alla data (nato o partito)si aggiunge il ricodo (ci lavorò), va avanti con fatica ben conscio di pensare (fino al prodigio di Tiscali) alla capra bianca della foresta di Farcana cavalcata dalle janas di Mariapica innocenti come le Manzele e incoscienti come le Mallene quando sono in caravana (carovana wagneriana di launeddhas per la finale eudaimonia), piccole come vipere(che avvisano gli imprudenti dell'avventura) che strabuzzano gli occhi alla vista del micio (è la paura del noto che fa saltare il cuore dal petto in gola e affacciarsi in bocca come sorriso ospitale
I vortici di Lucula (le anguille niente male) tolgono la sabbia sotto i piedi e trascinano i bagnati nel gorgo fino al mare d'Orosei dove trovano rifugio i lanciatori di pietre piatte e levigate (gli insoddisfatti della giovinezza se ne vanno ogni anno al mare e l'acqua la bevono dove ce n'è poca. Avranno da patire dai reni, senza peraltro escludere reumi e artrosi).
I neonati piangono per i graffi ricevuti nel tumulto del parto. Non sa piangere, disse la levatrice, e lo pizzicò dove fa male. Impara a sopportare la sofferenza. Diventerà un navigante e darà bracciate per forza vigorose nei crocicchi delle correnti. Augurio dell'energico padre al figlio. Il tumulto sarà la ragione della vita per la bellezza di una caterva di secoli. Caschi pure il mondo nel vortice planetario. Oddio, rivedrò le mie stremate donne. Esse mi han fatto come ora sono. A loro devo una dozzina delle mie ore migliori.
16-
Ogni giorno comincia di nuovo, col lavarsi la faccia, così come dopo ogni funerale la vita continua soffiandosi il naso. Paesani, ci siamo anche noi, è l'eterno andirivieni del destino così naturale per noi d'Irillai, più che per i vanitosi nullafacenti del corso che trovano tutto bello il gran mondo. Siamo presenti senza i calzoni bianchi dello sposo. La sofferenza del corpo ne marca la bellezza. A Irillai, paese di sopranomi, tutti sono esposti al lutto.
17-
Lo zoccolo del cavallo batte a terra quanto il tacco del primo ballerino d'Ohiai sul palco in piazza a Onifai, la notte del Redentore, quando il paesano ricco per esser buono deve essere necessariamente prodigo di beni e sorrisi.
18-
Menzogna, antica bugia! Non dalla sola schiuma di Cipro nacque Venere, ma da quella di Gonone nacque il mio amore per Lansa-quapi.
19-
Con la bellezza dei vecchi eroi, Zomaria s'insinuava nelle zuffe sotto le frasche bagnate dal vino di Zigottu lo scorbutico suo doppio, che non disdegnava d'impinguare di qualche cifra il libretto dei clienti affezionati. Il destino nell'aria d'Irillai, rendeva irresistibile la zuffa. Zomaria era minuto, così minuto che lo chiamavano il cugno del Cuzone. Come un sovrano nel suo regno il cugno spacca il legno. Da ogni rissa prendeva quel che gli spettava, se non altro per la presenza. Dio, diceva la madre e il cognato, ce l'han tutti con te. Zomarì, tieni al riparo la lingua. C'è del male in giro e tu sei fragile. Imbratti di muco e sangue il mio trench inglese, rincarava il cognato. Stai zitto tu, pelle delicata esposta ai lividi. Sorriso tumefatto come una leccornia. Bello il pesto pubblico. Sei minuto e debole quanto il Dio degli abissi è grande, virile e combattente. Dio è l'Unico Onnipotente che guardi tutti dall'alto in basso e se ne infischia delle passioni umane. Lui, Zomaria, s'infilava, (di sua iniziativa)riottoso, tra i grandi e cercava di costrastare la felicità di colui che mena dall'alto e la tragedia di chi le prende nel basso, nel combattimento fuor di conceria. Spazio ideale per le baruffe della domenica pomeriggio. Prenderle è un'abitudine vecchia come il Monte. (ogni scontroso vecchio senza terra del Kontone Ballaloi, ha tutta per se una pietra del Monte Intrattabile) Ne prendeva tante smisurate come il cosmo. Con uno scacco e uno smacco riempiva il sacco. Zomaria è così buono che beve prima di prenderle. Risorse del paese: azzuffarsi per Macoteddha, l'ultima delle gentili e cortesi figlie di donn'Elene Kulicretia, bella come tutte quelle nate nei pomeriggi di domenica a Irillai all'ora della zuffa (sarebbero state altrettanto belle se nate a seuna una qualunque domenica mattina di primavera?).
20-
Prendo sonno col mormorio della gente, col russar del vento e lo scoreggiar della pioggia che si intrecciano in autonomia, vado incontro ai sogni belli che accompagnano il dormir quieto, verso la realtà di domani. Qualunque essa sia dirà la verità.
21-
Mimiu Minuiu, nato da e per una promessa fatta da anonimo agli antichi padri del ciclo dei nuraghi passivi ( - l'oscuro privato e il pubblico in chiaro si prendono per mano e non si sa chi guidi l'altro -)
vivere significa accumulare esperienze
22-
Se ne sta al buio col suo io, Lamanza Zio che del sogno fa la sua realtà, ma a mezzodì coglie i gigli nel campo.
Difficile abbandonare il sogno piacevole e confortante. Che sia lui l'autore dell'inganno?
Per la volontà degli antenati il loro spirito si fa a poco a poco carne.
23-
L'affabilità è il tratto caratterististico dei coetanei d'Irillai, così inclini a scambiarsi i doni, con quella grazia propria dei paesani di don Tadeu con la grazia scaduta
Son così pieni di grazia i paesani di don Tadeu Phera, per'altro libero con giudizio e non con arbitrio. Il sospetto alligna nell'animo bigotto di orba fede se non turpe.
24-
Criticami, disse il padre al figlio, e se puoi superami.
Quale maestro migliore del padre?
La sua vita fu tranquilla e si distinse per la calma necessaria
Oh, si, la voce aveva un tono in più, come uno scalmanato. Fu cacciatore un tempo. Certo gli dispiaceva essere rimproverato senza aver mancato. Ma in compenso camminava lentamente sorreggendosi con un bastone. Avrebbe continuato a vivere con decoro fino a chè il necessario non avrebbe superato il superfluo.
Quel che è bello per cominciare è anche il più adatto a finire.
Per ogni cialtrone mio simile ogni distanza è smisurata come il cosmo.
25-
Al passo con la natura feconda: la morte decorosa appartiene alla vita. È l'ultimo dei suoi frutti, ovvero l'estrema ricompensa.
L'ingiustizia nel mondo nasce col fatto che chi sporca i panni quasi mai li lava. Poi è ossequiato.
26-
I sofferenti d'Irillai si lamentano a più non posso di se stessi.
Ogni pia vergine e degna fanciulla d'Irillai sogna d'andar sposa del signore migliore.
Così Zomaria s'innamorò di Zenia unicamente perchè attratto dalla sua persona: indipendentemente da casa, amicizie di quartiere e citta.
27-
Gli inclini alle fandonie sentono la malia della menzogna.
Si dimenticano di quel che sono.
Stalin fece di tutto per far dimenticare Troskji.
Al contrario di Omero che non dimenticava i perdenti. Così Erodoto con greci e persiani.
I vecchi padri d'Irillai riconoscono nel fischio del treno la figura del figlio prediletto che ritorna dalla galera. Quanto tempo sradicato. Solo in cella. Qualsiasi cosa avrà fatto, c'era di mezzo il valore di se. Qualcosa di emozianante, certo. Sentir di nuovo parlare in dialetto in casa e nelle vie d'Irillai.
28-
Chi, della coppia, può dire: ti ho voluto bene per primo? La risposta del secondo sarebbe l'inevitabile: oh, ma il voler bene è sempre stato eccessivo.
Anche il più loquace del quartiere può rinunciare a dir la sua verità.
La verità non è al servizio di nessun comando.
29-
Si compiaceva al veder la gioventù venire avanti, il signor Giocomo Paletot, maestro di cucito, che comprò una vigna vecchia dalle parti di Marreri,
L'uomo d'Irillai lavora e mangia, quello di Seuna consuma e produce, ma per vivere popolano ambedue – come i buoni a nulla che parlano di poesia (e in piazza che si vengono a sapere le cose) - le decorose piazze del corso e parlano delle case che hanno nella dolce e tiepida Baronia
30- sono gli acini del grappolo.
Occhi aperti a quanti se la prendono col mondo e mescolano sinceri e bugiardi (del fatto che accade si chiede subito l'origine, che poi sta li davanti, che è curioso retrodatare per darne un comodo significato) che sfilano nelle corti dei tribunali del destino in divenire
31- sono i venti d'Ohiai.
La realtà è quel che è difficile confondere nel presente - con altre cose che mancano al presente
32- sono i denti miei.
Sei il cuore frenetico del mio tesoro, disse lei a Gesù. Il vino è finito e la sete esaurita.
Là, lungo la strada che porta al traffico di Marreri. Rispose lui. Tra vigneti e oliveti, ho amato le mie donne.
Nessuno ha mai rigettato il mio vino, aggiunse lei.
Nella botte galleggiano i sogni compiuti dagli dei di passaggio a Marreri. Disse lui.
Al mio vino affidano i messaggi d'amore i buontemponi sazi di miele. Al dir di lei.
Vado dove la vespa nasconde il pungiglione, risponde lui. Un mio cugino, tempo fa, se ne stava nell'Eden.
Ora riposa in pace, fa lei, come se l'intera vita sia stata un tormento.
Anche la fenice morsa dalla morte agita l'ala, fa lui.
Quelli della pianura si vantano dell'identità raccolta tra le scorie venute giù dalla montagna. Azzarda lei.
L'inizio dell'esperimento venne dopo la calma turbolenta nell'Eden. Disse colui che ebbe paura di morire.
La fine verrà dopo una tempesta tranquilla nella valle degli ulivi e delle vigne. Detto da colei che non lesina i doni.
Chi può competere col sollievo che dà l'amore? Disse la madre al suo celeste figliolo.
Bello il sollievo dopo la sofferenza.
Bella la gioia della mamma al gioco spensierato dei figli.
Bella l'estasi della madonna mentre il gesù spira sulla croce.
33- come gli anni di G.
Vecchi e ciechi, stolti e orbi, sordi che fraintendono, parlano d'utopia e diffidano anche dell'assoluto (la spontaneità è la natura del cosmo che non ha un fine) che ha da venire e per ora si trova a casa sua tra mari e monti a gustarsi la sua pace e a elencare le forme dell'invidia, stabile ovunque sia il merito: il merito suscita l'invidia più dei beni, (temo frugare nel mio animo, specchio di chi è mio simile),
34-
A Irillai nessuno nasce di sua iniziativa, anche se poi diventa consapevole di quel che deve fare, con l'aver preso posto nel mondo, e battersi per quel che meritava di esser salvato del modo di vita del Cuzone – il trascorso che vale la pena di salvare (la vita comune : il contare sugli altri) -
35-
Don Zomaria Zancheta, di professione modesto, ricorda ai vivi la necessità di perdonare per poter andare avanti, ben sapendo di dover qualcosa a qualcuno che ha dato o ha promesso.
Don Zancheta assolve tutti i morti che riposano in cimitero, senza preoccuparsi di purificare la realtà umana per cui vale la pena vivere in grazia di Dio.
Vien da Dio la buona volontà per sopravvivere.
36-
Di tutto quel che è, senza rivelare l'ignoto.
Di meno di quel che sai.
Ogni possibile esperienza entra nel mondo delle esperienze possibili.
Sovente vien da dire: immagino che sia così, cerco la giusta immagine delle cose, occupo il posto a distanza dove non sfuggono le immagini, vedo contemporaneo(presente) ciò che è lontano
Nessuna stella al mondo è così fissa da inchiodare le altre.
37-
senza critica del mondo il mondo sarebbe intollerabilmente opaco: la critica dà colore al mio mondo, il mondo è l'agone della mia critica, certo sospendo il giudizio, non il pensarci (penso a Katy e a come possa esser com'è)
38-
A ogni animo il suo baccello, dove vortica l'universo, per dar vita a Irillai, a quel seme che non muore mai. Ogni seme è il frutto di domani.
Ciò che sfugge a Dio e al senno delle persone è preda della marmaglia che avvelena le fonti d'Ohiai.
Aspettarsi di tutto – anche dagli amici - significa non lasciare varchi aperti e rinserrarsi come in un'isola prigione
39-
Nacque vecchio e ringiovanì col tempo. Così ad ogni appuntamento arrivava con un'attimo d'anticipo come si conviene agli insonni e ai puntuali canali tv.
L'inaspettato non viene dai nemici, ma da coloro che chiudono con te il cerchio degli affari convenienti.
Si, l'anello che salta della catena è quello ammaliato dalle sirene che luciccano come oro in prigione
40-
Dio mi guardi se vado furioso fuori squadra, quando mi alzo dal letto con i capelli a resta di spiga che fanno ridere i vicini avvezzi alle pomate dei ciarlatani, che ovunque posino o sguardo riconoscono il passato.
41-
Gli scampati alla croce sono avvezzi alla sofferenza. Dammi il possibile, disse il povero Cristo in pena, ti pagherò alla morte del babbo (a babbo morto: Dio con premura, rimette i debiti degli insolventi).
Nel corteo della morte non manca il mercante del balsamo che lenisce il dolore.
Nessuno risparmi sul dolore dei deboli.
Nel mio regno entreranno i vicini premurosi, semprechè le mie donne vogliano farne conoscenza.
Esse occupano tutte le stanze del mio regno, vivono alla larga senza sigilli e per restringersi non è sufficiente che io scusi gli altri, ma è necessario che concedano il loro perdono a vista, senza richiesta di questo o di quello.
Le mie donne son quelle che mi han fatto e ora curano i miei sogni.
A mio giudizio esse sono morte senza aver fatto nulla di male, tra su Cuzone e sa Marialodè.
Esse hanno riempito il mio vuoto. Il vuoto attorno a me. Che aspetto ogni notte che il mare si sgonfi.
42-
Al vedere e toccare la statua di frà Ignazio gli pareva di leggere lontano nel futuro: fu così che diede gli indizi agli amici per raggiungere nel vasto Supramonte (sotto il cielo ancor più ampio da orizzonte a orizzonte, con tante stelle difficili da contare come le pecore) l'antico villaggio di Tiscali dove gli arcaici paesani(bisogna esser cauti nell'assegnar loro quest'arte più che quel mestiere: insomma non si sa che facevano) erano così efferati che scannavano vivi agnelli e capretti e perfino maialetti da latte. Lo chiamavano Pipiu Divino e raccoglieva dalla sentina della nicchia gli umori liquidi di fra Ignazio. Folleggiava un po' con le mani infilate in tasca a cincischiare col timido gingillo, quando parlava in pubblico, dopo aver gridato più di una verità a Rizzeddhu con la lingua della cornacchia e a Villa Clara col becco del corvo. Guardando e toccando il santo con la mano poteva tracciare all'istante, la vita di qualunque curioso d'Irillai che abbia bevuto a turno, alla fonte del bosco di Soloti, dove si dissetano, cantano e volano, gli uccelli del Monte della Ricreazione dei Fanciulli della vecchia Colonia, dove Zenia – sorella di Pipiu - conobbe Zomaria che bracconava spavaldo come un capitano dei barazelos il giorno del soldo guadagnato a pieno titolo e merito indiscusso, Zenia che cucinava nella colonia e in ogni sogno stormivano le fronde delle quercie di Farcana che lei passava come auspicio a Zomaria il temerario (egli sa che il sogno della vergine oltrechè veritiero è di buon augurio) che dal fegato del cinghiale preso al laccio, pronostica il domani
Facondo come gli oracoli di Ohiai - - a cui si votano le vecchie pie: il fine di Dio è la provvidenza con cui circonda la nostra esistenza, l'aspetto occasionale della luna e la distanza tra lampo e tuono
il contadino scopre la terra ad ogni nuova bacca di lentisco
quando gracida la rana arriva il bel tempo
43-
Vocazione nascosta dell'uomo d'Irillai è apparire nel tribunale del firmamento: egli incarna quel che ha fatto in corte d'assise.
Conosco il destino che ha scelto me per rivelarsi.
La bellezza della natura sta nel suo silenzio assenso: lascia fare l'artista che si propone di migliorarla.
é parte rilevante della natura quel che le persone vanno sovrumanamente costruendo.
Sono artifici naturali quelli che modificano la natura, nel tentativo di svelarne i misteri
In ogni neonato si rivela il destino
ovvero: in ciascun neonato si palesa Dio
ancora: ogni neonato è necessario al mondo
ogni neonato è un'agente in missione permanente nel creato
La natura si offre per essere magnificata, modificata verso il lieto fine.
L'opera dell'uomo è naturale poiché si svolge nell'ambito della natura.
Nessuno è più tranquillo di chi è lasciato in pace, fuori dal consesso del mondo, dove vivono i felici in attesa della fine.
44-
Non devo dimenticare che l'uomo d'Irillai è roso dall'invidia. É abituato a fare i suoi calcoli lontano dal freddo e dalla fame. Al sicuro e che nessuno si azzardi a toccarlo.
Cosa fare quando il più forte ha la ragione per le mani?
Il fuorilegge ha diritto alla giusta punizione: l'esilio, la colonia di Mamone o l'ombra fredda che accoglie i suicidi di Borbore.
avrà la colpa sulla coscienza e la punizione lo farà responsabile di quel che ha fatto
Chi nasconde le proprie azioni ha da render conto a se stesso.
Non punitemi per quel che ho faatto poiché Iddio l'ha permesso, per il bene della famiglia e della patria.
45-
Le belle abitudini degli onesti, riempiono il mondo.
Un bel gesto in onore del potere convinto che lo ricompenserà.
Qualcosa si deve sacrificare a Lucifero.
Un bel bacio.
Mettiamo nel comico la greve solennità delle apparizioni pubbliche del papa e della regina d'Inghilterra. Il papa di roma e la regina d'inghilterra
gli ultimi col sedere sul trono.
Per labbra rispettabili, baciar l'anello è poco serio, perchè le mani non sono quelle della lavandaia di famiglia che dice: non voglio tutto ciò. Non ho nessun merito.
Non è da oggi che nel mondo c'è la perversione e l'avventura.
Dice la madre del ruffiano: non ho nessuna colpa. Quand'era piccolo non ebbi il minimo sentore che potesse diventare cattivo. L'avessi avuto l'avrei ucciso in pubblico.
Molti fanatici vanno in giro a baciare anelli al dito, tra loro molti padri di famiglia che devono sistemare i figli ad ogni costo.
46-
Mi sveglio di notte per chiedermi: ei, tu, citoyen du monde, faresti mai il garzone del boia?
Ho giurato alla levatrice che non avrei fatto male al mondo.
Certo lei doveva certificare la mia nascita.
Ho smarrito la mia volontà: ora devo procurarmene una nuova e buona.
47-
Temo quella parte di umanità che si arroga goffamente (con vesti vistose)di rappresentare la volontà del Dio che, a sentirli dire, sta dalla loro parte.
Essi a modo loro, sono spiritosi come lo spirito del tempo e non amano il brodo d'oro della pecora e del manzo a cui aggiungere una manciata di briciole di pane carasau e un mestolo di formaggio grattuggiato che dà un'inestimabile valore alla zuppa del lunedì, quella che se ne infischia delle stagioni, del mare salato e degli amori dei re di Svizzera.
48-
Amici, aspettiamo insieme al vino di Marreri il primo canto del primo gallo d'Irillai che scuote le tenebre della foresta di Farcana dove le arcane sorelle della notte (le janas squillanti come autentici ottoni) si mescolano alle vaghe forme delle fronde di siepi e lecci che mormorano alla fonte perenne che sempre disseta l'usignolo che verrà.
Su amici, cantiamo al passo della notte trascorsa in preda al temporale, cantiamo alle mogli che ricamano la notte, cantiamo alla bellezza del giorno che viene, non siamo così rustici da passar sottogamba il prezioso quadretto che ci dispensa colui che guida il sole come un forzato.
49-
Ogni tanto, sul far del giorno, nel cielo d'Irillai, risuona qualche grido di dolore, che il chicchirichichì del primo gallo già aveva annunciato riguardo a quel che la notte aveva articolato. Il dettaglio del tempo ha avuto la sua vittima. Uno dei forti che ha sfidato l'ombra denutrita e cupa di Borbore ha finito col togliersi la vita.
50-
Mirabile la mente che fa muovere le stelle e non sbaglia un'uscita della luna, quando le scrofe di Soloti triturano le ossa dei morti con i barazelos che giocano ai dadi e i naif vedono piangere il Redentore e le janas si dileguano con l'argentino ritornello delle fonti...
Per quella mente mirabile dico: non prenderla a male...
Non copre la terra gli errori dei medici?
Non si incendiano le navi nei porti?
Non scappa il lestofante col bottino?
Non è arte militare mandare i soldati a morire?
Quale paese non ha il becchino che seppellisce i morti?
Forse Pepe Coa d'Ohiai, fissando un corvo non l'abbatteva al suolo?
Non è forse crollato il ponte di Lukula dopo che io son passato?
51-
Attento alla propaganda: essa è maliziosa come il riso
Là, dove, da un'anno all'altro, si conserva il dolce fieno e assieme all'angelo profumato come un barbiere degli alti gradi di polizia, fa capolino anche il diavolo che avvelena l'aria con i soliti miasmi sulfurei
52-
Non posso fare a meno della lingua con cui mi parlavano nell'infanzia: per quanto modesta, è pur sufficiente. C'è chi usa la lingua come un clichè. Rimozione da trauma? Macchè! Insipienza!
Scrivere su quel che man mano si capisce.
Lei ha perso le sue occasioni, lui era un vagabondo che scrive su quel che pensa e gli pare di stare a casa sua, dove più viva è la pietà. Nella via della giusta direzione. Via del Vecchio Balsamo usato da quelli del Kontone Ballaloi
53-
No, non voglio avere a che fare con i biliosi inveleniti che non bevono vino
Non mi pare di esser così odioso tanto da far le labbra viola come il fegato marcio a chi mi sta davanti fino ad agitarmi il dito sul naso come se avessi offeso la dignita della regione sarda
Calma, dico, non sono arrivato alla mia età per suscitare clamori. Non sono nato per litigare, ma per mitigare il mio animo e fuggire la lite.
uno è alzare la voce da sguaiato, altro è alzarsi con cipiglio avventuroso
non voglio passare i giorni che mi spettano nella turbolenza, no,
no, voglio parlare, ridere e scherzare con i miei simili,
non capisco il pensare da se senza riferimento alcuno
l'americano Rimundhu Davies testimoniò per primo su Maidaneck
ideologia o logica di un'idea
senso comune o sesto senso che coordina la realtà dei sensi
fine ultimo e ragion d'essere
pensare, comprendere e immaginare
la stupidità è il chiodo fisso che non si distacca dalla realtà
l'esaltazione fa della realtà un porto franco dove nulla gli resiste
perdeu, tanca sa janna Paddheu
1.
Museo dei vecchi vestiti d'Ohiai, le tradizioni si affacciano sulle porte del corso, i costumi e gli usi stanno in fondo all'animo, sull'orlo dell'ignoto dove si appostano i delitti. Asilo per le evenienze future. Per quelli nati tra temporali e siccità. L'anima immortale se la cava sempre, anche se il necessario gli sta stretto. Senza un soldo in tasca non rimane che farsi vegetariano e suonare launeddhas per farsi santo. Santo è colui che dà più di quel che può. Nessun sacrificio nella rinuncia al pollo più pigro del pollaio. Meglio arrostir patate con la buccia, da togliere all'ultimo momento. Qualcuno che ne ha mangiato crude, ha detto: meglio cotte.
2,
Un leggero trucco abbelliva le singolari figlie da marito di Donn'Elene, che mai pensò al suicidio e se ne infischiava del Bosco di Borbore dove i corvi gracchiano dietro chi trova schifoso vivere. Donn'Elene trattava le figlie come ragazze alla pari. Zenia che vien dal campo zeniosa, canta alla corsicana; Manzela galana e benincarne potava le rose del giardino; Mallena belleddha con le bluse più colorate della storia dei mercanti ambulanti, leggeva fotoromanzi; Kichina che pedalava in scarpe da tennis al governo della casa, al corso preferiva la chiesa.
3.
Non avrebbe vissuto con un coltello alla gola; lui che, procreando, sa di fare una persona simile a lui. Sa di fare quel che il padre ha fatto con lui. Non ha debiti col padre ma ha riconoscenza alla madre che l'ha fatto con lo sforzo del corpo. La natura si riempie di se stessa con fiori e fruttti. La natura non si dona che a se stessa; fa coppia come maschio e femmina. La creatura non cade come un frutto dall'albero della vita. È frutto della volontà di chi è venuto prima. La vita è un dono di Dio. È l'espressione ricorrente dell'aria e della luce, dell'acqua e della terra, e di un pizzico di sale.
4.
Il malfattore vive d'espedienti e se ne infischia di pentirsi. Li nasconde agli altri, ma li ha sempre in mente per riutilizzarli quand'è necessario.Ricorda quel che serve, dimentica l'inutile.
La politica delle alte cariche si prende gioco delle piccole.
É uno schifo constatare che si è concittadini di un compare che governa lo stato e sfugge come un'anguilla dalla rete della giustizia come l'antico SamuelIstoki (così coraggioso che se ne infischiava del dolore come un disperato), egli richiamato frequentemente a render conto del suo operato come cittadino non come governante vuole tutelare le alte cariche dello stato da sempre protette dalla probità personale e non da leggi speciali che li fanno diversi e privilegiati.
Strano, triste e amaro, che un fuorilegge possa metter mano alle leggi e governare gli affari di stato.
Il cacico calvo, quinta colonna del malaffare, è il nemico in casa. Si cala le braghe per salvare ciò che nascondono.
È insopportasbile sentir lodare il cacico che frodava di slancio e continua un giorno si e l'altro pure, senza esitazione.
La sua forza è insopportabile, anche se eletto dalla folla: quella moltitudine che toglie il respiro alla persona e fa del sogno un'inferno. Allo stadio può caderti uuna vespa sul collo. All'Angelus uno minaccia di scoppiarsi come un pallone. Nella piazza colma dei cacichi, uno basso, instabile e poltrone come me, si deprime come se non gli si rizzasse più il pisello.
Ricordati in ogni momento di ricordare.
Pensa a riempire la tua casa di tuoi prodotti: fai che la tua casa si riempia di te. È un modo per resistere al dominio del cacico di turno. Al divo della domenica. Al monoteista unigenito che si serve delle tonache. Al soldo d'oro che luccica sull'altare della bancarotta.
Nella folla, dice la coscienza, confondo la vicinanza con me stesso. Non ricordo quel che devo fare, non ricordo i miei cari, non mi riconosco negli amici, mi dimentico il perchè sono venuto al mondo gratis, o qualcuno ha pagato la mia nascita?
5.
Chiunque al doppiare il Kontone Ballaloi sa che a tempo debito nessuno potrà dargli più una mano e dovrà vedersela da solo con le ombre che attanagliano il desiderio e il piacere di vivere assieme con la dignità di chi ha delle condizioni da porre al mondo: oltre ciò non mi va proprio. Meglio soffrire in piedi che lamentarsi in ginocchio. Molto meglio piangere per la bua di essere appena nati e tornare subito indietro sulla strada fatta, senza ricordare precisamente da chi. No. Non sono nato per fare di me uno sgherro. Un'igherru è galera, si diceva all'ombra del campanile d'Irillai, nei pomeriggi accaldati di sant'Anna cuccuripinta, quando ognuno fa i fatti suoi. Domani saremo daccapo, non potremo perdonare l'assassino per quanto ha fatto: noi non possiamo proprio, l'unico che poteva farlo è stato ucciso. Solo la vittima è attrezzata a perdonare. Neppure Dio può farlo a nome suo.
6.
Non ha senso dire: non io ho scelto di nascere, poiché la domanda si pone ad avvenimento compiuto. Nessuno a nessuno poteva chiederlo. Ma quando la coppia decide di farne uno possono nascere anche i gemelli. È la coppia sulla terra che decide il da fare: diventare uno e quel che viene viene e sia il benvenuto. Non ho scelto io di nascere, ma ci sono ed è quello che conta, poiché posso si decidere di andarmene quando voglio. Poiché non ho scelto di nascere non devo niente a nessuno. Chi ha scelto e voluto per me se ne andato da tempo. Son rimasto solo come un orfano. Che fare? L'ultimo che rimane chiude il cerchio e sopprima sul nascere le proprie emozioni e domani ricostruisca la sua persona.
7.
Non sarò nulla che non sia già. Ho fatto l'attore e confuso le parti. Macbeth picchiò Desdemona col fazzoletto perchè gli sembrava la sua lady che si asciugava le mani. Lei piange le colpe dell'altra. Meglio morir di fame che intrattenere rapporti col signore del castello disabitato. Lo lasciò alle figlie per morire di notte nel sonno come i giusti del Kontone Ballaloi che spirano con una scorreggia di salute.
Mastru Merzioro.
Per costruire il castello della Spina Santa hanno lavorato i Pasquali d'Irillai. Hanno talento nel lacrimare gli occhi del Pasquale d'Irillai che ha molti amici, ma il padre morì disperato perchè la madre non lo volle più nel letto.
8.
Il babbo, come Dio, disse al figlio di una certa età, vai nel mondo e arrangiati. Sii uomo. Sai a chi devi riferirti. Forte come il ferro. I maestri d'Ohiai Sparta chiamavano Irillai, perchè si addestrava la gioventù alla custodia della roba e alla balentia nel rinnovarla. Difendevano in tribunale l'onore del campo aperto e la promessa fatta al nonno all'atto d'ingresso in tribù. Si apprende in casa a rubare ai fratelli. Che i vicini aprano gli occhi sui beni lontani. Per fare ciò che puoi da solo non cercare compagnia. Occhio alle ragazze da infornare: se sanno agire tornano utili a suonare launeddhas.
9.
Ogni domenica a Irillai si faceva il nome del ricco di riferimento che valeva una settimana. I più audaci gli contavano i peli della schiena. I coraggiosi si contentavano di quanti terreni e case avesse incamerato, quanti soldi in giro e in banca, quante caciotte e presciutti, quanti compari e comari, e quell'altare del Carmine, quell'orto nel Cedrino forse avuto in eredità dalla zia, quella fonte a Soloti dove la notte si dissetano le janas innamorate della civetta e della luna. Vinta a carte. Ognuno ci aggiunge del suo e chi non lo fa passa per servo.
10.
Gli ordinari d'Irillai conoscevano a distanza gli originari di Seuna, quartiere che dava sulla valle del Cedrino, a sud del Bosco di Borbore dove i corvi beccan le tortorelle e molti vanno a svenarsi e impiccarsi gratis con le lunghe ombre della tramontana.
11.
I neonati (da un bell'inizio si vede la fine e ce la vedremo col Giudizio del Signore) si distinguono dagli altri nati per l'attaccamento immediato ai costumi che han messo radici a casa e il piede con la suola all'asilo dei prematuri, alla scuola dei precoci, nelle sale da ballo con adeguati rossi garofani e un gatto nero a ciascuno. Bello ripetere l'inizio. Ai giovani la marmellata, ai vecchi del Kontone il vino, a invidiosi, cattivi e maligni, l'inferno.
Simultaneo, nello stesso momento, è il parto della madre e la nascita del figlio.
12.
é un'eternità che non piove a Ohiai, paese delle ascie taglienti, dove le case hanno le grate e muriccioli smilzi e secchi non hanno fine.
Guida il quieto scampanellio del gregge nel campo, il pastore con solitarie voci che interrompono l'annuale silenzio, come dardi che s'infilano tra le fronde dei lecci e stormiscono cieche al belar delle madri che chiamano a se gli agnelli indaffarati come bambini, frutto di un'amore che se ne infischia del tempo, spoglio e lieve, che fruga nei cortili d'Irillai:
13.
Ogni nuovo arrivo troverà avvizziti quei fiori del bosco che i precedenti hanno lasciato sul prato.
Nemmeno la terra accettò di buon grado la nascita di Pilurzi, perchè il babbo lo donò alla mamma quand'era ubriaco.
Andrà da padre Pio dove premiano la sofferenza.
Proteggerà la pelle col buio e terrà i risparmi nel reparto segreto del portafogli
14.
Le belle parole addolciscono l'animo; quelle brutte e sporche non influiscono sul malanimo.
Le parole brillano nella corte del Beato Dio del cielo che gioca con gli sfaccendati della terra, che si occupano della sua natura Beata. Il Dio dei Beati: i Beati sono Fortunati. I Fortunati son degni di essere Beati. Il re dei Beati se ne infischia della realtà.
15.
Non manca nulla quando c'è del pane, cacio e vino nella bisaccia. Manca una vittima, ma si può prendere un cane in affitto e bastonarlo di nascosto come se fosse un gatto. Puoi andare per l'isola a far nuove colonie come quella di Mamone fatta da Zuanchinu E.Remitanu nel lungo anno di svolta del Primo Nuraghe, sempre immobile nei tempi lunghi senza ricordi di come si viveva. Egli volle essere sepolto in terra (per carpire i segreti al sottosuolo) con un legno addosso per poter alimentare le radici che mpediscono al mondo di franare.. Non deve accadere sotto i piedi degli instabili.
16.
Come e quando sono spariti gli scalpellini che han fatto i nuraghi? Tanto erano apprezzati loro che volevano migliorare l'Isola da dimenticarli come un qualsiasi giorno dell'anno scorso. Che fine han fatto le magie di Karpenti il giocoliere? A chi è andata la sua straordinaria destrezza? Chi l'ha messa al bando? Quanti figli dell'Isola giocano nel circo con acrobati, equilibristi e saltimbanchi? Essi vendono paglia e fieno a elefanti e cavalli, cani e gatti a tigri e leoni. Applaudono le marion ette e giocano a carte con gli dei. Gli isolani di Ohiai, come i grandi del passato, pertecipano discreti alla realtà delle cose. Come tutti i sudditi della morte. La vita per quanto bella alla fine prende una batosta, nasconde la coda e passa la mano, perchè sui viventi domina da gran madre, la morte.
17.
I naviganti di Orosei caricano le vettovaglie sul vascello di Fraluisi che va alla festa di san Francesco dove al priore è nato un figlio di nome Pilurzi: per lui si cucina la pecora e si arrostiscono i maialetti da latte. Finirà per indossare la divisa ufficiale dei barazelos e la domenica distribuirà viveri a Irillai: pezzi di carne confiscata agli abigeatari colti in flagrante.
Ci vanno alla spicciolata come i re magi al seguito della luce d'oriente che chiarisce il destino degli amici d'occidente.
gli argonauti cantano a tenore mentre pescano i detriti del Cedrino, poi giocano la morra e la mariglia e non distinguono l'agnello dal capretto arrosto
18.
I malcontenti del Kontone d'Irillai parlavano sempre d'insurrezione. Siamo governati da marionette. Se avessi un fucile e una fazione alle spalle sparerei come Pancho Villa. Dal ponte sul Cedrino.
Quando vince l'insurrezione si affilano i coltelli e si spalancano implacabili le porte dell'inferno.
19.
Irillai, paese delle ascie taglienti. Chi si destreggia col manico dell'ascia non sarà mai servo. Migliorerà e sarà un buon barbiere. Peggiorando farà l'agricoltore. Il commesso servirà sempre al banco. Il sudditto occuperà il posto del cane sotto il tavolo e abbaierà quando Iddio vorrà.
Come fa l'agricoltore e il pastore a sottomettersi alla legge del barbiere del prete?
Certo il prete si piega all'esigenza del barbiere che non vuol fargli la bua sopra il costato. solleva sui tacchi per essere rispettabile. Sacerdoti e barbieri amano essere al centro dell'attenzione. Attrazione dell'incenso e del dopobarba. Non litigano mai. Uno ricorda l'infanzia, l'altro la giovinezza. Così diversi uno dall'altro. Stabile il prete in Dio; pronto a nuove esperienze il barbiere.
Sono di quelli che se la svignano nell'ora del bisogno, quando si capovolge il mondo.
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La costituzione è quel che tutti hano deciso di rispettare. Ha fiducia negli amici. Ha dei tabù da bandire? L'intelligenza da fiducia, e l'innocenza e la sincerità. Può disprezzare un maniaco sessuale? Deve proteggere i colpevoli dalla loro stessa furia. No, non si può bandire la famiglia, né la sicurezza della casa. Diamine, l'io privato sopra ogni cosa. Poi la pensione, perdio, e l'assicurazione sul futuro ti par poco?
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é bello sentire abbaiare i cani che nella notte fan la guardia ai pomidoro e alle patate degli orti di Irillai dove non manca nulla a chi vive sul margine e nessun profeta è mai stato umiliato per le notizie che difondeva sull'America e sulla lapidazione dei condannati a morte in oriente dove a ogni male tolgono un dente
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Avrei corretto il mio accento se non fosse tutto mio. Poi è più energico di me. Lui se ne infischia di stare all'ombra; a me piace avere una finestra soleggiata. Egli non si preoccupa dei barbari, mentre io mi addormento dal barbiere che si occupa della mia testa come se fosse una boccia. Il mio accento è parte di un'individuo singolare e non voglio cacciarlo dal mondo; poi è innocente e ricorda la mia amorevole mamma che copriva ogni mia mancanza.
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Irillai sulla sella d'Ohiai a cavallo del male e del peggio. Una striscia del bene di nessuno segna il confine: è il luogo dove san Francesco coglie le nocciole e le dà ai cristiani poveri che passano per il Kontone Ballaloi e stanno a sentire le stramberie della vecchia dozzina per i quali i professionisti della politica devono essere trattati come i maschi delle Amazzoni: azzoppati, che non scappino col bottino.
Da una parte scappa la refurtiva,
dall'altra va il municipio alla deriva.
Rovina della casa comune. Dove tutti possono entrare in corrispondenza del bisogno: un certificato e una denuncia. Il male viene dal nulla delle grotte di Farcana e il bene dall'infinito, oltre la selva di Soloti.
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Le pietre del sottofondo della torre di B abele dicevano all'unisono: forza paris. Le pietre con le parole fondano il quartiere d'Irillai. Una è la lingua delle cose. Per il mio papà, una zappa è sempre una zappa, in qualsiasi modo la si chiami. Un cadavere è un cadavere. Una pipa di radica può essere un cucchiaio di di radica, unu corcarju. Un neonato, un nascituro. I ciotoli di B abele furono sottratti ai nuraghi. Perciò franarono e fecero un casino di linguaggi.
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Non so esattamente cosa, ma ho la sensazione che ogni giorno qualcosa mi sia sottratta. L'altezza mi da la vertigine degli sciancati, ma in compenso la morte da il panico a chi ha crediti e io ho solo riconoscenza alle mie donne. Il sonno mi ammalia come fa con i dormiglioni, poi rende mansueti anche i più bellicosi d'Irillai, figli di chi si appisola in ufficio, pisciano nei chioschi dei giornali quando piove a dirotto, danno calci a cani e gatti, mangiano carne d'asino nelle rebotte
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La tesi di K (l'individuo come ingranaggio di un meccanismo [tribunale e castello, famiglia e lavoro] a cui è impossibile sottrarsi: per vivere è capace di uccidere) è che nell'ultimo secolo doveri sociali e leggi paion diventati obblighi naturali al pari di temporali e burrasche, nebbia e vento, gelo e canicola.
Zenia, sensibile, leggeva i poeti baroniesi e Zomaria con passione, le storie dei banditi ogliastrini. Mimiu Minuiu credeva vere le favole dei pesisti d'Ohiai nella foresta di Farcana così tranquilla dalla morte di Tarzan e dei preti che giocano con i pargoli della parrocchia della Santa Spina caduta dalla fronte di Gesù sulla croce. Mariapica giocava con i numeri, faceva tutte le operazioni aritmetiche che chiamava per nome e contava i punti a maglia delle calze che faceva la nonna con tre ferri a doppia punta. Era così felice che dimenticava di pulirsi il naso.
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La sapienza di quelli del Kontone Ballaloi si riferisce al padre che ha cara la famiglia e allo scapolo impenitente, si riferisce all'ufficiale e al cravattaro, al carpentiere libertino e al missionario nel deserto, alla cuoca dei porti di mare e all'ambulante dell'interno selvaggio che fa mercato e fiera. In particolare. Ma la società avanza. In generale, compito di chi vince le elezioni municipali è organizzare fiere e ospedali, mercati e scuole, dare una ragione albuon vivere in comune. Ma si capisce che i vecchi sapienti e i giovani organizzatori non vanno tanto per il sottile, così fanno in modo che il particolare e il generale non stiano in piedi uno senza l'altro, uno soccorre l'altro e lavorano in coppia. Comunicano: uno dice all'altro quel che deve fare? Uno il senato, l'altro il mercato. Che il mercato proponga e il senato disponga. Opinioni a mercato aperto. Al senato la vecchia calma, al mercato l'irruenza del vitello alla greppia con la mamma per presentarlo al tempio della comunicazione che rende agevole la via a coabitare col mondo: Tarzan è della foresta, la foresta è di Tarzan. Quindi Tarzan è nella foresta. La sua sorte è in quel che pensa di notte e in quel che fa di giorno.
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L'uomo è le cose del mondo: mangia di tutto, per vivere si adatta a tutto e per giunta lo sa. Quel che vi accade di continuo siamo noi, senza una sola e precisa finalità. Senza di noi non accadrebbe nulla, non qui in questo spazio né la nel tempo. Ci sono è questo conta; senza la pretesa di capire e mutare indirizzo (cosa che peraltro non si può impedire, nemmeno in corsa).
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Politica è il vivere assieme nello stesso tempo e nello stesso luogo.
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Cos'altro è ridondante come la gerarchia della chiesa?