ermwa
“La filosofia è scritta in questo grandissimo libro
che è aperto davanti a noi (io dico universo),
ma non si può intendere se non si impara la sua lingua,
conoscere i caratteri con cui è scritto.
Egli è scritto in lingua matematica,
e i caratteri sono triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche,
senza la cui conoscenza non si può intenderne la parola,
e senza questi è un vano aggirarsi dentro un oscuro labirinto.”.
Galileo, nel Saggiatore.
i l a b i r i n t i
di
filiza
filiza in visita a ospiti di riguardo
che vagano come straniere novità
Diceva Voltaire
che chi legge senza una penna in mano
dorme.
Considerazioni - di autore anonimo -
sulla natura dell'individuo di Ohiai Benimindhe
che usa radersi senza sapone ne dopobarba.
Lo Stato è la somma dei cittadini uguali
che vivono alla pari garanti l'un dell'altro
Vi è mai capitato di avere le braccia penzoloni
e di non riuscire a sollevarle pur desiderandole?
È la spossatezza che genera tale condizione?
È un difficile compito della famiglia
raddrizzare un figlio nato storto e di traverso.
Più di uno si crede al sicuro dai mali del mondo,
quand'è sulla soglia di casa.
Ma i mali anche in famiglia
son duri da contenere.
Il passato che abbandoniamo
a chi appartiene se non a noi?
Come consolarci da ciò che abbiamo fatto?
Dimenticando?
Sarebbe la novità la rottura col passato?
La novità sarebbe l'antico oblio?
Distanziarsi dal passato
è come dire che non c'eravamo
quand'è avvenuta la catastrofe,
non siamo noi gli autori del male
dormivamo mentre si bruciavano vive
le streghe e gli eretici
offrendoli ai fantasmi dell'inferno
che ci dimora nell'animo
La Nazione è quel famigerato insieme umano
convinto di meritare il favore di Dio
a danno del mondo.
E chi non è di Dio è del Demonio.
Predu Pilurzi, primo e più bisognoso figlioccio
di tziu Pepantoni, come i ragazzi
sani della parrocchia, faceva il chierichetto
ma all'improvviso, abbandonò l'altare,
la processione del Redentore
i costumi e la passione di Gesù
uguale ai condannati a morte.
Preferì vagabondare nei campi
e prendere qualche uccellino
a cui rifare il becco
e dare freschi colori alle sue ali.
Egli aveva il caratteristico passo di chi,
sovrappensiero perde una parola
che si allontana da lui per qualche tempo
gli mancherà e non la riconoscerà detta da altri.
Hai fatto l'uovo gallinella?
Diceva alle ragazze dei bar, dove i cani
abbaiano perchè non li fanno entrare
si rattristano e paiono soffrire
con le guance cascanti
come il volto del Signore sulla croce.
Poco tempo dopo aderì ai menestrelli d'Irillai
che cantano di notte quando si spengono le candele
dell'angolo per non esser visti ma sentiti.
Erano menestrelli con l'abitino di velluto nero
che cantano nella notte insidiosa, per non aver paura.
Al tempo della leva anche Pilurzi mostrò al sole
il corpo già vaccinato: avrebbe tenuto fermo il verro
per castrarlo, con quei bicipiti che dalla nascita
avevano scolpiti delle zanne di cinghiale.
Era un tenero buontempone,
come tanti ce ne a Irillai
che fanno la corte alle fanciulle
cantando mottetti d'amore
dove per i primi frutti del mandorlo in fiore
laverebbero anche i panni sporchi da un mese
delle belle e libere fanciulle di Gavoi.
Tante son le cose quante son le persone,
una più, una meno
il rapporto tra di loro non è separabile
in effetti i rapporti sono polteplici
e le cose esistono per gli uomini
e gli uomini non ne possono fare a meno
sono indispensabili come l'aria e il cibo
così è l'uomo per la terra
senza di lui sarebbe un deserto senza sabbia
un mare senz'acqua, un cielo senza stelle.
un sole senza calore, una luna senza sorriso
una donna senza la grazia del ventre spiritoso.
La lealtà rifugge dall'ingannare i propri simili
come chi è leale non altera la realtà
L'onore non nuoce al genere umano
Ci vuole più coraggio a non uccidere
col rischio di morire
che non a uccidere
per scampare al pericolo di morire
Al punto dove arrivo io
c'è sempre qualcuno con i capelli bianchi
ondulati, pronto a partire
fischiettando come un merlo.
Pare un musicista che – come un Dio -
dalla calma dei morti trae beneficio.
Pare che Dio – o colui che parla con se stesso -
sia l'esatto opposto di noi che abbisogniamo di tutto
e principalmente di compagnia per vivere.
Abbiamo appreso da lui a meditare
sul luogo famoso del dove
non c'è denaro c'è miseria.
Le guerre fatte finora son dovute
a dei, semidei, amori e ruberie
sistemi economici ed eserciti
dotati di armi sempre più micidiali
dettate dalla coscienza di vincere
poi, inevitabile, nasce il conflitto
per la divisione del bottino sostanziale
che sia il possesso della femmina
o i beni della terra, fatta di mari
e monti e valli, libero ciascuno
di crederli fatti, naturalmente, da chicchessia
l’uso della forza umana smuove le montagne
e contiene i mari e assoggetta i popoli
alla schiavitù da subire e alla libertà
che sempre si aggiorna al presente
col bisogno di mangiare e amare
Nell'ospedale dei clisteri si curano i sani
e muoiono i malati e gli afferrati
dagli invisibili tentacoli delle faide paesane
venute a pericolosa maturazione
più dei dolci fichi maturati
sul più ripido burrone d'Ohiai
dove solo i fannulloni coraggiosi
gli si avventano fuori dal tempio
dei fabbri ferrai che bevono
il chiaretto di Zomaria Zigottu
servito dall'ostessa, sollevando pesi immani,
calvi come i pesisti in gara sulla pedana
dove le coppiette sognano di rotolarsi
felici uno sull'altra, come usano
anche i grandi principi spavaldi nel tempo
Più buono è il vino che si beve
a fine lavoro perché allontana
la fatica e le birbonate del capocantiere.
Fingiti pensieroso e sarai semisapiente.
Grano nel sacco, grana in borsa, grane
nell'animo del paraninfo che avverte:
Occhio al rancore che divampa
dove si rifiuta l'amore.
Segui i consigli del quartiere
che è l’anima divina del popolo
che diffonde la parola del signore.
Non mancate all’assemblea
dove, tra risa e risse decidono di noi
sull’altare più alto .
C'è un filo sempre teso da un balcone
all'altro in piazza del Kontone Ballaloi
dove si avventurano gli acrobati
quando d'estate capitano dalle nostre parti.
Qualche maligno sospetta l'imbroglio
altri invidiosi parlano di menzogna
gli innocenti dicono che l'acrobata
è parente degli uccelli
che per le loro esibizioni
son detti i padroni del mondo
come tutti gli esibizionisti al comando
come papi e re, principi ed eroi,
generali di brigata nel quartier generale
e campioni di calcio che sputacchiano il rettangolo.
Non a tutti gli oratori è dato sapere
quello che dicono. Così quelli che
sostengono sia la facoltà di osservazione
a dare inizio allo studio dei fatti naturali
che si ripetono spontaneamente
come le greggi animali per difendersi
e quelle umane riunite in villaggi e città
per capire gli avvenimenti che accadono in noi e tra noi.
Ma i tavernieri si che sanno quello che scrivono
nel quaderno dei buffi.
Nulla più del vino si addice alla zuffa.
In nessuna zuffa è lecito al figlio battere il padre.
Nemmeno di notte quando canta il gallo d'Irillai.
Ho fatto te e sto a vedere cosa farai meglio di me.
Rispose il padre al figlio che lo rimbrotta
per aver fatto non so che nella vita.
Impara a fare un mucchio di pietre
e ringrazia le trecce di tua madre
che non temeva i ragni.
Patirai la fame fino a mangiare fichidindia al buio.
La società ben assestata ricorre alla giustizia
nonostante comandi di non uccidere
perchè peccato capitale.
Oddio com'è in odio la brutalità
ai benpensanti.
Uno è parlare con te stesso,
altro è parlare con gli altri tuoi simili
I desolati d'Irillai cercano rimedio
alle disgrazie appiccandosi a Borbore
La collera scardina i vincoli e sfalda le barriere
gli è necessario sfogarsi
e lo fa frustando il mare :
a oriente d'Irillai il limite alla sua furia
è il Tirreno.
Perciò la collera è nel carattere degli isolani
e meno male che c'è il mare a contenerci:
e la collera e il carattere.
Parlo col mio animo sottovoce,
si, per non disturbare il prossimo
poi perchè non posso fare a meno
della sua compagnia
che mi sollecita alla confidenza.
E mi dice: Pensa al domani con le cose di ieri.
È così persuasivo a volte che gli do retta.
Così, dopo, cerco dentro di me
quel che ho perso a carte.
Si consuma quel che l'amor trascura
e invano lo ripete l'eco:
in conclusione Dio ha abbandonato l'uomo
e il mondo che gli aveva dato per giocare.
Nato con l'esuberanza mattutina del gallo d'Irillai...
Con la sua nascita Predu Pilurzi ha fatto un patto
col mondo: non ucciderò per non violare
l'accordo con chi mi ha accettato.
Di pace c'è bisogno quando si approssima la morte;
della pace protetta che abbiamo lasciato per nascere
per giungere al mondo del frastuono,
della confusione di quello che spinge
e dell'altro che tira per rimanere
in equilibrio gli uni con gli altri
prima che la terra ci copra.
Chiocciole mangerecce di media grandezza
con la casetta a striscie
Cipolle di Ottana innaffiate alla fontana
con fagioli di Ghilarza
Poi la guerra, ostile alla vita
è così blasfema, quasi come
bere il vino dal collo del fiasco.
Ho timore della sofferenza patita
passata per ritornare in forze e dare
quel che spetta a tutti i bisognosi
figli della natura, delle cose sane e malate
belle e brutte.
Temo che la coda prenda fuoco;
si vedrà se è di paglia.
La natura è la madre del Dio degli Dei.
Le guerre finora combattute
sono state fatte in nome di Dio
e dei suoi Dei: sarebbe ora di finirla
poiché ogni tempo è adatto a far la pace.
Come nelle guerre dei bambini di quartiere.
Gratta gratta sempre di aggressione si tratta.
La guerra, ostile alla vita
è la costante del mondo.
La dolce serietà della signora che sotto
la rossa chioma tiene a bada
i mastini del cacico dal fantomatico
carisma di okei il prezzo è giusto
Sulla cronaca che altera la storia.
Il figlio del cacico sopra il tacco, ha avuto
in strada un testa-coda che con familiare
abilità ha controllato; il giovane si sarà
spaventato ma ha nascosto l'episodio
in famiglia; per non allarmarli, han detto.
Bene, succede spesso in strada.
Allora perchè dirlo alla gente dopo una settimana?
Per far vedere che il figlio è abile quanto il padre
ha preso da lui e siccome guida a meraviglia
la porsche, figurati la barca del governo nazionale.
Non capisco la notizia.
Non so a che serva la diffusione di una non notizia.
Avesse almeno picchiato il padre senza che nessuno
l'abbia difeso! L'avesse almeno malmenato
come usava Monzon con Benvenuti
senza intervento dell'arbitro né dei secondi!
Il figlio del cacico picchia il cacico padre
in strada e nessuno interviene in sua difesa!
Quella sì sarebbe una notizia.
Ma il figlio del cacico in testacoda?
Che è? 'Na schifezza. Era ubriaco come il padre:
vada piano se teme di sfracellarsi.
E non investa qualcuno.
Se no a Mamone, al ricovero degli scellerati.
Nella mente di Dio posava Croale prima
di venir sulla terra discreto come le
civette di Farcana col becco d'argento
che accompagnano le janas fuori
dai nascondigli a ricamare nelle radure
incantate di cento fiori fragranti
come pani sfornati al primo maggio.
Fornaio era Croale e cuoceva
quel che la moglie impastava di semola
e farina...egli come un perfetto dittatore
risolveva i problemi che si poneva
e additava al popolo affamato
i pani lievitati e cotti che già intravedeva
nell’ampio orizzonte del futuro
Corso della Pietra Focaia
era la via principale d'Irillai
poiché gli abitanti a cercarli
scintillavano come acciaio alla luce.
Ne tocchi uno, li tocchi tutti.
Da una scintilla divampa il fuoco.
Da un dito, la mano, dalla mano il corpo
quindi si rizzano i capelli dal dolore
e le unghie cambiano colore
Ogni paese ha il suo uomo nel bosco
che se ne va ramingo passeggiando
e spiando le coppiette;
è il cosiddetto fauno del paese
che non tifa per nessuna squadra
e a cavallo della sua moto
attraversa ruscelli muti
e sull'arida terra non sanno dove parare:
piace il silenzio boschivo di Borbore,
le rocce e il colore degli alberi.
Fuggono dal paese dove tutti li vedono
e fanno gran rumore come una cascata di suoni.
Altro è origliare felice come un ladro
dietro un tronco o un cespuglio
il canto della foresta di Farcana e del bosco di Soloti
dove nemmeno Dio lo vede.
L'uomo nel bosco sta bene solo
come chi non ha bisogno di nessuno
come Polifemo prima di veder Galatea.
All'uomo del bosco gli è propria la compagnia
degli indomesticabili e solo con loro non patisce,
tutti obbedienti alla nature delle cose.
Io abito in Serbadore. Serbare. Serbanza.
Ho ricordo di me. Mi nascondo
in Serbadore per esser libero di ricordare.
Mi riserbo per così dire
le parti migliori del mondo.
Le serbo in me: mi servono. Mi riservo.
Mi ho in serbo. Mi tengo da parte perchè
non so fischiare i motivi alla moda della banda.
Sulle tombe per antica usanza riposano i passeri
quando rientrano in città dalla foresta di Farcana
salutano le mie donne con un rametto del bosco
e con le solite novità e una briciola di pane
volano al nido del cortile di casa e ansanti
mi dicono dei pericoli a cui sono scampati
Sui camionisti avventurieri se ne dice più di una
ma sugli artigiani
nessuno dice quanto sono intelligenti
ma li elogiano con un: hanno mani d'oro
purtroppo danno di gomito come i perditempo
al banco del bar pronti a dare
i numeri del lotto e buoni consigli
a tutti i garzoni della terra
come usano i vecchi savi del Kontone Ballaloi
Predu Pilurzi, d'Irillai, era di quelli
che fanno meglio a terra
quel che gli uccelli fanno in volo.
Faceva meglio a terra le proprie faccende umane
come a volte scappa agli uccelli in aria.
Pilurzi quando si accomodava nella casa dove Outis
imbastisce le composizioni senza trama nè ordito
suonava l'armonica per non sentire le chiacchiere
e i rumori spontanei del suo corpo
appena dimesso dall'ospedale dei Clisteri
dove si curano i malati e muoiono i sani.
La città d'Irillai sorse attorno al mercato
comune all'aperto di Ohiai Benimindhe
dove i singoli abitanti e i gruppi vicini
scambiavano come quattro chiacchiere
quel che avevano in più diverso dagli altri
che avevano bisogno di quel che mancava in casa:
Chiocciole mangerecce di media grandezza
con la casetta a striscie
Cipolle di Ottana innaffiate alla fontana
con fagioli di Ghilarza e fichi maturi
appena colti da mettere sul grembo della dea
più bella, la protettrice d'Irillai: Kikina Karai.
Il cibo della mamma col bambino che vede lontano
gli sgherri di Erode venire a prendere
colui che sarà re
i ghiozzi fritti del Tirreno mangiati alla festa
dei coetanei dove Outis ha pianto
mentre cantavano in gregoriano
il bollito di pecora a fuoco lento, il ciclo delle stagioni
le feste nazionali e paesane, le credenze popolari
e le credenze di casa, i matrimoni, i canti sardi
i modi di vivere, i prodotti del lavoro, i patrimoni
i vestiti, i costumi, il mal di schiena
l'ospedale dei clisteri,
le competizioni all'ombra del campanile
i volatili, gli animali domestici, il maialino da latte
gli animali del bosco, i fiori, le piante, i ruscelli
le fonti, le maghe di Farcana, le patate di Fonni
la morra, la mariglia, il tenore vernacolare
la scuola, le strade, la tv, i pesisti calvi e muratori
gli emigranti, i turisti che visitano la casa
di Grazia Deledda, il ciclo della moda,
il rustico parlare dei fratelli di Baronia
da Zigottu, la bettola d'Irillai, ci vanno disinvolti
i porcaccioni del corso a riempirsi
le budella come gli ingenui affamati di trippa
aragoste di Bosa quaglie e piccioni al melograno
un bue di Bitti e un gallo di Ghilarza
a ogni rebotta con la forchetta
si esalta il connubio di monica e cannonau
e col chiaretto di Marreri ci passa l'estate
la fresca bionda di Monastir
come la fanno i frati che al lume di candela
si giocano una morra e all'alba una mariglia
e poi cantano a tenore in chiesa
come menestrelli e più di un moro dorme in piedi
come chi è sazio di budino d'agnello
qualcuno russa come un pensionato
e su di lui volano le mandorle
e mancan le donne per aprire le danze
il cuoco di caserma macina sull'agnello freddo
mandorle stagionate e preziose noci
dell'altr'anno di buona raccolta ottime per il torrone
e le ossa più felici finiranno ai cani a farsi i denti
in cerca del midollo in ogni rebotta
il cibo si spreca e ognuno ha il suo coltello in mano
e la carne va in fumo, occhio allo spiedo: c'è l'arrosto.
Tenete lontani i cavolfiori
Con l'ora legale si anticipa il primo canto
del primo gallo d'Irillai quello più esuberante
che sveglia gli indigenti e annuncia
< l'aurora dalle dita rosate> nella corte maggiore
del quartiere dove gli sposi si abbracciano
per non aver timore del giorno che sta nascendo
e si sa che comincia bene chi dorme bene
per ben consigliare a fare secondo
la convenienza e dare la caccia alla miseria
e portare a termine la fine dell'inizio,
concludere, per così dire
quel che si è cominciato fino
a portare il figlio maggiore alla monta
Tutto ebbe inizio dall'idea universale che vaga
nel tempo: prima parlare,
poi scrivere; dire e ricordare; fare e disfare.
Imita l'idea. L'idea di Dio che tutto crea.
La Repubblica d'Ohiai Benimindhe ha abolito
i privilegi aristocratici
e i titoli nobiliari, e se ne vanta: a carnevale chiunque
può rovesciare in testa a Re Giorgio Paesano
un rinale di contumelie, al buon re
di Ovodda benefattore d'infelici vedove
senza colpa per come sono andate le cose
dalla creazione in poi
La lingua madre è quella che fa intendere
il figlio alla mamma che vede il pensiero
come il sole nel cielo più luminoso del meridione.
La lingua di casa è quella del quartiere,
ora che tutto è sommamente televisivo.
Ognuno può parlare come può e crede
(nel recinto di casa).
Uno parla a modo suo e gli altri a modo loro.
La lingua che si parla in Baronia
è quella dell'antica signoria di Galtellì
che mangiava crudo il fegato del porco.
Il mio animo è composto da ciò che intuisco,
intendo e immagino.
L'animo è un luogo adatto alla meditazione.
Al buon animo si addice il ricordo
e al malanimo sia dato l'oblio.
A occidente cadono gli accidenti e si rinchiude
il corpo di Gesù in un aureo recinto
in mezzo all'altare sacro tra ciuffi di malva
gagliardi asfodeli e più di un papavero
qua e là nel campo.
La vita è variabile proprio come il tempo.
La vita è la costanza del tempo.
Il tempo senza la vita è inimmaginabile
proprio come la vita senza tempo
nello spazio che non finisce proprio mai.
Eros dona ai puri di cuore le ali dell'amore.
Moriamo con la paura di non aver finito
quel lavoro per cui eravamo nati:
indagare il perchè i tavoli del soggiorno
e di cucina son corredati di quattro o sei sedie,
mai un tavolo con tre o più di cinque angoli o spigoli
Siamo nati per qualche motivo e tutta la vita
cerchiamo qual'è
ovvero dove sta il trucco,
la causa dello stupefacente natale
che riavvia il mondo sempre nuovo per chi nasce
nulla più della nascita capita al momento opportuno
come la morte sempre inopportuna
In qualche parte del mondo
ci deve essere qualcosa di nascosto
a Dio e agli occhi degli uomini
che stimola la loro curiosità
Primus inter pares: colui che
- con la prima scintilla di una pietra focaia -
governerà il mondo nonostante Herode
Egli si distinguerà tra i tanti dell'asilo e sarà re.
Non esiste il nulla ma dappertutto esistono
le cose grandi e piccole
e la combinazione tra di esse
a cui prendiamo parte con la paura
degli scossoni che il globo terracqueo
può subire a sua insaputa o per sua natura
Il canto dell'uccello in gabbia dice
che se tu non l'avessi rinchiuso
lui avrebbe spaziato dalla terra alla luna
senza perdersi dove non ci sono cartelli stradali
come fanno le civette di Farcana
il lunedì di pasqua quando l'orizzonte
non ha limiti e volano sull'isola
come angeli sopra i boschi del paradiso.
Meno male che Iddio non ha posto confini
nell'universo.
Non solo, il solenne Dio creatore
delle origini, fece la donna
per lavare i panni di Adamo
e la accompagnò col vento
per asciugarli prima e meglio.
Parrebbe che Dio abbia detto
che l'uomo deve lavorare
più di un'altro affinchè uno sia libero.
L'uomo d'Irillai e della vecchia Baronia
lavora perché non può fare a meno
di fare qualcosa di utile e necessario:
recintare il cortile di casa, scavare un pozzo
e ornare il cesso con fronzoli d'argento
e profumare di mirra il pozzo nero.
Fare: come apprendere dalla natura
a svelare il suo segreto.
Possibilmente senza abbrutirsi
cioè fare cose utili e necessarie giocando.
Il suo orologio segnava un giorno in meno
del calendario affinché capitatogli
di morire avesse un giorno d'avanzo
come un'ex- voto.
Quando l'Energia Regnante dall'origine
nella vecchia notte tinge di rosso il cielo
significa che è nata una stella,
la migliore del cielo attuale
nata dal ritorno delle mie donne
all'antico caos, dove son soliti
stare i morti dopo i pellegrinaggi
concessi nelle foreste della terra
a ogni inizio di primavera.
Chi ha buona memoria ricorda bene l'inizio
del primo giorno e della prima notte,
all'inizio della vita
quando sono cominciate le ingiustizie sociali
alle quali è sacrosanto ribellarsi.
Oddio, chi non darebbe un sorriso agli infelici?
Nessuno sapeva, nemmeno gli archivi vescovili
quando e come è arrivata a Irillai
la prima palla d'avorio
per il biliardo di Zomaria Zigottu
piu verde di un orto di zucchine.
Conti ognuno sulla sua memoria
per far quadrare il conto del tempo.
Aveva la capacità di fare e cercava di apprendere
l'arte del lino e far canestri d'asfodelo...
Erano un paio d'anni che da ogni filo faceva un cappio
così quando lo trovarono che oscillava senza dolore
da un'albero a Borbore la moglie e gli amici capirono
il perchè degli strani manufatti, la passione per i nodi
che stringono coloro che al buio vedono la fine
perchè di quel che fanno nulla va bene.
Ebbe vita breve:
quanto la spuma di un'onda del Tirreno.
Diede tutto di se e gli rimase solo l'anima
ovvero il meglio, il midollo della bestia.
Dall'alto Bruncuspina vidi la marea
sommergere Montespada
e sulle onde si avanzava una barca
con le mie donne a reggere la vela
mentre una stava al timone.
Veniamo a trarti in salvo, dissero.
Ci incuriosiva il tuo non far nulla.
Sapete, dissi, che del rovo, del carciofo
e del cardo l'ultima parte a morire
è la spina; la parte più sana e santa.
Così mi parvero sorridere in faccia al dolore.
Tenere in vita gli schiavi affinché lavorassero
era interesse del padrone
dicevano: chi dipende dagli altri non è libero
lo schiavo lavorava col suo corpo
e dipendeva dal padrone che non lavorava
pare però che anche chi costringe al lavoro gli altri
non è libero come Tarzan che accudisce tutto da se
a poveri e bisognosi si dice: vai e lavora
tutt'ora si canta che chi non lavora non mangia
e gli si nega il gioioso dovere di vivere
lo si chiama parassita e nasce con i denti per mangiare
meglio invitarlo a tavola
prima che si mangi qualcuno di noi
a tavola sedetevi lontano da lui
Il sole da il tepore necessario al grembo della terra.
Come la cornacchia che cova le sue uova.
Come spontanea l'erba dalla terra
così spontanea l'idea dalla mente.
Naturale come un papavero nel prato.
Barattò i denti da latte in cambio
di una triste infanzia e nell'adolescenza
si aggrappò all'immaginazione
come gli suggeriva l'amore materno
e i libri d'avventura. Adulto
si fece carabiniere, come desiderio del padre
fautore dell'impiego sicuro
e della necessità del porto d'arma.
Si sposò come volle la moglie,
un tempestoso giorno di gennaio
che impazzava nell'isola e travolgeva
i vascelli nei vortici del Tirreno
ma non poteva risucchiare il loro amore
per cui la lingua della bocca aveva annunciato
che non ci sarebbe stata nessuna sorpresa
per la sposa di nome Monica
e lo sposo Cannonau, come l'uva di Sardegna.
Solo l'ultimo respiro gli inibì la soluzione
dell'ultimo cruciverba.
Più di uno a Irillai farebbe a meno di soffrire
e di morire se ciò fosse possibile,
come pare lo sia per gli angeli, gli arcangeli
e tutti quelli che contano qualcosa più di me.
Noi siamo quel che il puro spirito del Signore ha fatto
un corpo singolare - e una benedetta coscienza -
capace di pensare e fare cose in perfetta autonomia
dalla stella d'oriente dove le cose esistono già fatte
hanno esperienza e lunga vita all'orizzonte
Il volo della mosca non ha uguali
forse perchè è all'oscuro del suo destino
solo un'altra mosca può dare performance uguali
in barba al sole.
La nostra intenzione impone quel che vuole.
È la nostra intenzione a imporre quel che facciamo.
L'intenzione ci impone la sua ragione.
Se tutto quel che esiste è vero,
dov'è sta il falso?
Dalla deflagrazione del cielo, come per incanto
è nata l'intenzione che governa il mondo,
in vista dell'amato scopo.
Dietro la casualità degli eventi
o dietro la causalità divina che li incatena
c'è la vecchia intenzione impronunciabile
che genera l'intuito, al necessario
segue la fabbricazione di quel che manca.
Ma quanto è verà la realtà fuori di me?
Io, soggetto, appartengo alla realtà oggettiva
sono parte della natura, esisto tra gli altri
ma è davvero reale quanto è lontano da me?
Alcuni benestanti della grande famiglia d'Irillai
al sentir parlar di falce che taglia il fieno
e di zappa che toglie le erbacce al cannonau
cominciano a sudare come se domandassero
soldi in prestito oppure delle noci
che durano tutto l'anno e allertano il sonno.
Sudano come la madonna del latte dolce
davanti a un piatto di minestrone bollente
con la cotenna che domina la valle.
Occhio allo spiedo: c'è l'arrosto al fuoco.
Dio assegnò un pezzo di terra dove scorreva
l'acqua chiara e fresca all'uomo nuovo
figlio della stessa terra, dicendogli:
tocca a te ora, datti da fare e fanne un giardino;
zappa se vuoi raccogliere primizie dell'orto;
quando sei stanco, riposa e asciugati il sudore
e ricordati di me che ti ho fatto.
Oh, si. E tu ricordati della donna
per le faccende di casa.
Viva il lavoro, dunque.
Fa' che la terra renda, almeno da uno a venti.
Egli fu sgomento dalla vastità della terra
da coltivare tanto che immaginò
di impiegare i braccianti d'Irillai e dintorni
fino alla spavalda Baronia dove liberi sfrecciano
i cavalli di san Francesco in attesa della briglia.
Qua, chi non ha terra pensa
di lavorare in un monastero.
Lavorate, gente, che l'ozio fa pensar male.
Pensate a quanto può esser triste
la vecchiaia senza pensione.
Voi non siete vecchi artisti
che si han dissipato le entrate
ai quali gli antichi signori
assegnavano vitalizi per sognare ancora.
Per vedere il sole,
bisogna guardare da un'altra parte
come Dio, non lo si può guardare.
Essi abbagliano per non esser visti.
Il loro fulgore impedisce di vederli.
Amore scompare alla vista di Psiche
o Psiche non sostiene la luce dell'Amore.
Così Giove a Semele: Chi ama,
la luce brucia il fulmine
come un raggio di sole incenerisce l'amante..
Pare che sia leggero portare il necessario:
porto a spasso i neuroni
che mi fanno andare dove forse voglio io.
Il mondo è pieno di simpaticoni
che fanno nascondere l’altra faccia della luna
e uccidono per il petrolio
come se l'avessero inventato loro.
Al massimo dell'età cui può arrivare ciascuno
di noi, arrivò Zuanchinu E. Remitanu
che faceva un pò di tutto ed era onesto
come noialtri che vestiamo il velluto
e il fustagno e abbiamo brave mogli
come le sognano quelli di Bosa, d'Orosei e Orotelli
dove si litiga per i fichid'india e le controversie
si risolvono con la morte, non dico
di un'agnello o di un porcello ma di una persona
che avrebbe potuto allestire una rebotta
con frattaglie e sanguinacci color del vino
ogliastrino che da allegria nel tentativo
di pacificare gli animi dei giovani
che sulle orme dei padri son pronti alla zuffa.
Nessuna novità: l'usato è stato nostro
come il mattino al sole e il freddo
alla notte, guardiamo la finestra dalla tv
e aspettiamo l'insolito che non viene mai:
tutto è stato usato, anche il messia
è sceso sul vecchio sentiero
dalla montagna e sordo alle sirene.
Con l'aria sufficiente ciascuno pensa
e parla come può; respira a pieni polmoni
finché ce né, prima che venga il mozzafiato.
Pensa spesso ai morti che han reso
quel che avevan preso;
penso alle mie donne:
a loro che han già dato
serenamente quel che avevano avuto.
Son codardo e campione di ignavia
solo perché non amo la guerra
a cui non immolerei mai una lepre?
Una gran testa non è indice di senno.
Chi è in affari vive per i denari.
Alle persone degne, con i capelli ricci o lisci
si addice aver le idee chiare e felici.
Avrebbe osannato tutti i comuni d'Ohiai
che avrebbero sacrificato alla dea ospitale
una pecora al giorno e cucinarla alla mensa
municipale ove chiunque con un obolo
avrebbe potuto saziarsi una volta al giorno
con lo spezzatino alle patate di montagna
dove non manca l'acqua fresca che scorre
fluida e rinverdisce gli orti d'altura
e i giardini di Fonni e Gavoi dove nella calunnia
i diffamatori si giocano il loro onore:
sanno che non è facile essere creduti.
Per loro è tremendo emettere una sentenza
di morte in via definitiva. Cionondimeno
lo fanno come in altre parti d'Ohiai dove
non cacciano via nessuno
che abbia qualche merito in saccoccia.
Hanno ucciso Socrate
quelli che non sapevano quel che facevano
credendosi chissà chè, erano sicari
che davano la morte credendo di non morire.
Per la giustizia siam tutti sullo stesso piano
e tutti di possibile derisione
dando una pacca sulla panza
come per sentir se è vuota o poco piena.
Nel mondo della carne concreta comanda
lo spirito ascetico in un cielo di assurdità.
Non si pensa se non si mangia, si beve e si defeca.
Un sorriso al giorno fa la persona lieta
di vivere. Purché sappia
ridere di se prima di ridere degli altri.
Le persone a modo – vegetariane o no -
vivono con lo scopo di cercare il meglio
e se non lo trovano lo producono.
E in ogni caso tacciono
come il credente davanti a Dio.
Ricordando il loro buon carattere
con cui semplicemente vissero.
Nessun peccato, né pena,
può essere scontato col denaro.
Nei pomeriggi d'estate col lieve sospiro del suolo
sento l'ombra quieta e discreta
delle mie donne avvicinarsi come una volta
alla finestra tra il moto delle tende
senza la solennità delle anime
che vogliono svelare la loro arcana
condizione guidando le sorelle nelle vie fiorite
e nei campi d'Irillai dove non hanno mai cavalcato.
Zenia, Manzela e Kikina, fotograte in sogno
da Predu Pilurzi dopo un bagno nel Cedrino.
L’adolescente è il famulus della mamma:
sistema la sua stanza per quattro soldi la settimana.
Lustra le scarpe del babbo che ti porta allo stadio.
Filize Tazeri va alla messa
se la mamma gli paga il cinema.
Chi confessa le sue pene si aspetta
che il confessore se ne faccia carico.
Ti porto al Cedrino, dice il babbo.
Tu vai a lumache. Oddio, odio i molluschi.
Preferisco la foresta di Farcana delle vergini janas
con gli occhi tondi come quelli della civetta
che addestrano alla magia
alle querce di Soloti, dove pascolano le capre
e pentole e tegami di rame
fanno musica appesi ai rami degli alberi.
Mangiar marmellata col mormorio della sorgente.
Trovato senza cercarlo il senso segreto della vita:
far sesso con la prepotenza delle proprie mani.
Conosciamo il percome e ci sfugge il perché:
pare che ognuno nasca, viva e muoia,
senza conoscerne il fine recondito,
senza sapere il perché.
Dai presupposti si tenta di arguire il fine.
La morte della mamma, è la somma
del sonno perso nelle notti insonni.
Trovo giusto e bello pregare
per la propria miseria e per quella altrui.
Non confondere, dicono in giro
chi non ha miseria ma alterigia.
Sempre povero chi muore prima del tempo.
Anche i loquaci tacciono in punto di morte.
Anche gli umili di cuore possono morire
con le gambe gonfie
come ai buoni gli si può seccare la lingua.
Non c’è scelta tra il sollievo che dà la morte
e la morfina che blandisce il dolore.
C’è chi tanto briga che poi muore davanti al medico
senza viatico, senza conforto e povero in canna.
E da vivo prendeva la comunione
come se fosse l’ultima canna.
La morte divide e impera.
Il clero ovvero quelli della materia prima -
povero il Dio se si affida a questi portavoce
È sacrosanto che ogni testa esprima un voto.
Il fatto più grande e più bello
avviene nella democrazia repubblicana
quando tutte le persone hanno uguale valore
dentro la solennità dell'urna
che poi una persona sia ricca e incensurata
e un'altra ignorante e capricciosa
ha una importanza che dipende dalla capacità
di persuasione, convinzione e attrazione
delle forze in competizione
Sublime sarebbe avere Leggi che le intenda chiare
chi sa leggere e scrivere, contare, pesare e misurare
Che le notizie diffuse siano concrete e verosimili
come i fatti certi e non vari pettegolezzi
si maligni con la lingua affilata da nuovi verbi
su vaghi effeminati con camicie a maniche larghe
e femine masculine con tuniche orlate d'oro
come papi esorcisti famelici come gabbiani
che parlano per aver più belle le tombe
e pronti a citare gli architetti in tribunale
e negare loro l'accesso in paradiso
di loro siam fieri, della loro armata loquacità
e della cura con cui difendono loro interessi
Noi non desideriamo avere leader laconici
li vogliamo barzellettieri,
guerrieri e scemotti minacciosi
L'aforisma è una frase breve ma precisina
di poche parole ben dette che alludono al risparmio
o un corto verso benedetto e più umile di una strofa
Filize Tanake, capopopolo della millenaria Baronia
che usò la sua forza per proteggersi
dagli invasori montani e marinari
che se ne infischiavano dell’infallibilità papale
ha da vecchio meno stima di sé
di quanto ne ebbe in gioventù.
Egli nacque col permesso di Dio di adirarsi
quando gli vanno male le cose del mondo.
Bisogna obbedire al papa
che non manipola le viscere del Signore.
Lo spirito santo ispira il papa,
ovvero il papa è tale perché ispirato
dal santo spirito che collega il mondo a Dio.
Con la fede intanto si subbuglia la marmaglia
e si aizza la canaglia.
Quando gli dei giocano con gli umani,
gli uomini fan certe burle con Dio.
Viva le belle cerimonie ufficiali
monarchie monarchiche e vaticane
repubblicane e sportive
Mentre ogni estate divampa il fuoco
nella Serra Montana e se ne sente nel Corso
e nelle osterie il crepitar del lentisco
e del leccio e la cenere vola sulle ali degli uccelli
e si posa sulle vetrine e sulle tombe con grandi foto
da rotocalco dei morti che hanno già avuto e dato
e come tutti i nati potevano morire in qualsiasi momento
e in ogni luogo della terra abitata
da gentili pagani e cristiani della mite e felice Baronia.
Quella stessa cenere dell’incendio estivo
che vola col vento infuocato, copre a Irillai
gli oscuri segreti dei vecchi del Kontone Ballaloi
ridiventati giovani dalla loro matura età.
Io sono un guelfo per i ghibellini
e un ghibellino per i guelfi. Erasmo
Mi sveglio con la curiosità di andare
in processione dietro il più beato
dei santi, anche a cavallo con la sua urna,
ho paura, ma niente di mistico.
In processione col santo
tutti han fame e mangiano
con gli occhi stralunati di chi
è colto in fallo a far colazione
con frattaglie pecorine.
Si mangia in fretta come se il latte
traboccasse sulla fiamma del fornello.
Il vecchio priore scende da cavallo
e mette una collana d’oro al santo
dicendogli sottovoce che l’uccello
della notte anticipa il canto del gallo.
Mio buon san Francesco, dacci il pane quotidiano.
Non negarci il filindeu e il sanguinaccio.
Ne la carne cotta.
Mariapica (o gazza del monte)
col tuonare del cielo si rannicchiava
come un cagnolino aggrappato alle spalle di Zomaria
quando con lui andava a cavallo
fino al cortile del santuario.
Durante la novena molti digiunano
e quando dormono, sognano di morire affamati.
Alla religione la repubblica dello spirito
Alla politica la sostanza degli affari sociali
Sbadiglia nella garitta una sentinella sugli spalti
del vecchio carcere
e quando vede la moglie che lo saluta dalla strada
si ricorda che finito il servizio deve andare
a ballare, a danzare come l’ape sul fiore, dice lei.
Processione di galeotti incatenati al Corso,
danza tra due ali di folla senza pentirsi
di averla fatta grossa, pronti per essere lapidati.
Rassegnati, bello mio, ai ferri corti dei ceppi.
Molti lo pensano e pochi lo dicono
di chi è causa di sventura.
Quando i giorni se ne sono andati
non c’è scarpa che non vada bene al piede.
Chi mette in piazza le sue pene cerca la compassione
dei rassegnati che nel cesso conoscono l’inferno.
Togliersi le corna di tasca e metterle
sul frontone di casa sguarnito
Sospendo il giudizio sul quel che non mi è chiaro
e non assolvo e non condanno
Molti hanno notato che solo gli zappatori ambidestri
non presentano differenze tra una spalla e l’altra
come invece succede a certi mancini
che nelle catene di montaggio esibiscono certi tic snobistici:
peraltro assenti nei tratti comuni dei braccianti baroniesi
e campidanesi né nei vignaioli greci e iberici
che, in parlamento, voterebbe contro il credito alla guerra
che danneggia le vigne, rovina le cantine e l’uva sulla tavola.
Caraecucu studia a fare il maestro di casa
nella casa che ha già un collerico padrone
di nome Bantoni Salamurja che non lascia
passar giorno senza parlare col diavolo
in pompa magna che vede solo lui.
Egli, e come lui tutti i compaesani d’Irillai
vorrebbe che il Parlamento fosse la più autorevole
istituzione delle Repubbliche Felici:
la Camera più alta e trasparente di ogni paese,
anche di quelli posti in riva al mare.
Foto di A. E.
mamma mia quanto somiglia a Diddinu Palighetta
Così i contadini della soave Baronia,
abbandonano con molti e dolci figli
e pochi bagagli, i luoghi natii per mettere
radici nel sogno della città futura
che bisogna non di Cesari dilettanti e burattini,
ma di una classe politica competente
onesta ed efficiente dove gli dei influenti
scelgono i più spavaldi parvenu
tra sfrenate moltitudini di braccia concorrenti
per farne i migliori più abili e pietosi
nel bene e nel male, nella libera crescita d’Irillai
dalla Madonna del Monte alla Madonna di Gonare:
quella gran terra in possesso di pochi proprietari
particolarmente nervosi nelle strade di campagna.
Ohiai è un piccolo paese di cristiani uguali
tra i monti del centro dell’Isola terra di molti ovili,
di pastori erranti e greggi meditabonde
che non ha una scuola dove i maestri insegnino
agli alunni senza proprietà a far come gli agiati
cerimoniosi e cerimonieri attirati come mosche
dai nuovi e sempre più grandi centri commerciali
che mostrano gli affari del mondo, tanto a pezzo
e a basso prezzo.
Kikina Carai la perla d’Irillai, nasce a Orosei
sulla costa del mar Tirreno per captare i sussurri
dell’universo, i sospiri delle stelle
gli spasmi dei pianeti e i brontolii dei satelliti.
Gli viene diagnosticata una semplice facilità al sorriso.
Studia da maestra elementare e si diploma
a Nuoro dove conosce Nino Nuzola nato a Tonara
col giunto sopraccigliare a grondaia
e gli occhi come lo sbadiglio di una stella fissa
che la presenta in famiglia come compagna di studi.
Kikina si abilita e fa la supplente, corregge
i primi compiti con il lapis e a viva voce
compone poesie e vorrebbe pubblicarle
nei fogli locali libere intuizioni sul folclore
dell’interno che si esibisce in costa.
Nino Nuzola abbandona gli studi superiori
e vende torrone a ogni occasione.
Così tira a campare e si sposa con Kikina.
Muore la più vecchia maestra della scuola
e Kichina ha il posto fisso e il marito ambulante.
Kichina vorrebbe dire due o tre parole
sulla tomba della vecchia maestra.
Nino gli dice che c’è ben poco da commemorare:
prima o poi capita a tutti.
Un’ultima conversazione, da maestra a maestra.
Non c’è nell’aria nulla di straordinario,
anche se fanno amicizia con i vicini
di casa e vanno assieme al mare la domenica.
Kichina vorrebbe scrivere delle nuove idee
sulla scuola ma Nino la dissuade perché
vorrebbe fare un bambino da mandare al liceo.
Mimiu studierà più di quanto non abbia fatto
io e sarà l’orgoglio della mamma.
L’azzoppo, dice in giro, se si azzarda a farsi prete.
Studierà pedagogia e farà il direttore didattico.
Il direttore di Kichina gli rimprovera
di essersi legata a un ambulante
che fa, vende e mangia torrone di Tonara.
Nino manda a casa cartoline da ogni sagra paesana
dimostrando di saper scrivere e far di conto
quanto il direttore che scrive lettere
minute tutte uguali e poesia con quattro
parole in croce senza brace per le castagne.
Kichina inizia l’incarnazione di Mimiu
se il seme attecchirà sarà avviata la gestazione.
Un nubifragio si abbatte su Nuoro
e abbatte anche i ponti della Baronia.
L’alluvione si porta via la bancarella di Nino Nuzola
che scappa dalla Baronia e si rifugia a Tonara.
Il direttore di Kichina è nominato d’imperio
- assessore che non dorme mai - all’istruzione
dice lui, e sospende Kichina perché si sta facendo
un figlio senza averlo chiesto prima a lui
che ne ha fatti tre con la moglie.
Nino gli manda mezzo kilo di torrone avariato,
di noccioline americane sputate dai vecchi
imprenditori al fresco nell’ospizio comunale.
Nino conosce quelli del giro del torrone.
Anche Kichina passa l’estate a Tonara,
nasce Mimiu e può riprendere l’insegnamento.
Nino compra un bosco di nocciole
e Kichina una barca
a remi dove il Cedrino sbocca nel Tirreno.
Gli svizzeri comprano Gonone.
I greci le grotte dei cavalli
di Poseidone dove cala la Luna.
Nino Nuzola investe sulla porta di casa
il direttore assessore della moglie
processato e condannato, gli ritirano
la patente e la passano a Kichina Carai
la perla d’Irillai
Mentre in Nino nasce una invincibile
passione per le contumelie.
All’alba del sedici agosto
senza che alcun ordigno nucleare deflagrasse
la terra si squarciò, come un’anguria matura
dall'albero, nel canale di Lucula fino al mare
e mostrò un enorme abisso tellurico
come se si stesse dividendo in due parti
da una parte il fuoco e dall’altra
l’acqua che invadendo il varco
portò tante anguille deliranti e tante trote-
relle deliziose affatto sorprese dalla novità
e nello squarcio infuocato si videro
tanti spiedi di vitello e di succoso manzo
e si sentì il respiro vigoroso
di una enorme fisarmonica:
il globo respirava col suo mantice
e scoperchiava i tetti delle case di Baronia
le denudava mostrando pile di pane carasau
e da carasare e forme di cacio belle
come le parole d’amore e dolci
come il canto dell’usignolo.
E tossì la terra e tutti gli animali
e l’umanità della pianura si mise a tossire
e le donne a singhiozzare poiché erano
predilette e investite di signoria dalla natura,
singhiozzavano anche i preti che scandagliavano
il cielo del Signore quando si vide
una cittadina alla foce del Cedrino
che pareva un pollaio aperto alle genti
e come in uno specchio apparve Mariapica -
che temeva la morte e credeva nei sogni
e nel malocchio ma metteva un po’ di sale
sulla carne dava i funghi ad assaggiare
al gatto e non sputava mai tanto era certa
che Iddio avrebbe salvato il mondo -
che al coperto del lavatoio comunale
lavava la biancheria di Zomaria
e si vide bene il grosso neo che aveva
sulla guancia e lontano apparve
il tramonto a cavallo del sole e poi
la tenera luna e la notte rimboccò le coltri
al mondo e il profumo del vino
si sparse da Marreri all’Argentina
dove comprano un orologio all’anno
e che ne faranno adesso che la terra
si sfalda come un cocomero caduto dal tavolo?
Appena nato piansi d’allegria
– dopo aver per anni taciuto -
per ritrovarmi – reduce - a casa mia
tra la gente più indulgente del mondo
in ansia per me illuso da certe voci
di venire alla luce in riva al mare a Gonone
dove stupidamente credevo che remassero
i miei che da dieci anni aspettavano
fiduciosi e impazienti la mia presenza
dicendo sfacciatamente in giro che eravano
in corrispondenza dopo chissà
quanto tempo che non ci vedevamo
ed io non sapevo neppure che essi
– i miei - si erano sposati.
Ora sei qui, mi dissero. Ridi e piangi,
esisti; avrai delle vitamine col latte.
E vino, aggiunse il babbo per farmi sorridere.
Da domani farò affidamento sulla mia compagnia.
Non l’affiderò a nessuno
che dello spirito faccia una bandiera.
Né a chi rievoca colpe, né a chi le interra.
Darò le spalle a chi ha educato e vorrà rieducare.
Diffiderò anche della penicillina,
ma non delle mie passate amiche
che han lasciato ben visibile la loro traccia
e mai han fumato per vizio dopo il caffè.
Se d’ora in poi avrò tempo,
dovrò rinunciare all’amicizia
di quanti dicono che la guerra
non potrà rinunciare a noi
che siamo belligeranti dal primo quarto d’ora
del tempo di inizio.
Posto che di me possano fare un’innocua spia,
non ho spirito bellico e amo vivere
voterò contro l’annessione di una qualsiasi
manciata di terra altrui:
voglio essere seppellito in piedi,
per occupare meno terra
anche se temo i sottomarini e i grattacieli
dove finisce il fumo della cremazione.
Se avrò tempo voglio avere anche pace:
rinuncio fin d’ora a ogni contesa
meglio in piedi sotto la luna
e la testa sotto la stella polare.
Si assopì e dormi più a lungo della notte.
E lo chiamarono ai giochi dei lunghi pomeriggi
di luglio sempre simili negli anni,
e non volle venire.
Il tavolo si riempì di frutta per la merenda
volteggiò una mosca in ricognizione
dettero una voce nella pergola, qualcuno
urtò una sedia ma dal sonno non si destò
e nessuno disse nulla riguardo alla cena.
Da ciò sorsero i primi timori.
Poi qualcuno parlò di uno straniero
che si accasciò nel tavolo dell’osteria
di Zomaria Zigottu e si dimenticò di svegliarsi
senza aver pagato il suo quarto di vino.
Ha scelto di morire prima di bere il vino
che forse diventerà aceto.
Per tutti è così: si lasciano sempre
certe cose in sospeso, un cruccio,
un numero al lotto, un sogno dove
non si sa dove sei la stessa paralisi
colpisce a metà e il calvario completa l’opera.
Della morte implacabile si tratta
che arriva senza turbare una foglia
che cade a terra come un bacio
soave in una camera ammobiliata.
Essa viene giù dalla foresta di Farcana
ospite di Mariapica la regina delle janas
con gli occhi tondi come le vergini civette
che si allenano nella notte a cacciar sorci
come nel primitivo stato della natura
incontaminata e se non lo è si rigenera.
I sentieri della foresta di Farcana
conducono gli eclettici e i versatili
alla sorgente dell’acqua che con la digestione
stimola la riflessione e concilia i nemici
di lunga data che non chiedono risarcimenti.
Siedono sulla pietra e spaziano
oltre confine sulle tracce del pensiero
che ai pedanti nasconda l’ubicazione
delle cose lontane ma sempre
a portata di mano e si entusiasma
come per la baraonda del carnevale
e l'ordine crociato salvezza del redentore.
A Ohiai l’atmosfera muta di anno in anno.
Nel calendario, ordine cronologico dell’anno.
La trama: il pro e il contro.
Viva gli animi costanti dell’anno
che non cercano premi nè pene
col pensiero che stanco
per la fatica di ciò che non gli confà
si riposa con i sogni di quelli che pensano
a tutto e sanno di tutto
Così sotto la luna sorse nell’oscurità
del tempo andato via, la setta degli Afframicaos.
A Irillai si va matti tutto l’anno per il vitello
che non sia rubato né comprato né pre prestato,
che assaggia la prima erba e succhia l’ultimo latte.
A Ohiai ridono da soli per il manzo
con la coda che poi non mangia nessuno
perché è difficile da scuoiare.
A Lucula per l’agnello bianco che cotto
non ha colore ringraziano la luna.
A Farcana per il capretto
che non ha la lingua colorata
ma sa di salvia lo offrono alle janas
che escono la notte con i lumini accesi
per addestrare le civette a cui si ispirano
come le monache alla Madonna di Gonare.
A Marreri per il porcetto che sta in piedi
guadano più volte l’acqua che scorre sotto il ponte.
Da Zigottu per il cacio con i vermi saltellanti
si beve quel bicchiere di troppo che fa cadere supini.
A su Contone per gli spaghetti al dente
si piantano le carte sul tavolo.
All’asilo e all’ospizio per il caffelatte
dolce con lo zabaione e i biscotti al miele
cola la bava dalla bocca aperta.
Al Cantone Ballaloi i vecchi savi
si spacciano per assennati con il vino nuovo.
All’ospedale dopo gli inevitabili clisteri
allietano i fortunati con la moda
dei pesci salati, aringhe e sardelle.
Al corso dei bottegai si azzuffano per i salatini.
In piazza Samuel Istoki le favette
al lardo dorato placano ogni subbuglio.
A su connotu sanguinaccio del primo agnello
della pecora ripetono la rivolta sacrosanta.
L’Isola Autentica corre a cavallo
dalla Giara al Campidano e neri spettri
rapiscono le fanciulle di Donn’Elène
che ha diviso l’eredità alle figlie in parti uguali
come le guance belle delle spose di Ohiai
in costume, ai calori di sant’Anna
e le carezza il vento nei ginecei, la notte
con la luna quando frusciano i salici
al Cantaro Fresco e veglia alla porta
il Bue Mansueto che ogni tanto si bagna
le labbra con la lingua e il bovaro soave,
soave soffia il Piffero di canna sulle sponde
del Cedrino mentre all’alba
spuntano i gigli e cantano gli usignoli
così innamorati del folclore come tanti
suonatori di Launeddhas a ferragosto.
Zenia, merlettaia d’Irillai, rosa autentica
della provincia d’Ohiai e Baronia,
dove ogni fine mese c’è l’affitto da pagare (1°)
sposò, in mucadore e con bianca blusa col pizzo,
Zomaria - prima tegola del Contone Ballalloi
che nulla di meno s’aspettava della sua giusta
parte di quel che il giorno riserva alla gente,
Zomaria - sempre perfetto in tutto
perché inventore della tegola d’Irillai
che in maniche di camicia creò il prototipo
con l’argilla della cava di Dorgali
per esser piena di sé e di lui;
lo sposò seguendo le orme dei desideri
che così consigliarono anche l’amor di lui
che dentro il corpo era pieno di sé
e lei non si ingannava; eran belli e sani
e contavano di saper vivere con i beni
dell’aria che principia la vita,
con l’acqua che alla vita dà conferma,
col calore che riproduce la vita,
con la terra che vita accoglie per sempre;
si sposarono in chiesa e chi volle fu perplesso
ma gli altri festeggiarono con canti e tanti balli
e vino che da migliaia d’anni
riduce in polvere il sobrio che lo beve di gusto
a ciò vale la storia di Semele che resa gravida
dal Dio viene cacciata di casa
e partorì un santo figliolo che dall’uva trasse
il vino e ne fece dono alle genti,
poi avvenne che un nipote di Semele diventò re
e volle proibire la sublime bevanda
e mentre le donne della casa reale
rovesciavano le botti piene in strada
assaggiarono il vino e lo trovarono gradevole
e pentite dell’azione sconsiderata
diedero addosso al re a cominciare dalla madre
sorella di Semele così il figliol di Dio
ridusse a brandelli quella scanzonata famiglia
che aveva cacciato via di casa la mamma
così di malo modo che morì di parto
per aver visto il Dio Impareggiabile Autore di Delizia.
Ciò avvenne prima dell’epoca del 3° Nuraghe,
quando la terra eclissò la luna e Zuanchinu III,
che da poco aveva aperto la Porta d’Isporosile
dove corre l’acqua del monte e delle conce
e lui col maestoso aspetto di san Pietro
prendeva al laccio volpi e tortorelle,
cinghiali e capitoni e si prodigò
nella più solenne delle bevute d’Irillai
a cui presero parte anche le donne pie
e le vergini figlie femmine
- (1°) Molti animali pagano con la pelle
l’affitto della casa all'aperto
e da ciò la chiocciola timorosa prese
l’abitudine di chiudersi dentro
ogni fine mese
Il foglio settimanale d’Ohiai, S’Ebba è Nadale
per alcuni
(dove tutti ci conosciamo come don Zancheta
conosce e riconosce i suoi innumerevoli compari)
il Gennargentu per altri nome del vento
che percuote gli alberi e corre a perdifiato
per le vie d’Irillai dal Muraglione dove c’è il Museo
del Muratore Mandrone e del Maniscalco alla piazza,
Annicru Istochino, tredicesimo dei savi vestiti
di panno e tela, del Cantone fino alla casa del popolo
dove degli avari non tengon conto i calzolai
al palazzo municipale, alla facciata del comune
alle colonne della prefettura, alla piazza
delle Chiese a quelle dei fiori,
a quelle del Campo e del Mercato
dove si affacciano case e negozi di bottegai sedentari
e negozianti con vista d’uccello, bancarelle di ambulanti
e bettole dove i puliti sono eleganti
ogni domenica sia d’estate
come i falegnami lo sono d’inverno,
come carpentieri al Bosco di Borbore
dove ci si riposa quando si è stanchi
come buoi alla macina, alla Selva di Soloti,
il poggio boschivo d’Ohiai solcato
dal sentiero del leccio fino alla fonte
di Mamea Malaitu della Foresta di Farcana
dove la notte fa comune la proprietà
col silenzio del girovago e l’eloquenza dell’ambulante
vedi e taci, sogna e racconta, al ponte di Mastrefe
sul Cedrino dove saltano a branchi i porci,
alla stazione del Tirso dove la mattina si è sobri
e la sera si corre a cavallo, alla cantoniera
di Corr’è Boe dove si resiste all’ira
e si piangono i morti alla riva del mare
d’Orosei dove il carnevale è per le maschere
alla spiaggia di Gonone dove non si fa elemosina
a chi la chiede e non si scambia
l’olio d’oliva con quello di lentisco
ma si fa omaggio di fave e fagioli e carne
di porco al sindaco Zuanchinu E.Remitanu
maresciallo a cavallo dei Barazelos delle tanche
e dei prati del comunale, giudice del moscatello
e della vernaza, ortocultore del cavolo
e della cipolla della melanzana e del piersemolo,
coglitore del melograno e del Fico Maturo,
del mandorlo a cucuia e della noce,
generale con la spada di ferula
e lo scudo di sughero, di formaggio
e gallina, di mattone e calcina
dispiace, si sa, andar via da dove si sta
in amicizia dove Dio elargisce ai cristiani
le sue creazioni e se ha ben fatto
la terra, il cielo e il mare
ha fatto anche i miei ricordi
che danno ordine ai miei incerti passi
ora da vecchio comincio a soffiare
un piffero vuoto poiché sento
venir meno la vigoria e siedo spesso
accanto a un albero d’alloro...
Le Janas di Farcana e Soloti cantano e danzano
nei sogni di Pilurzi e nelle considerazioni
- di un autore anonimo -
sulla natura dell'individuo di Ohiai Benimindhe.
"Kant, nel deplorare la vecchiaia, diceva che una persona di buona volontà si trova costretta a evitare la gente a causa di una crescente disillusione per la specie. Sono veramente poche le persone che non deludono le nostre aspettative.”
Tziu Pep'Antoni, il più longevo d’Ohiai,
il primo che dalla dolce e soave Baronia
s'incamminò a occidente nella giusta direzione
e si fermò a Irillai.
Dietro venivano Mariapica, Zenia e Zomaria.
Altri ancora seguirono.
Lui non ha mai fatto un giro di carte in vita sua.
Nemmeno un solitario nel gineceo di donn’Elène,
così accorta e riflessiva quando indossa
vestiti rosso violenti, gioielli d’oro
e i capelli legati con nastri porporini.
Davvero accorta, bella e riflessiva.
Lei coltivava i suoi fiori e amava vedervi
gli uccellini posare nei vasi
e dar loro le briciole nei giorni magri.
Era lei che tosava e radeva il marito
Nichele Minghinu, che aveva l’orecchio mozzato
da un topo. Un giorno liberò
un canarino in gabbia e il gatto di casa
pianse dal riso per quella concessione.
Dopo la batosta di Ettore
– gli confidò un pomeriggio Pepp'antoni -
ogni generale che si arrende cede la sua spada
per conservare in vita la sua viltà.
I coraggiosi si uccidono; per non cedere il valore.
La morte non ha niente da nascondere.
Donn’Elène morì ammazzata in casa sua;
trafficava in lettere minatorie.
Due fucilate al seno senza nemmeno un bah.
Consegnava missive che certi amici
di famiglia solevano far recapitare in casa
di facoltosi compaesani che sovente
andavano svagati in luoghi a rischio
di malversazione. Pregiatissimo compaesano,
abbi tu la bontà di partecipare come puoi
ai tristi bisogni dello sfortunato
Samuel Istoki, che deve pagare l’avvocato
per la difesa delle disgrazie con la giustizia.
Sentitamente ti ringrazio per tempo,
tuo Samuel decorato al valor militare.
Si disse che donn’Elène intascò
di sfuggita una parte della parcella.
Pagò così sulla porta di casa l’appropriazione indebita.
Fece tanto male da non poter far peggio
il diffamatore che serpeggia nelle file agli sportelli
e lungo i binari della stazione d'Ohiai Benimindhe
da dove trotta la littorina Luziferru
che porta la luce a occidente
carica di malepeggio e di meglio
e ancora più con qualche briccone
che gioca di prestigio a carte e racimola
il costo del viaggio.
Si è soliti dire che il migliore arriva prima.
Forse importa arrivare.
Sui vagoni di Luziferru non accade nulla
che non sia già accaduto anche altrove.
La novità è risaputa dai saccenti.
Il briccone della littorina ama se stesso
e non disprezza nessuno.
Prima avrebbe rubato un bue
per scuoiarlo nella foresta di Farcana.
Poi avrebbe preso un motorino
per rientrare a Oniferi e venderlo a pezzi.
Ora cattivo più del babbo c'è Jago. Di malinpeggio.
Per due lire scassa il comò che vale di più.
Fai solo quel che vorresti ti sia fatto.
Non fare la spia.
Non spingere sul treno per arrivar prima.
Non dir quelle parole che dette a te
dispiacerebbero.
Fai come se nessun'altro possa fare meglio di te.
Fai in modo che Dio si serva del tuo esempio
per giudicare tutti gli altri.
Tu sei il metro universale che misura l'alto e il basso.
Pensa a san Francesco di Lula e di Assisi,
fai che sia contento di te
e ti faccia priore delle sue feste
e nessun'altro fuori norma lo sarà.
Ti faresti del male? no.
Non davanti ai bambini che copiano
e da innocenti se ne infischiano della bontà.
Riducono i grandi a burattini.
Infatti, a detta di qualcuno,
c'è sempre stato nel tempo
un sotterraneo malumore nello spazio
tra Irillai e Seuna.
Così gli antichi della Baronia,
per quanto riguarda il paese.
L'uomo ha l'uomo che fa dispetti.
Non la donna. In lei riluce l'oro.
Gli uni avevano occhi grandi
come i pascoli fuori porta
gli altri avevano gli orti sotto casa,
altrettanti non avevano nulla
e stavano nel mezzo, certi con timore,
altri con speranza e sorrisi senza piagnistei.
Tra meglio e peggio ci si accorda.
Raggiunta l'intesa, ognuno giura di rispettarla.
Osservarla è un dovere riservato ai giusti
del Cantone Ballaloi.
Pastori, contadini e marinai, conoscono il cielo
notturno più dei preti ambulanti,
dei barbieri stanziali e dei bottegai di quartiere.
Giusto chi ha paura, delle volte la libera sotto.
Diecu Timecaca che una volta senti graffiare
dentro una bara…Daniele Delatore.
Il becchino ripugnante
che strizzava il capezzolo ai ragazzini.
A,
Sono i figli che danno spago ai viaggi delle cicogne:
infatti i minchioni trovano ridicolo
che anche i genitori abbian fatto l'amore.
Son quei figli che da piccoli piangevano
con la ragione di Merzioro che con la cinghia
che domava ogni ribellione dei figli
con quella cinghia di cuoio
che gli sosteneva anche i calzoni.
B,
Gaetanu Mozzicone? Tocca più soldi lui
nel giro di una sera
che tre padri di famiglia numerosa
messi insieme in un anno.
Cos'è più naturale: un infarto in ospedale
o morir di sete durante un temporale?
Nell'ombra di Borbore si riconciliano le genti d'Irillai:
all'ombra dell'ultima lite.
Prese parte alla zuffa per se e con se.
Non c'è pelle senza costato,
la struttura che la sorregge.
Aperta una nuova via alle frattaglie
con una leppa da scortichino.
Perforato il diaframma. Ragione di ogni briga
aver ragione per forza.
Anche i cani ne avranno parte,
disse dopo aver addentato il fegato crudo
ma tiepido da temperatura corporea
e sanguinante come il cuore di Gesù:
l'invisibile struttura che sorregge il creato.
Il dolore venne al seguito della paura iniziale.
All'inizio della rissa cedono le speranze.
Le cattive abitudini son la legge degli screanzati.
Le buone abitudini passano di padre in figlio.
Che piacere sarà mai infilzare un cristiano.
Legge della vita veder i propri simili morire.
Togliere quel che la prodiga natura ha dato.
Bell'affare quando brigano i burattini
senza che il semidio ne tiri i fili.
Ragione del semidio:
lasciar fare gli innocui e gli scannatori.
Ai brigantini ci pensi Dio:
che non finiscano tra i barazelos.
Il tempo cambia ogni cosa e non sempre per il meglio.
La cometa che ci guida nella notte buia
Medea la bella, la buona, la brava.
L'origine di Irillai è nascosta dal brutto
tempo che ha causato il Diluvio.
Dalla brutalità del clima invernale.
L'Isola di Ohiai è fatta per l'estate,
quando le massaie sarde colorano
il capretto in umido con lo zafferano.
Bell'è buona la cassola per chi non ha fatto la guerra.
I ciclopi han fatto i nuraghi distrutti dal diluvio.
Li rifaranno in collina contro il tempo inclemente.
I ciclopi da collina vivon da cugini e non da fratelli.
Dediti all'opera senz'amor di femmina.
Ad ogni incontro se le suonano per abitudine.
Si menano in comune, da buoni fratelli.
Come dalla comunità sa conza de Irillai:
Mastrone Risulanu a sa braza.
Nati col sorriso in bocca, ai ciclopi d'Irillai
son peculiari le botte.
Irillai di notte si allarga fino a diventare Ohiai.
Il riso dei sardi.
Leggi e usanze della Baronia
valgono anche nel Campidano.
La buona creanza si addice al Logudoro
dove le suocere non sparano alle spalle.
Carta del Logudoro dei giudici di Ozieri
per la tribù dei pastori stanziali e sedentari.
I ciclopi d'Irillai non hanno norme.
La comunità degli infelici ospita di necessità
chiunque finisca tra di loro.
I paesani ordinari e ben educati gradiscono avere
beni e onori in ugual misura che virtù e amori.
Cercano di accudire a tutto,
dimenticando sempre qualcosa.
Non uno ma due buoi a tirare il carro.
Muzzuboe e Mazzameo.
Sull'erta del bosco di Borbore,
Balente sostituì Molente alla guida del carro
che riportava in paese due innamorati suicidi.
Amore eterno come il tempo invisibile
che penetra come l'estro bovino.
Il tempo ci sarà finchè l'uomo lo conterà.
Non uno senza l'altro. Bue al bue.
Una moglie al valente bovaro.
Certe cose si fanno in due:
che uno sia caro all'altro.
Ligio all'amore coniugale,
ribelle al dolore intercostale.
Un bue non tira il carro, due lo fanno volare.
Il cielo. Lo sguardo segreto degli angeli
del paradiso celeste come il mare
il primo peccato: bere
La pietra del Kontone Ballaloi
è la pietra di paragone d'Irillai: fa l'angolo giusto.
Inserita da Zuanchinu nell'anno uno del primo nuraghe.
Ogni angolo di casa ha da essere così.
Chi passa al Kontone si ferma e si gratta.
Nessuno conserva durevoli segreti:
in paese ognuno sa dell'altro.
Effetto città. Nella metropoli
tassisti e postini conoscono i vicoli chiusi.
Roma e Orosei li hanno aboliti:
meglio i viali alberati.
Sensi unici e doppi parcheggi.
Nei condomini moderni non ci si conosce;
nei vecchi cortili si scambiavano i piatti unici
Fluttuava nel cielo, un mite lunedì di pasqua
- civettando la luna con le stelle -
senza aver nulla da fare.
Se ne stavano a cavalcioni sul Muraglione d'Irillai
come il passato che non ritorna più
e l'avvenire in ritardo sull'arrivo
i vecchi del Cantone Ballaloi,
che tra una pensione e l'altra
danno un tono alla vecchiaia
Stava bene sottoterra
dopo aver preso commiato dalla guerra.
Diceva vado,
ma dalla porta indecisa non si allontanava.
Così i vecchi del Cantone Ballaloi, incalzati dal tempo
che impone il suo rigore alla vecchiaia
giunta col passo lieve
dell'ospite che non vuole disturbare
si dicono addio quando si separano la sera.
Con l’agitazione degli spiriti i tempi si fanno spiritosi.
Secolo iracondo quello di Calvino che brucia Serveto.
Arrosto morto, due ore di cottura.
Secoli spiritosi quelli dei preti mangiatori di spezie
che castravano i bambini contro la raucedine.
Lo spirito si abitua al clima
come il tempo alla geografia.
Arcano Apostolo, noto Lubrè
nelle palme del Campidano
nato senza scalpore tra mattino e sera
dieci anni di ricovero nell’ospedale dei clisteri.
Mago e idolo d’Irillai col terrore della morte;
non si curava del futuro perché non sapeva
se avrebbe passato la notte.
Dava del voi a Dio sull’altare
tra alti fusti e campi di bocce.
Il sanatorio dei mangioni
che sprecano le mele e le arance.
Il rispetto dovuto al padre.
Ogni giorno è solenne per lui.
Don Zancheta gli stava vicino
come un farmaco sul comodino.
Cacciava gli uccelli dalle vigne del padre.
La madre mentre spirava gli disse:
Vai in ospedale e curati.
Se avrai sorte vivrai.
Attento alle male lingue e al malocchio.
Se avrai sorte e un’infermiera
si innamorerà di te, sposala.
Ha il posto fisso e tu bisogni di cure.
Apostolo Arcano, così buono
che si sedeva senza far violenza al mondo.
Invecchiando diventò uno scalmanato
e si affogò sotto il ponte di Lucula.
Dopo la caccia alla strega – braccio mortale del diavolo –
il combattente si vanta delle atrocità
(carne viva sul rogo)
commesse per la santa causa.
Poi siede al tavolo della regina col tovagliolo
al collo come un lattante col bavaglino.
Le belle maniere imposte dalla mamma
a tavola: usare le mani come una penna.
Che i tuoi abiti siano i costumi più belli del mondo.
Usi e costumi.
Cambiano come le scarpe e le cravatte.
Gli usi migliori durano di più nel tempo.
Come i sandali e gli antichi costumi.
Obbedienti al piede come il collo alla cravatta.
Male e bene sono nati col giorno e con la notte:
autore il Dio dell’esordio con la materia prima:
la sostanza del bene e del male.
Con l’esordio di Dio s’avvia il tempo.
Egli esisteva nello spazio, collezionava valori e virtù.
Gli inquieti oltre le siepi non sentivano la sua voce.
Così Caifa col suocero e da preti
processarono il figlio innocente.
Sordi al nuovo linguaggio. Gli idoli tacciono.
Come i grandi di Irillai che hanno ucciso qualcuno.
Tutti sanno e nessuno ricorda.
Una voce a sa Conza e una i sa Braza de Irillai.
Là, dove corre l’acqua. Il resto è nulla.
Più d'una voce per strada, eh, Ghirtalè!
Suono noto, sonorità familiare.
Voce di popolo. Già sentita.
Ritorno di voce per molto tempo lontana.
Voci di strada, tante ne dice quante ne sente.
Fenice Felis, voce di paese, Felice.
Ballerino del Redentore che la vince sul male.
Scarpe sul selciato che conoscon la calcina.
Fatto soldi con la muratura.
Scalzo da bambino. Un tempo povero come tanti.
Testa pulita e profumata.
Il bello è compagno della donna bella
con le vesti succinte.
Buon marito con la testa a posto.
E profumata. Vive nel parere degli altri.
Son colui che vive in voi.
Mostro quel che credo sia per voi uguale.
Sempre innamorato.
Nulla dura così costante nel tempo.
Se la mangiava con gli occhi
come un intonaco ben riuscito.
Uno come Samuel Istoki non è mai fuori moda
viene dalle pieghe del tempo,
dal '700 d'Ohiai al Contone Ballaloi.
Appartiene al destino dei Giusti
che vivono nella memoria.
Conosceva i suoi giorni.
Stavano tutti nel guscio di una nocciola.
Biografo di se stesso. Nicola Nuzola.
Colui che è rimasto in piedi.
Il peggio non è mai passato.
Con la fermezza di chi si ribella col sorriso.
Bello come quel che dura nel tempo.
Quel che non succederà sta accadendo.
In ogni momento accade l'impensato.
Sa Dio per quali leggi Samuele si comportasse così.
Se la prendeva con gli altri per darsi ragione.
Le regole del mattino non valgono la sera.
Rosmarino a profumare il camposanto.
Anche Dio sente il bisogno di mostrarsi.
Il Superiore. E far barriera.
Dio è in realtà l'Indipendente in congedo.
Traccia di rosmarino, una vena di confidenza.
A Irillai dopo il terzo canto del primo gallo,
l'allodola si leva in volo
e se ne va verso il rivo di Marreri
dove l'aspetta chi sa di lei.
Dove spunta lieto il giglio di campo e matura il fico
per il vecchio che si sveglia al mattino
e da il benvenuto ai giovani amori.
Il demonio fattore del male, si annida in noi.
Per quali motivi vallo a capire.
L'esser solo o in cattiva compagnia.
Non pensare a nulla, puzza.
Sienzia, aver scienza di se.
Nel campo fiorito e nel corso affollato.
Lo specchio del prossimo.
Per più di una volta si sentì sospeso
come un ragno al filo della sua vita.
Senza pensare a quel che c'è dall'altra parte
senz'aria, senza mondo d'affari in comune.
Senza il pianto e il riso di Ohiai.
Senza l'amore dei giovani e l'amicizia dei vecchi.
Senza il volo degli uccelli e il canto dei solitari.
L'impiegata del municipio che occupa lo sportello.
Non senza il coraggio di chi viene
dalla periferia di Ohiai.
Donna e, tra l'altro, femmina.
So di molti che sanno di me.
Mi taglierei l'unghia del dito
per conoscerla nell'intimo.
Martellata sulle mani.
La riconoscenza come tratto distintivo.
Credo in loro tre per quel che sono state per me.
Voglio esser fedele al loro ricordo.
Ciò che si intende per aver voluto bene:
le parole della mamma, le cose sorelle,
la novità del connubio con l'unione.
La vita è il percorso di colui
che cerca il suo posto.
Quel che separa una cosa dall'altra.
Bandiva la tristezza da ogni suo passo.
Non mi va di essere naturalmente triste.
Non mi va di farlo apposta.
Diciott'anni geometra, lui Zomaria,
del paese degli zoppi dal piede storto
come Edipo, zoppa più d'una volpe,
lei Zenia, da sempre corsicana amante
del canto a chitarra, uniti dal destino
nello stretto di Bonifacio il Balbuziente.
Desiderio della femmina e far prole in casa
a misura di coppia senza polvere
da aspirare dal mobilio.
Nacque Mimiu a fine mese come Gesù
e somigliava al nonno almeno di nome.
In ultimo è sempre una donna
che aiuta la femmina a partorire.
Tutto normale anche se nessuno l'ha pesato.
I dolori del parto son tinti d'oro, nella sicura Ohiai.
Finita la guerra degli spacconi si debellò
la malaria e la miseria e l'euforia
mise piede al Gatto nero e al Garofano rosso.
Gare di ballo a premi. Canti sul palco a premi.
Corse a cavallo, qualità del fantino: farsi leggero.
Cinquanta chili con brevetto e senza telefonino.
Lampadina accesa sulla coda.
Il calesse di Zomaria Iskerza.
Disegnava col lapis e si radeva con la lametta.
Per un futuro luminoso. In quel tempo si andava
sulle spiagge assolate per cercare l'ombra.
Così Zenia curava seriamente Mimiu Minuiu.
A tre anni il padre geometra
gli fece una casetta di sabbia
e non sapeva ancora sorridere.
Miracolato da san Francesco
che lo fece parlare a cinque anni.
Da allora sempre fedele alle novene.
Aveva un dito del santo come reliquia.
Gli parlava come a un compagno d'avventura.
Un dito tagliato e un bambino menomato.
Oddio, com'è spensierato.
Mimiu se l'ebbe a male con l'alfabeto
e le tabelline ma gli
piacevano le scarpe da ballo del babbo.
Il vedovo presta sempre attenzione alla cognata.
La mira di nascosto agli astranei.
Mire segrete fargli un figlio
al buio e chiamarlo Pipiu Pazarju.
Un nuovo guardiano della stirpe
venuta su dal Cedrino. Ziu Felis.
Forte come il fiume in piena.
E tutto per la famiglia.
Infanzia gaia e adolescenza felice.
Felici come diecimila antichi
che andavano a purgarsi a teatro.
Non far baccano quando il babbo dorme.
Col sonno recupera la stima di se.
Vai a giocare nel giardino del Cedrino.
Bagnati senza affogare.
Finirai all'asilo delle infermiere.
Quella volta che il babbo cadde ubriaco
nel cortile e si fece male al naso.
Sanguinò senza riguardo.
Era così loquace quando beveva,
che nascondeva con le parole
i sentimenti che non aveva .
Inaccessibile come il Signore che ha fatto il castello.
Sensibile però. Demiurgo della società complessa.
Formatore di medici e piloti. Ospedale dei clisteri.
Non riconosce chi gli fa del bene.
Tra le janas, zitelle del bosco di Soloti,
sotto il bastione del Redentore.
Gesù indifferente alla morte.
Tutti salvi dietro di Lui. Un signor Giudice.
Una folla numerosa accompagna il morto
nel giardino del rosmarino.
Un bel corteo, per il suo bene.
Sereno per sempre.
Zomaria: molto triste
fare il militare a Trieste.
Canti sardi in barba ai titini.
Avesse studiato ancora dopo il diploma.
L'enigma della vita
che a un certo punto s'interrompe.
Si chiama Pont'è ferru quel che non c'è.
Scrive sui muri chi ha finito il quaderno del diario.
A spasso nelle vecchie vie:
W Lenin sulla casa ricca e libera.
Sa di mistero, d'incanto e di compleanno.
Vaga come un vago sogno che sa di incertezza.
Bambina intelligente e ragazzino vispo
giocano fuori della chiesa impacciati
col costume degli avi per distinguersi.
Se la prendono con Giuda, sputando sul ricordo.
Conoscono a memoria il decalogo
serve la domenica di Pasqua e a Natale.
Agnello e porcetto Natale perfetto.
A Pasqua d'agnello nel nuovo tinello.
Per le buone coscienze la catartica confessione.
Il gioco della domenica.
Si cantava da Zigottu e si ballava in piazza.
Tutti a Irillai dove non ci si lava mai.
La rabbia d'Irillai non muore mai.
Contrassegno del Cantone Ballaloi.
Lo si poteva acquistare prima di vendere il vino.
Terra di calcina e di mosca cavallina,
terra dell'invidia opprimente.
Anche le donne avevano un coltellino in tasca.
C'era sempre una patata da pelare
mentre i vecchi stavan di guardia al Muraglione.
Sentinelle su Marreri e la Sierra.
Nervosi e stanchi sulle ginocchie malferme
quando si separano dalle famiglie.
Chinavano la testa affinchè il berretto
non zompasse nel vuoto col vento.
Tutti impotenti davanti alla morte.
Qui e là la terra ha i suoi padroni
difesi dall'Orco e dalle leggi che si astengono
sul valore reale delle patate al mercato.
Emerso come una maledizione dagli acquitrini di Orosei
Zuanchinu Capostipite a vent'anni
di quelli d'Ohiai, finì col parlare
di notte con i bonaccioni abitanti
della foresta di Farcana
che turbavano il sonno a quelli d'Irillai
a,
Lascia agli altri quel che non sai
e tieni da parte il tuo per i libri
e le conferenze, se vuoi davvero
che siano riconosciuti i tuoi meriti
b,
Oddio, quando abbiamo ciò che ci manca
riconosciamo la bontà del Signore;
così al primo affacciarsi della malattia,
pensiamo che il Signore ci faccia un torto
o un dispetto per averlo trascurato
in quel borgo sul Cedrino con la scuola
il negozio e il confessionale dove si racconta
del viaggio in barca da Orosei
a Ponza e Piombino come marinaio ai remi
in galera e mangiar sardelle salate
che fecero disertare il babbo
(ora : esser davvero religiosi
significa esser davvero sani)
Non fui il primo dato per certo,
né il secondo e neppure il terzo fui
e ancora non ho la certezza
d'essere quel che sovente dicono:
una semplice piantina di alloro
-
Fu un'attimo così lungo
(quello di Cenerentola)
che dura ancora e molti come Lei,
per la brevità patiscono –
Tra intimi si pensa che (per tradizione)
Qualcuno tra quelli che han posto in Alto
e aprono le strade potrebbe con poco
compenso se volesse, far qualcosa
per scansare la generale sofferenza.
La mia ragione si alimenta col miracolo estivo
e finisce per assopirsi con le pene
dell'avventuroso inverno che si diverte
con le piccole e verdi janas che turbinano
nella foresta di Farcana quando fuori
della Grotta impazza il bellicoso Samuel Istoki,
Montanaro, l'Orco d'Irilla e figlio del Gennargentui.
Solo l'uomo in combutta con la natura
briga per modificare
ora dopo ora la realtà che ci circonda.
Da Ziza volano le api che da lei hanno appreso
a fare dolce il miele. Ziza finge di cantare
e i fiori si aprono alle api, ci danzano attorno
e sognano, si esaltano: sanno di non pagare affitto
La realtà appartiene alla memoria,
(il miele del sonno che cola sul pane reale)
il sogno all'immaginazione
(il sogno è il tesoro della notte)
Amò, versò il miele nel mondo e morì.
Versò - appunto - il miele nel mondo
La grazia del creato li tiene uniti
e a ciascuno assegna la sua porzione di eternità.
Gonario Linghesu.
C'è traffico di pensionati nel Muraglione d'Irillai;
han riscosso il dovuto e ora sognano
l'estremità delle stelle, alla periferia d'Ohiai,
dirimpetto alle cupe ombre di Borbore
che da quiete ai suicidi dopo l'ultima rebotta
dei messaggeri del re con le ali
che han compiuto l'opera piantando
i pungiglioni mortali qua e là come gigli
e margherite nelle verdi valli di Marreri
Penetrante è la carne viva:
come quella che segue le parole d'amore
poi al primo seguì il secondo
e il creatore di scatole venne per ultimo
e tosava l'agnello d'oro nel cuore della notte
quando c'è sempre del falso nell'aria
dei campi di Marreri che danno il vino
alle nozze di Caana.
Ho evitato le battaglie campali senza darmi alla fuga -
(non potevo correre) - avendo fede in me stesso.
A,
Mi lasciò con un lieve sorriso
e ora la notte aggiorna la sua immagine:
mi amava, perciò morì per me,
come Alcesti per Admeto.
B,
Mi disse: i sogni son fatti dell'aria che respiriamo.
Quella è la trama che si intreccia nell'ordito
che tutto sostiene.
Proprio lì, nei sogni ariosi,
trovan sollievo i dispiaceri.
È la Madonna Delicata che tinge di celeste l'amore.
Il mio rancore è di un grigio sbiadito, poco magnanimo.
Rosso è lo sdegno dei vicini d'Ohiai
quando qualcuno turba la pace del quartiere d'Irillai.
Vorresti partecipare con me alla ricerca del terzo
che a sua volta cercherà il secondo
per fare un nuovo terzo fino alla fine dei giorni?
Si, lo voglio.
Così Zuanchinu chiedeva di recitare
alla coppia che voleva sposarsi
quando era alla guida del municipio d'Irillai.
Missenta tien da parte i semi dell'uva affinchè
un domani diano frutti.
É lei che lascia doni a sorpresa sulla porta
di coloro che han timore della morte.
Una scatola con l'ultimo sospiro.
E, da qualche parte, vivrà di nuovo.
Oh, se vivrà.
Mai un giorno senza luce, mai un giorno senza sole:
così passano le notti del pisello nel suo baccello.
Appollaiati come volatili sul Muraglione
nel promontorio del cimitero
che guarda l'opimo canale di Lucula,
sotto il bel cielo d’Irillai così adatto
ai vecchi savi e soavi che conoscono
tutti i dialetti del circondario d’Ohiai
così simili da un paese all’altro come pecore
dello stesso gregge sul suolo dell’Isola
che si divisero i 4mori in miele e cacio fresco,
vino sempre nuovo fiammante e parole garbate
come al tavolo sotto la pergola di donn’Elene
Kulimoddhe la bella col bianco camicione
di lino lucente nella Baronia Orientale
di Vico della Polenta, che lustra pifferi
con le coinquiline del cortile alla gioventù
che costringe i genitori con una lesina
a elargire i soldi per le sigarette,
per il cinema e un invito al bar del corso
e quando i vecchi con gloriosa parsimonia
cacciavano il soldo all’aria
mormoravano tra i denti
– Come se fosse una resta di spiga murina.
Le pudiche e pingui fanciulle di donn’Elene
Baroniesa che non si raffredda
mai più di una volta all’anno.
Ecco cos’è donn’Elene, la donna
più combattiva e remissiva d’Ohiai:
attese sul sagrato colui che l’aveva ingannata
e gli sparò mentre usciva con la sposa al braccio.
Se ne ritornò a casa fino all’arrivo della giustizia.
Scontata la pena visse molto più garbata.
Figli e figlie di donn'Elene Murtinascrosa.
Caderina Caente, la primogenita,
come il latte appena munto.
Missenta Murghiola con candido zucchetto
sulla crocchia. Predu Paza,
pretendente incontentabile con lo stinco debole.
Predu Pranghiolu vestito a lutto, piange Rosolia.
Donn’Elene Kalichemuru, con i capelli crespi
e l'ombelico prezioso più che pretenzioso.
Zoseppe o Zosè, richiamo col quale il grazioso
Gesu graziosamente richiamava il padre
quando lo sgridava in bottega
se si attardava in chiacchiere.
Ricordati chi davvero sono io.
Non del nord né del sud.
Conosco il mondo da quel che si vede
tra Betlemme e Gerusalemme.
In grazia della doppia emme
il babbo vero mi verrà incontro.
Non sono uno sprovveduto unigenito
e non posso raffreddarmi.
Avrò il seggio accanto al suo
e sorveglierò le illecite contese del mondo.
Guai agli eremiti tranquilli.
Da Gesuino latte e vino genuino.
Landhe Berritone, che vende all’estanco
i generi di monopolio. Mizas Manzela
con la crocchia e i capelli che gli sfuggono
dalle tempie come cernecchi.
La gonnella di orbace sa di greco.
Kallina Kamaèsole bona chè pira kamusina.
Kichina Kamisa e Gonario Ghentone.
Missente Miliacru. Tonaresu,
soldo sardo di castagne. Bertul’è cantanza.
Canneddha Cambuzu. Donn’Elene Murriruia
amava i contadini d’Irillai che col vomere
aprivano la terra alla semina
e per loro domani parlerà il fatto compiuto.
Kichina Kussinera con i capelli inanellati.
Manzela Mantalafu li ha belli ricci.
Mallena Mantalafu, quella con la crocchia
che non si sposa perché gli manca la trapunta.
Kikina Karapigna. Fu Predu Perdeu il primo priore
che fece dono al santuario di san Francesco
di un corno di bue bagnato in oro.
Poi seguirono coppe e calici e servizi
di caffè con cucchiaini d’argento.
La dozzina di vecchi del Cantone Ballaloi,
padri di barazelos che a forza
di guardare dal Muraglione conoscevano
palmo a palmo la valle di Marreri
con i vigneti venuti su dalla preistoria
quando i primi vagabondi risalivano il Cedrino
sulla scia delle voluttuose anguille
che avevano iimboccato la via di Santa Maria
del Tirreno con vasi di ceramica
per le lunghe notti invernali e botti
di castagno per il vino di Marreri,
pettini andalusi per le belle di Baronia
e bronzetti sardi del Terzo Nuraghe
o giù di lì per i facoltosi musei dell’Isola
dal cielo dolce come il latte dove nacque
Samuele Bellicoso che salava il porco
e ne riempiva magazzini arieggiati in altura:
presciutti, capicolli, guanciali e pancette,
lo stesso cielo in comune a Ohiai
non impediva ai balenti di esercitarsi nell’abigeato
arte di chi è abile al furto
e ha la virtù di difendere il gregge
Turuddhone, figlio del fronte! Presente!
Il babbo mio ha fatto vita di trincea.
Egli se ne infischiava dell’angelo custode
che gli vedeva le controversie dell’animo.
Egli, come nessun altro per lui
pensava a se stesso
e al suo gran mestolo di castagno.
I braccianti d’Irillai che han solo la salute,
della lana sul petto e brache di fustagno
per un lotto di terra sarebbero
andati da pellegrini in America.
Non come Zuanchinu che ha conosciuto il mondo
da capomastro senza lasciare Ohiai
ha costruito case, strade, acquedotti
e fogne d’Irillai, egli appena nato
non si chiese chi era né dov’era, ma:
con chi sono capitato?
dove quelli che per disgrazia nascevano
per rimaner servi tutta la vita
eran capaci di uccidere per il padrone
anche l’agnello del vicino.
Per il signore del paese che vedeva
e pagava una volta al mese.
Il vento rabbioso si arrampica sul monte,
ce l’ha col cardellino.
A,
Così cupo il furioso mare si leva a cavalloni
e picchia sulla coda l’ardito pesciolino.
B,
Alla notte segue il giorno a Orosei,
alla luce segue il buio a Irillai.
Arida serra d’Ohiai dove non cresce
la vite né l’ulivo eqjhmma fiorisce il cardo,
canta il cardellino e resiste il rovo.
Quando canta la terra piange la luna
e nel suo pensoso vagare
si avvolge con un nastro rosa.
Vediamo quel che ci pare dato che viviamo
in un’immensa bugia poiché tale
è la terra che vien dall’ignoto con l’ancella
luna che coglie le fedeli vergini
della foresta di Farcana dove il sole
– gran re del calderone - ogni giorno assedia
– ha fatto voto - la terra e fa la corte
alla silenziosa luna e alla sua sorte:
oltre il mondo della terra e dei suoi folli spiriti
c’è il mondo degli astri in lungo corteo.
Zenia è la sincera luna e Zomaria
è il sole cavaliere col suo piffero.
Nessuna autorità mi impone di avere un opinione
e nessuna cortigiana può obbligarmi a rivelarla.
Il popolo della città d’Irillai ha sempre mescolato
il sangue con le amazzoni della Baronia
ortolane che correvano le valli del Cedrino
e lo guadavano al trotto saltando di pietra
in pietra senza tirar su la gonna
senza che alcun pastorello glielo suggerisse.
A Irillai quando si forma un capannello
di gente, è segno che aspettano
un emozionato profeta che prega per un defunto.
Non dormo la notte perché non so cosa sia
il sacrificio mistico. Capisco il misticismo
dionisiaco che con l’ebbrezza del vino, ubriaca.
E il misticismo orfico cos’è oltre l’amore
tra uomo e donna? Promessa non mantenuta.
Il corpo è il dio del creato.
Il corpo rielabora il mondo creato dal corpo.
I poeti sardi piangevano la Sardegna perduta
che forse non c’era mai stata.
Le madri d’Irillai dicono che nessun dolore
è uguale a un altro e quello del parto
è differente dal mal di denti.
Una buona idea vale quanto un figlio,
ma un figlio di malidea non ha paragoni.
Chiunque nasca lascia un segno di se
sulla terra.
Prima della nascita era impalpabile,
dopo morto qualunque sia stata
la sua esistenza ritorna invisibile
e impalpabile la memoria che rimane di lui.
Non muoio per la patria
né per null’altro, muoio per me.
Per me di troppo ci sono solo io
e null’altro meno degli dei mi è caro.
Bene, sono l’apparenza di me stesso,
apparenza e sostanza sono inscindibili,
dunque vivo la mia vita
e nessuno altro può farlo per me.
Il bracconiere d’Irillai Totore Mirabiere
non manca da casa meno di tre giorni
e tre notti ma al rientro pensa
al suo giardino, esige il suo posto a tavola
e che il tovagliolo sia pulito, innido,
dice lui, non toccato da nessuno
controlla se la moglie ha modificato l’arredamento.
I quadri sono a posto? Si. Hanno il loro valore.
È sicuro dell’affetto familiare
quando depone la capa sul guanciale
sa che l’aspettavano
perché per loro ha delle lepri e delle pernici
ha piazzato il cappio al cinghiale e ne farà mercato.
La volpe l’ha appesa fuor del pollaio.
Il suo mestiere?
Batter caccia e aizzar canizza.
Il tempo com’è che sia lo dispone all’ottimismo.
Nebbia fitta animo cupo. Angoscia di chè?
Del cenone di natale e fine anno.
A.
Se il bracconiere è d’Irillai,
don Zomaria Zancheta è di santa Croce
egli, ovunque si trovi,
ringrazia Dio sempre in ginocchio
l’Assunta del Rosario, la madre di san Carlo,
l’avvoltoio del Carmelo, la libertà dell’artista
, la felicità del fannullone, il buon gusto del padrone
le buone maniere della signora Contentezza,
l’utile ritorna a monsignor Decoro
egli teme l’angelo deforme che rovina la famiglia.
Egli si è fatto grande alla Santa Spina.
Le cerimonie son fumo negli occhi del mondo
esalato dalle pompe vuote della corte imperiale
volendo darci a intendere che le cerimonie
son volute dalle potenze superiori che amano
vivere di privilegi.
Battore lo scroccone o dell’astore e la gallina.
La doppia faccia della medaglia: su contone e il focolare.
Testa o croce. Mestizia o letizia. Caprone o montone.
Battore lo scroccone sta sull’uscio
dell’inferno e guarda dallo spioncino.
Riscaldamento a carbone e con la legna del Monte.
Linea diretta dal cielo all’inferno
dove bolle la calcina.
Battore lo scroccone fumava seduto e in piedi
come chiunque abbia pagato il dovuto
ai servizi dello Stato.
Badora Carena si aspettava dai figli,
tutto quel avrebbe permesso
la loro complessione bonaria e, specialmente
nei suoi confronti di mamma avrebbero brillato;
ah, Badora, moglie d’Antoni Cadassu, padrone
e tutore del bue cornuto ornato dei fiori
di maggio, in viaggio, in viaggio miei cari.
In viaggio verso san Francesco.
Ohi lilliri. Leggeri come la farfalla.
Sii conciso fratello, senza dimenticare nulla.
Ogni venerdì di Pasqua a mezzogiorno,
nella foresta di Farcana risuona
il tormentato lamento delle indiavolate janas
inviolate vergini ancelle delle querce
che non vogliono esser viste
quando dorme la giovane civetta.
Dormirà fino a domenica
giorno del prodigio perfetto - esso si -
quando fioriranno i prati
nel frutteto canterà l’usignolo
e il grano leverà la cresta nel campo.
È primavera, resuscita il Signore.
Le frasche come insegna di:
qui si beve solo vino buono.
In ogni bettola d’Irillai
si celebra il culto dell’amicizia.
Zigottu bettoliere ne ha abbastanza d’essere
d’Ogliastra o di Baronia.
Zigottu Zomaria è solo amico degli amici.
Trenta compari di battesimo e dieci volte
tanto gli invitati al banchetto nuziale
pagato sull'unghia con i doni di nozze.
Solo a morte avvenuta si capisce
quel che si è perduto.
Un'anno in sordina; poi si migliora,
come compenso per la morte.
Nessuno muore senza un passato.
Quando il passato non c'è, si deve,
con un po' di premura, inventarlo.
Chi sa qualcosa di Zuanchinu,
lo dica, se sa di Garibaldi.
Contadini in camicia di tela alla garibaldina.
I pastori puntano sul lino a maniche larghe.
Come sempre aveva ragione Platone
che in comune si hanno solo opinioni
poiché ognuno vive con se, in mezzo al mondo
lontano dagli altri chiusi nel proprio bozzolo.
Quel che importa alla vita è l'esser nati.
Le donne di Gavoi dicono ahinoi
e maledicono anche voi,
le donne d’Irillai dicono ohiai
e maledicono come non mai.
Signori a Irillai son quelli che invitano a cena
gli artisti famosi, perché se l’arte
ha bisogno d’ausilio, va in ogni modo aiutata
tanto più che lo spirito dell’arte non disprezza nulla
neppure il Melograno che ride a Ohiai.
Poi, chi non è mosso dall’interesse?
Il santo e il pio sono mossi dal loro amore per Dio.
Gli stessi poveri vanno in cerca del loro
tornaconto personale che viene a galla
a oriente, dai gorghi sotterranei del Tirreno.
Maestro è chi insegna al garzone
come fare, cosa fare, per campare.
C'è il lavoro in fabbrica, è vero,
ma tre son le cose da imparare:
prendere, fare, lasciare.
Qualcosa anche agli altri.
Sempre per campare.
A.
Per bastare a se stesso
uno deve essere in buona compagnia.
B.
Si dipende dal lavoro e si ha paura di perderlo.
C.
Il tempo dell'oro c'è sempre stato:
è quello in cui chi può farne a meno non lavora.
E san Quirico Coloncone di Mughina, maestro d’asfodelo
che intrecciandolo fa canestri per il cacio e le anguille.
San Quirico Carcanzu garzone di Dio tessitore del creato.
Il migliore dei pittori:
tutti vedono le unghie dipinte con i suoi pennelli.
Le migliori unghie d’Irillai,
un dito da ciascuna bellezza.
Vanno a Borbore quelli che non vogliono più vivere.
Non disturbare d'ora in avanti.
Andarsene in sordina, senza clamore.
Maneggio al cavallo, triste ramengo.
Appena Assunta la B.Vergine convinse san Sebastiano
a debellare la peste in Baronia. Terra delle zucchine.
Le pietre fitte son sempre tre:
due minori e una maggiore tra esse.
Santa Maria d’Irillai corse poi il palio dell’Assunta
e rimase vergine come il rosmarino.
Nostra Signora del Rosmarino.
Dai nuraghi si ha la più bella panoramica dell’orizzonte.
Nuraghe Ruttu, Preda Riza, Conca è Mortu.
Terre del seme di Zucca.
Soldi Sardi, Monete Sarde, Sardelle Sarde.
Eleonora Euro signora d’Arborea così regale
con i capelli riuniti a crocchia colore della notte oscura
e le labbra fiammanti di febbre di chi ha preso
un prestito e s’approssima la scadenza.
I lumi dell’estate incombono sull’Isola.
Negli affari conta più la sottigliezza
degli scrupoli:
i fichi d’Irillai son di chi li coglie.
Ai cuori puri i fiori dei fichi.
Anche al bestiame manso piace l’uva matura
mosche e uccelli con le ali che saltano di ramo in ramo.
A Ohiai, ho detto.
In guerra non si và tanto per il sottile.
Il banditore: minacce oscure alla memorie delle cose.
So, udite, quel che non vuoi che si sappia.
L’antico segreto.
Alle greggi il montone, a Dio il popolo
e al cacico i barazelos che non vuole
si rubi legna a Urzullè, Uliana e Fonne.
Tempo fà, di dieci pecore la pingue andava al seminario.
Opimo e libero ha da essere il pascolo
per l’animale che dà il latte.
Dio ha creato la ferula affinchè nascesse Ohiai.
Latte all’agnello, biscotto al pastorello.
Del trifoglio è ghiotta la pecora,
della carne è ghiotto il pastore.
Il sole è orgoglioso del cardo.
I pastori d’Ohiai si rapano alla magnificenza
della primavera. I contadini d’Irillai
si rapano per le meraviglie dell’autunno.
Gli impiegati del Corso esausti si specchiano
nelle vetrine, i barbieri di Seuna
si radono precocemente per impratichirsi
al chierico contento la chierica,
ai preti la nitida tonsura
per non essere confusi con altri,
ai sacerdoti i cerimoniali dell’altare
per la vita inesauribile.
Che il Signore li riconosca dalla nuca.
Perciò la cosiddetta realtà gli piacerà sempre meno.
Ecco: la realtà è l’attualità che non ci piace proprio.
Se non fosse doloroso converrebbe tornare indietro.
Almeno fin dove si è partiti.
Conviene interrompere il viaggio?
Boh. Lascia correre i vagoni fino a Macomer e Bosa.
Se nulla è irreversibile
lo sparviero ghermirà sempre l’usignolo.
La morte ci accudirà con la sua ragione.
A Ohiai i prepotenti di passaggio
[a reddito fisso nella prosperità]
venivano precipitati in un pozzo di sei metri
che d’estate dava refrigerio a un fiasco di vino.
Fatto, dicevano i dodici del Kantone.
Non avrebbero più coltivato un orto.
Compagni della morte violenta.
Appeso a un olivo e coperto di pampini.
Un giorno o l’altro lo sveglierà la risacca.
Cercava pollame in piazza.
Ogni valligiano usa farsi forte dell’ignoranza.
Quelli che credono in ciò che vedono
e vedono solo i fatti.
Costruttori di case che in ogni area
vedono cemento, ferro e mattoni.
C’è stato un periodo che a tavola
in casa di Zuanchinu, a pranzo
girava un solo tovagliolo che forbiva
la bocca di tutti.
Poi venne l’euforia e ognuno ebbe il suo
e chi l’usava lo trovava nel cassetto del tavolo.
Per tutti era uno spreco. Dammi quella tovaglia.
Passami lo straccio. Lanciami quel pannolino.
Ma tutti l’adoperavano con la delicatezza
del sacerdote che, senza una ruga,
dopo la predica, si asciuga la traccia
del vino sulle labbra invece di leccarsela
come tramandavano i pagani.
Quella dozzina di vecchi del Kantone Ballaloi
si allarmava quando gli abitanti di Ohiai
non si conoscevano l’un l’altro superando
i dodicimila compaesani dediti alle arti
agricole e pastorizie edili e manifatturiere,
impiegatizie e sanitarie, artigianali e religiose
negoziali e ambulanti, poliziesche e canagliesche,
arti bigotte e beffaiole: l’estroso artista
può fare una caricatura di chicchessia
con un tratto elementare, così.
Cosome di Locoe pescatore fluviale, fungarolo
prataiolo, assiduo del Muraglione d’Irillai
dove esibiva i muscoli da diacono troiano
si trovava sull’erta ripa del nemico dove l’Isalle
confluisce nel Cedrino quando lo colpirono
alle spalle con un cesto di timide anguille.
Egli già da un paio d’anni dormiva
sotto minaccia, con un cappio al collo.
La legge del taglione. Predu Perdeu,
sposato senza moglie.
Donn’Elène sta sulla sponda opposta del Cedrino.
La sponda del melone dolce.
Più di un pagliaccio non varca la porta.
Quel che arriva alle nari ha fatto suo il percorso.
Ai reduci con del piombo in corpo
spetta la pensione o il posto in banca.
Dio, come tanti altri, non ha figli dimenticati.
Non in piazza almeno. Nel mercato rionale.
Dura una notte la tregua a fratelli furiosi imposta
dal maresciallo dei barazelos nei suoi rapporti.
A ogni nuovo omicidio gli animi si esaltano
poi si uniformano: si tratta di faccende
che andavano sbrigate e chissà quando finiranno.
A ogni buon conto il baffo del gatto
insegue la coda del sorcio.
Marescià, non confonda le cose.
Di la tua e falla finita. L’acqua è torbida.
Nessuno fa il proprio destino, non so se Gesù
conoscesse il suo prima del tempo,
ma Socrate, uno degli indipendenti,
avvertito del suo non l’ha ostacolato.
Sancisce l’amicizia il vino di Marreri,
col quale Zigottu sommerge le pesche
mature e prodigo, le serve agli amici
per compromettere il mattino
e offuscare la vista.
Il primo d’Ascra è Linna.
Di lui conta quel che dice
e come lo dice, con la prima semplicità.
Il divino di ogni contemporaneo.
A.
Il poeta – e non c’è ricchezza
che l’incanti né purezza che l’eguagli –
egli si rinfresca con l’acqua
che ravviva i fiori avvizziti.
Tutte le anime dei mortali di Ohiai
spiccano il volo dalla foresta di Farcana
verso l’aerea residenza del nuovo mondo.
Prima di Dio c’è la corte
dove chi non gioca a carte
si trastulla speculando sulle qualità
delle etnie dopo di Lui
c’è un prato infinito
dove pullulano i popoli
che avranno vita in futuro.
Quelli che abbandonano gli anonimi compagni
mentre guadano il Cedrino indisciplinato
son quelli che più hanno da raccontare
al maresciallo Mamea Malaitu.
Qualcuno si pentirà per primo
e parlerà del pasticcio
per dare lustro ai suoi antenati
di cui sente la mancanza.
Raffaello si ritrasse scolaro nella scuola di Atene
così Zuanchinu si raffigurò nel soldo d’oro.
Egli era così fiero di aver tanti compari
che al dire i loro nomi si scappellava
davanti alla loro ombra.
Cosa c’è di più vero della terra che ci sostiene
e del cielo che ci sovrasta mostrando giorno
e notte i penetrabili segreti che lo compongono?
L’anima dell’uovo tramutatasi in pulcino,
appena rotto il guscio fece:
Pio sono io come padre Pio. Come il gallo
galleggia sulla gallina che sta a galla.
Nelle acque della Marmilla nuota l’anguilla,
come Mamea Mandrone, unigenito del primo
ragioniere d’Irillai, nella Mandra di Murrone.
Il prode Alfonso di Bosa nacque per sopravvivere
fino a esser pronto a morire
il giorno voluto dal vento della tranquillità.
Tutte le parole che si riferiscono alle faccende
del cielo son prese dai quaderni degli umani mortali.
Non so cosa accadesse all’epoca del Primo Nuraghe.
Cos’era per le antiche madri l’armonia domestica.
Un marito libertino era un estraneo
che portava in casa un’estranea.
Bel tipo con i capelli ondulati, di quelli
non alla fame come i figli dei farmacisti.
Lei doviziosa, tutta casa, fa la spesa all’emporio.
La Providenza. Il provvido alla Provvida.
Due stanze e sette figli.
Casa calda come la stalla.
Salta a cavallo che si alza per primo.
Nuraghe Niola sue sa mola facce barbute
e teste zazzerute fuori mandra.
Salassi ai dolori laterali. Gli antichi
per salvarsi dall’apoplessia si aggrappavano
alla cicuta di Socrate, così centrale nella sua vita.
I moderni per redimersi trovarono Gesù
sulla croce all’età di mezzo
sempre di parole si tratta,
che seguivano sogni e idee.
Poi tutti i giorni sono centrali nella vita
e se il mercoledì è in mezzo alla settimana
pure la domenica è tra due mercoledì
come la vergine del Rosario e quella del Carmelo
tra la Maria Madre di Dio e delle anime purganti.
Le persone di un certo valore sono marchiate
dal Signore la cui azione abbraccia
ogni creatura che tratti di quote latte
o quote di vino, tratti d’epilessia, parli
in bonafede di Bonaparte o male del mal
di Cesare, quel vignaiolo d’Ogliastra che spaccia
la sua quota a Ohiai dove della cupa
foresta di Farcana si dice che non è triste
se a un albero non c’è un impiccato
che ha perso la verginità
come spesso avviene nel bosco di Borbore
per dire addio al mondo dei furbacchioni.
A.
I battezzati sono i favoriti del Signore
tra le schiere dei suoi alleati in anticamera.
B.
È la luce delle stelle che costringe la luna nel suo percorso.
C.
È l’ammirazione per il santo capace di far miracoli
che spinge gli ammiratori fedeli e incapaci di mentire
a recarsi scalzi e a piedi al santuario fuori porta.
D.
Si, uno è descrivere quel che si vede accadere
sulla terra sotto il cielo, altro è immaginare
quell’eremita che ogni sera cena alla stessa ora
dopo aver saltato il pranzo di zucchine lesse.
Zenia, venuta su dalle rive del Cedrino
che anche a secco riempie il Tirreno
domestica in casa di impiegati, prese dalla signora
l’abitudine di consumare il caffè
-Fedele- e non comprò mai altra marca,
non in vacanza quando serviva al mare
o in montagna, e nemmeno da sposata, così creativa
col suo Zomaria di comune intento, che, pieno di gioia
acquistava il caffè per la moglie e ne menava vanto
con gli amici che lo sfottevano dicendo: paghi meno
da bere per comprare quel caffè così caro
si ma mia moglie – puzi puzi - ha preso le abitudini dei signori
anche se costava di più e c’era la famiglia da tirar su
il caffè ha un altro sapore, non è per marionette
poco serie che fan le cose per gioco
il caffè dei poveri sa di stantio, mescola scadente
quello dei signori ha l’aroma della tostatura recente
che sa dell’Eden dove il lavoro è bandito,
vive nella porcellana d’oltre confine
dove non stride la civetta,
si addolcisce col cucchiaino d’argento
che viene dal non luogo dove affondano
i piedi di Iride nunzia multicolore di pace.
Zuanchinu E. Remitanu, nella cui casa si decideva
durante il pasto dell’argomento di cui parlare,
che tutto sia ben cotto e niente salamoia
volle che nelle assemblee consiliari di Ohiai
-dove non cresce neonato che non si presti
al gioco con i coetanei come i padri non si sono
mai rifiutati di bere vino con i propri simili -
nessuno adoperasse gli sgabelli, ma non sognò
mai di proibire lo scambio tra vicini di casa:
farina con carne, fichi con mandorle
olio con vino, cacio con legumi, latte con miele.
Volle ancora che chiunque fosse nato sulla terra
sotto il cielo e sopra il mare fosse cittadino
di Ohiai e quando sentì venir meno le forze
colse il fiore della sua biblioteca per il primogenito
Zomaria che sposò Zenia per contare sulle delizie
dell’avvenire.
Così quelli d’Irillai allevati alla sua scuola,
contavano di aiutarsi più come vicini
di casa, che come fratelli e sorelle
che litigano sull’eredità.
Nella collina di sant’Ussula, si riunivano
sotto l'albero maestro i parenti per dirimere
le controversie familiari che finivano col morto.
A Ohiai i magistrati appliccano le leggi
in nome del popolo
ma degli affari statali si occupano gli onesti
e di chi piscia in pubblico si occupano
i moralisti ubriaconi che vorrebbero
far partire le date storiche dalla distruzione
di Troia e dalla morte di Gesù perché
dopo ogni fine c’è sempre un nuovo inizio.
Maria, la volpe velenosa di Lollove
che vuole dar vita al paese trascurato
dai caprai e abbandonato dagli immobiliari
padani che fan vita grossa in costa.
Il creato – il vagare in un senso del globo
d’acqua-terra stabilizzato dall’Himalaia
e dal Pamir, Tibet e Gennargentu
dove ogni bandito può essere ucciso impunemente
ed è facile credere alla verità dell’evidenza –
non conosce due cose uguali,
per cui una è la destra, l’altra è la sinistra.
Come il cacciatore tiene la canna del fucile
volta a terra o all’aria per non far danni,
così come Tatanu Dannaresu che teneva
la scure sulla spalla
come la mano del cieco sulla guida.
Credi in me e guarirai, usava dire Gesù ai malati.
Chi non crede in me si ammalerà
e sarà tentato da Satana, scontroso e cornutaccio,
lo scorbutico in agguato con il vischio nel vicolo
chiuso dove finirà il cieco attratto dal miele.
Le torri costiere della Baronia
erano fari di segnalazione di mulinelli
e scogli o punti di sorveglianza di sbandati
pirati saraceni sotto costa?
Erano i granai dei pirati etruschi.
Deposito di cocomeri fenici.
Vivaio del cedro.
Casa di Cedro, dio dell’acqua potabile.
L’Isola ha in gestazione la coscienza della sua storia.
Nessuna dinastia regnante.
Nessuna guerra contro chicchessia.
Nessuna aspirazione unitaria.
La lingua fu latina, poi spagnola.
L’antico vernacolo covò sotto la cenere
del focolare negli ovili.
Per la rima delle ottave mancavano le parole.
È necessario saper parlare
per far domande al Signore
in nome della dignità Isolana.
Status quo pacifico
fuorché qualche omicidio paesano,
tra familiari prima di tutto.
A nove mesi, giorno più giorno meno,
giusto il periodo che lo spirito impiega
a incarnarsi, Dio ebbe suo Figlio.
Poi fiorì il mandorlo e nessuno
aveva ancora arato la terra.
Avvenne a Betlemme
dove si davano convegno gli esclusi
e tutto ciò che s’incarna è destinato a morire.
Padre, disse Pipiu dalla croce, temo il supplizio.
Il brigante Titulia Totoni alla sua destra
e Predu Merula alla sinistra.
Del Cedrino tra lino e fave, Cedro di Baronia
nume tutelare dell’acqua dolce
e dei giardini d’aranci e cedri.
Maria d’Ohiai col volto gaio
come il melograno tesse la tela delle tovaglie.
La pesca più bella dell’albero prescelto dal Signore.
Il melo, poi il fico e il ciliegio.
La signora del mirto: Murtamaria.
Mallena la cugina dell’ulivo, caviglia d’olivastro.
Amici e parenti
son vicini nel momento del bisogno.
Che nessuno lasci spegnere
il fuoco eterno nelle case d’Irillai.
Don Zomaria Zancheta, dalla mattina in veste
talare brucia incenso ai defunti
poi chiacchiera con i familiari.
Di essi rimane la polvere dei ricordi
al tempo delle vendemmie.
Passava delle ore a casa di Donn’Elene
che tendeva al rosso e curava il giardino
non meno dell’anima. Alla sua porta
ci si scappella ancora
come davanti al Sacramento.
A Diddinu, l’uomo nuovo d’Ohiai,
timoroso delle beghe cruente
pastore calvo col gilet con asole e bottoni
sia riferito tutto quel che è di Dio.
Un altro come lui vive nel Logudoro.
La sua casa è l’Isola e ha familiari cavalli e motori.
Senza superbia parla con tutti i parenti.
Egli è alla pari con i promettenti cugini
del quartiere che tanto amano i genitori
quanto odiano chi ha fatto loro del male:
i nemici ferali che fan prematura la morte,
accorciano la vita.
La parentela innanzitutto, poi la faida.
Gli empi che se ne infischiano della pietà.
Ha del rispetto per i genitori.
Oh, l'odio tra cugini è quanto
di meglio offra la natura e la cultura.
A poeti e profeti serve la lingua
artisti e artigiani usano le mani
La parola corta abbrevia il discorso
La parola precisa che colpisce l'orecchio
fa veloce il messaggio
L’arte è l’esplosione di quel che la vita vissuta
raffina col risveglio della primavera
quando dirada la nebbia
che copre ogni notte la foresta di Farcana
come un fitto pettegolio
all’uscita dalla casa del vino.
La pergola della vite d’oro.
Il tempo non facile da trattenere
non è fatto per restare.
Come il suono delle launeddhas.
Il suonatore che aggiunge o toglie
una canna a seconda dell’umore.
Non è il canto del solitario
che può essere ripetuto.
Non la stella di ieri brilla di meno oggi.
È la vista che cede.
Alle lusinghe della luna
che fa capolino sopra i tetti.
Ai banchi del mercato d’Ohiai
non c’è giorno che si levi
senza rumor di malanni e denari
ma l’affetto dei figli ai genitori
non si discute poiché le pie madri
hanno insegnato ai figli il Credo
come dogma e interi i dieci comandamenti
nelle cucine di casa e nelle sale
della Colonia di Soloti risorgono sotto forma
di aeriformi janas cugine di instabili
e irritabili diavoletti, in attesa di redenzione
che fanno acrobazie sui rami delle querce
con le anime dei morti annegati
nel Lukula in piena, di malaria
e di scarlattina, di nefrite e di appendicite.
Gonario Ghilinzone usato dalla moglie
Koromeu Korjola Pomona
che non teme l’inflazione monetaria
capricciosa e volubile al punto che subiva
il bagno caldo con le bacche di mirto
per invogliarlo come fresco ganzo
alla concupiscenza che da millenni
ha messo radici e tresca come la prima volta
e lo lasciava a mollo per lavare e barattare
formagelle di cui son ghiotti
i commercianti d'aranci di Milis
che non han perso l’uso delle mani e della lingua
e temono i passi falsi verso l’indigenza
che porta difilato il disperato a far l’eremita nel Bosco
dove parte la stella binaria dell'ignoto.
Ogni cristiano d'Ohiai, in virtù della sua natura
alleggerisce da solo il corpo
(solo la madre l'aiutava nel bisogno)
nei prati oltre le siepi del demanio,
dove alla fine dell’anno
ognuno si ritorna alla sua casa
da donde s’era partito
per il bizzarro calvario attorno al sole.
Una marionetta che cavalca un baleno.
A volte incontenibili nel guscio che ritorna dal mare.
Deunisi Pifferaio di Orune,
paese famoso in provincia per lo yogurt
inventore della caraffina sempre piena
di chiaretto che conosceva chi era sazio
da come si tirava su i calzoni
e si accorge di aver perso qualcosa senza sapere chè
né come chiamarlo, era il dio della vendetta
perché la prima prova che diede al mondo
fu domare la famiglia che aveva cacciato
via sua madre che chiamava
nostra signora del caprifico
con la sua blusa di broccato verde
resa gravida di lui da una maschio divinità
– un caprone - sul torrione principale
del castello che guarda la piana di Marreri
dove ne succedono di cotte e di crude
prima di planare nella fertile e feconda Baronia.
Mimiu Minuiu seguiva i ruscelli che
se non si seccavano finivano al Cedrino.
Cercava il verde, saltava sugli alberi,
saliva in collina, dipingeva e fotografava
rocce e nuraghi, nel silenzio della domenica
rotto qua e la da qualche sparo di sbarramento
ai caccia della NATO che sfrecciavano come saette
Dopo Dio vengono i santi.
Dopo le Dodici Tavole dei romani,
molti altri vollero tavole proprie
e Mosè per non essere da meno si contentò
del decalogo in due tavole.
I vecchi del Cantone Ballaloi non vollero esser
mai sotto della Dolce Dozzina:
dividevano [la santa regola del bere vino
è far comunella] per la salute
un litro di vino in dodici bicchieri che stimolava
la conversazione tra i pari burloni
della piazza. Kichinu Kadinu era il maggiore fra loro
e inseguì la moglie, Missenta Cadira
– con gli occhi chiari come il mare
sulla sabbia lucente (fino a sentir con lei,
le prediche di don Zanchetone
che trovava solenni e han sempre qualcosa
da insegnare anche a chi non lo sta
più a sentire ed era più che mai convinta
di non aver fatto nulla di male
per aver cucinato i frutti della terra
coltivata che danno pace e ripudiano la guerra)
- per tutto il cantiere per aver ragione
e la battè con una vanga sulle costole sane
sotto la gru ,perché per cinque giorni
di seguito gli preparò per pranzo zucchine ripiene.
Stavolta l’hai fatta grossa,
mia incarnata rosa di Baronia
dalle narici profonde e misteriose
come comunicanti pozzi di campagna
dove si nascondono le janas delle sorgenti
e fantasticano i pellegrini assetati
snobbando i santi che rimediano i mali del corpo,
Cosimo e Damiano
così chic nella nicchia di maiolica d’Ozieri,
assorti come sono tra san Francesco
e frà Ignazio, gli snob del calendario
instancabili e inappagabili che chiedono l’elemosina
per non lavorare e trapiantare garofani e gerani.
Giglio illibato di Galtellì, aggiunse lei colpita
dove duole più che da malificio.
La padrona dei fornelli d’Ohiai.
Tutte le bellezze della Baronia
che lungo il Cedrino mettono i panni
nel paniere, domestiche a Irillai
hanno ciglia fini e guance liscie
come le pesche mature a luglio
quando a Sant’Anna le ventilano con ventagli
di Dorgali portati a forza di remi
dai Turchi sul seno del mare
si fondamentale davvero e definitivo
come le stelle, vivi più dei desideri
realizzati dai suonatori di launeddhas
che hanno marinato la scuola
per farvi ritorno come ciabattini e rattoppini.
La realtà mi sostiene con le case e le strade
alberate, quando le prime lacrime del cielo
annunciano un temporale;
l’ignoto mi lusinga come luce di fiera fiammella
che si eleva sopra Irillai e illumina il castello
senza torrioni della foresta di Soloti
dove vivono fuori matrimonio le janas
coperte di malva con le civette coperte di piume;
l’ignoto mi lusinga come il corso del Cedrino
dove a qualsiasi ora guizzano le rapide
anguille che rendono le consuete grazie a Dio
così affabile nel suo azzurro luogo dove apre
dirige e chiude le danze nelle sale del re.
Molti vivi riflettono sull’immagine che rimarrà
di loro sulla tomba.
Altri vivono per la gloria delle genti di Barbagia
e le antiche stirpi di Baronia.
Qualcuno che non ha avuto la fortuna di avere un castello
porta alla fine la sua delicata immagine mortale
certe grossolane mangiate d’interiora di vitello
e curiose abbuffate di vino che se non altro,
annebbiano la ragione e fa brillare il torto
e mettono fuori posto qualche ciocca di capelli.
Mariapica, come le sue simpatiche janas
che amano starsene nel loro mondo come le civette
scrisse sulla roccia di Farcana, che da morta
voleva essere seppellita ripiegata su se stessa
come quando era nella pancia della madre.
A Irillai quando i vecchi muoiono dicendo:
sento il caldo del Carmine
i figli si dividono l’eredità
e delle volte si sputano in faccia
e prima dei calori di sant’Anna
si pungono e si dicono l’un l’altro
figli di Donn’Elene Concupiscente,
sotto gli occhi attenti della civetta
che nelle notti d’estate pernotta nei cortili delle case
e sul far del giorno se ne vola a Farcana
al cantuccio delle vergini madrine
che violano col mignolo il culo alle galline.
I parrocchiani dei Rosari d’Irillai regalano
a don Zancheta che mangia con appetito
la testina dell’innocente riccioluto
e se non la mangia lui la mangiano in Baronia
dove l’inverno è mite e pullula
di villeggianti e cacciatori, a pasqua e a natale
un agnello e un porchetto da mangiare
scuoiati e col sigillo del veterinario
che passa poi ai nipoti dopo averli sistemati
in bancaalle poste, all’enel, ai telefoni,
al municipio, ai trasporti nei centri
commerciali e nell’ospedale a fare clisteri.
Così Mimiu Minuiu - che appena nato tra il riso
e il pianto chiese alla levatrice
quale fosse la potenza della squadra in campo
Quella del lampo e del tuono, disse l’onesta donna
- cresciuto a forza di bistecche
andava fiero dal barbiere per pettinare
nel verso giusto la sua barba
poi sgambettava come un gallo scuotendo
a destra e a manca l’altera cresta
e voleva essere chiamato signore come tutti
lo sono a Irillai senza aver mai
comprato un cappello di paglia
né essersi mai seduto su una sedia di paglia.
A Irillai si danno contributi pubblici
ai santi di quartiere e cadono gli intonaci
delle scuole sui nipoti dei priori
di tutti i santi del calendario.
Prego Iddio e i santi della sua corte
che le insegnanti imparino a parlare
per essere capite come si usa in borsa,
in chiesa, allo stadio, al corso/, al cesso
Prego per la tua infinita misericordia,
Signore, fa che parlino come tu comandi:
con intelligenza e non come l’incantevole Zenia
- con tutto quell’oro sul seno -
con le figlie della madrina.
Se non puoi altro, o Signore
cacciale via dalla scuola dove cadono gli intonaci.
Il sole illumina tutto quel che colpisce
anche i ciottoli del Cedrino e il rosso dell’uovo
ma è la luna che da d’argento ai muggini.
La mamma di Predu Preducu, sentiva dolente
il corpo, un bruciore laterale quando il figlio
lontano veniva malmenato in una zuffa.
Lei era tutt'uno col figlio, carne della sua carne,
naturale che ne senta il dolore.
Così quando capitava qualche lite in famiglia,
col figlio che si ribellava al padre
e se le davano in cucina, lei sentiva il dolore
del figlio per qualche calcio in pancia
e non i pungicconi che prendeva il marito
padre, se non mollava la presa.
Lei cercava di metter pace e le prendeva
dal figlio mentre tratteneva il babbo.
Il principino dei 4 mori quando è a cavallo
cavalca l’anima sarda che dice basta ai torti
subiti. Qualcuno condirà la carne del maiale
e lui ci metterà un pizzico di sale.
Lavora da mugnaio e versa sacchi di grano
nella tramoggia. E ringrazia Dio di tanto ben di dio.
Il principino dei 4mori, alto quanto il re del ‘43
si distingueva per l'ampia fronte sopra gli occhi
scintillanti come due pietre focaie sul comodino
che a sbatterle sprizzano come pensieri quando
intuizione e immaginazione vengono a contatto.
Si, gli occhi del principino brillavano di luce propria
generavano luce, appiccavano fuoco ai coetanei
e incantavano le fanciulle orgoglio e vanto
della creazione e un giorno saranno madri
Deunisi Zigottu dio del nuovo vino.
Zomaria Zigottu oste del vino nuovo.
Mimiu Zigottu detto il francese perché emigrò
in Francia una settimana a zappar vigna
a Marsiglia con altri villani d’Ohiai
zappatori d’orti affetti da mali nostalgici
e ne ritornò subito a vender vino a Irillai
con una barca a remi dei 4mori del munifico
Predu Iskerza di san Pietro patrono d’Irillai
che custodiva nella credenza una reliquia
di san Francesco patrono delle Nocciole e una reliquia
di Eleonora regina di Sardegna e moglie di Josto
detto - a bandh’è fora - che nella visiera
del berretto conservava una medaglia
di latta della Madonna del Rosario
che baciava mattino e sera e nella tasca destra
-l’altra era sempre piena di monete d’oro-
sobbalzava con Lei una gran leppa a serramanico
detta libera lama di Pattada che usava meglio
della rumorosa pistola a tamburo
che spaventava ogni spadaccino al solo vederla.
Viva il buon senso
e wvivwa il senso comune per l’orrido
Irillai fu fondata da Zuanchinu E.Remitanu,
con Zenia madre di Zomaria che fin da piccola
cantava mottetti d’amore con gli occhi innocenti
della bimba obbediente e le labbra adatte
a ridere e a piangere con la lingua
tra i denti capace di dire la verità
e qualche bugia per necessità
e le mani sì delicate per dipingere le ali
alle farfalle che volano in Baronia,
Zuanchinu, sempre bello non meno di
san Pietro nella deposizione Baglioni,
santo patrono del quartiere del Rosario,
con peli e capelli grigi e puliti
e occhi semplici come le trote del Cedrino
che se ne infischiano di finire in padella.
Quelli d’Irillai che soffiano launeddhas
sono belli come quelli di san Pietro
che suonano l’organetto per i balli di Mariapica
madre, poco più grande di una dozzina
di scriccioli timida regina
delle e rotiche janas che si tirano i capelli
sulla nuca che escono nella notte
di Farcana educate al culto della civetta
dagli occhi tondi come un rosso d’uovo,,,,
Dopo il nubifragio ritorno a casa seguendo
il corso ardimentoso delle cose
e la trovo piena di lucciole felici di luciccare.
Bobore Filindeu usciva da casa
ogni giorno col suo viatico:
un pezzo di cacio da rosicchiare
o un pezzo di salsiccia da mordicchiare
nelle bettole tra un bicchiere e l’altro di vino.
Un cane uggiola fuori di casa,
sotto un albero scosso dal vento
alla porta del tempio di Salomone
le cose gli vanno di traverso.
Il pianto rituale è iniziato nella capanna
davanti alla morte prematura
e inspiegabile del figlio.
Così l’uomo è venuto a contatto con sé
poi a contatto con Dio e dalla sua comprensione
si aspettava quella dei vicini.
Lo jettatore, che pare un canonico
, porge il suo cordoglio.
Qualcuno è rimasto fuori dell’arca del diluvio.
Noè caccia le streghe.
L’acqua benedetta è quella del diluvio.
Chi di sua volontà si fa schiavo
è convinto che quanto più si sia offesi
e avviliti, più si è vicino a Dio.
A chi manca il sigillo di Salomone?
Al presidente degli orologiai
al prefetto dell’acqua minerale;
al governatore dei sordomuti
al direttore del gabinetto di decenza.
Ai tromboni del governo di Riotinto.
Ai carapintadas di Irillai.
Agli oratori nelle case da gioco.
Bordelli ai libertini e Maccheroni al popolo,
che non manchino gli esempi.
Il cacico padano sorride dietro il parlamento
e ne scredita la funzione.
Ai padani il Po, ai tirreni il Mare,
ai sardi il Gennargentu e il Campidano.
Dio è vita e non crea gerarchie.
Non da Lui viene la classe dirigente.
Ma Gesù ordinò gli apostoli, al carisma
della parola nelle adunanze.
Niente confessionale. Nè credenti e miscredenti.
Trovo nel Sole l’opera magna del Signore.
Inconsapevolmente fui tratto a prendere
parte al mio destino nel mondo incantato.
Venuto a questo mondo con presupposti pacifici.
Ora, in proprio, prendo parte volentieri alla storia.
Trovo prezioso il tutto e le sue parti.
Trovo veridico quel che esiste.
Dal nulla, nulla si ottiene:
attaccati al nulla, dove è il nulla
c’è da curiosare per un congiurato
d’osteria come me.
La morte si ferma alle prime barricate.
Vengo dalla piazza con la bandiera del nulla.
Il disordine strazia i portafogli.
La funzione della spia nella società politica
è: servire lo stato.
Firmato accordo col diavolo per salvare il Tempio.
Giuda tradì Gesù per servire lo stato.
E’ il benvenuto tra noi:
è lui quello che vado a baciare.
L’uso migliore del pugnale è l’infilarlo
non visto tra le costole della schiena.
Beato chi ci riesce. Gesù raccolse
attorno a sé il primo nucleo consiliare
di pescatori e muratori, liberi artigiani e braccianti
dei campi pastori di greggi e bovari millenari:
per essi e con essi cacciò via
i sacerdoti di mestiere dal tempio.
Qui è Rodi, qui salta.
La parità tra diseguali non può che tradursi in disparità. Plato.
Ogni angolo è adatto ad ammassare
ricchezze, miserie e prepotenze.
Degli ideal-tipo me ne infischio assai.
Alla salute, quindi, col vino rosso
di Marreri che ritempra il sangue in scadenza
Quando c'è premura per la buona riuscita
dei propositi da seguire,
non c'è compagnia migliore della propria
Impossibile sapere a cosa penso,
perchè come acrobati saltano
e volano le idee da un appiglio all'altro
fino a trovare il salutare stato
di quiete per presentarsi agghindato
e pensieroso alla cerimonia della vita
sulla terra che poi è solo una
effervescente goccia d'acqua
salata sospesa nel cielo
Non c'è vita senza crucci, dunque l'esistenza
non ne è esente, nè mai mostrerà disgusto
La violenza domina l'esistenza,
quella che promuove gli eroi in guerra
i Meleto accusatori e i Giuda spie infiltrate
nonostante le prediche delle persone
che passano un quarto del loro tempo
a cambiarsi d'abito aiutati da servi domestici
la violenza mette a soqquadro il mondo
che rotola indifferente con e senza
il quarto di vino che fa buono il sangue
che non mente. Così bontà e onestà
vanno al macero e buon gli faccia all'universo
Dio - e il mondo - si aspetta il meglio da noi:
si aspetta l'innocenza senza la violenza
il buon umore e non il malumore
non si aspetta il sospetto della gelosia in amore
né si aspetta l'invidia del vicino
sul tuo ultimo cambio di macchina
e lo atterrisce ancor di più il pensare
di averla pagata in contanti e non a rate
Colgo a mente aperta i pensieri
comunque essi siano liberali o tirannici,
infernali o celestiali, belli o brutti
pii od empi, tragici o comici, seri
o faceti, ridicoli o sublimi
sportivi o sedentari: si, a mente aperta, si
ma a bocca chiusa per paura che coli la bava.
Conduco un esistenza semplicemente elementare:
ho sempre meno bisogno di quelle cose
che non mancano
e la direi una esistenza spartana
se avessi dimestichezza
con le armi e con i coltelli da cucina
che temo al doverli usare
perchè ne ricavo sempre qualche ferita
così anche la grattugia che mi scortica
la corona delle unghie
perciò un pezzo di cacio, che non manca mai
nella bisaccia con una bottiglia di vino,
preferisco rosichiarlo come i topi.
Oggi, dopo anni, ho ripreso possesso
dei miei fornelli e ho ben fritto
fette di melanzane che poco trattengono
dell'olio mediterraneo e alle finestre
di casa accorrono e applaudono gracchi
e scriccioli che prendon parte al festino
senza sporcare in cucina perchè sanno
che sono io il domestico
che se ne infischia del grembiule d'ordinanza
Oggi è una moda molto triste
tanto è stupida e crudele
quella di mutilare i cani
tagliando loro la coda
forse per impedire che se la mordano
Chi beve col cuore pensa prima al suo
poi al fegato degli altri,
non ultimo Polifemo e il vino di Marone
I medici credono che ordinando ai pazienti
quel che loro non fanno
si guariscono lo stesso con un liberale clistere
Oddio uno deve essere proprio malmesso
per affidarsi a un avvocato, a un medico o a un prete
Nell'uomo una coscia di donna provoca
un ineludibile richiamo d'amore
che lo fa scalpitare come un puledro indomabile
Oggi è raro che qualcuno vada in cerca d'un padrone
4luglio’77quandosicantavallatrallallero
La mia andatura è traballante,
lo sguardo incerto
ma le basette, ah, le basette
son da fedele al re dei re
Il cuore della madonna e quello del figlio
non so proprio a che si riferiscano
se non alla stabile temperatura sanguigna
E' una disdetta per i pastori,
erranti o stanziali
quando i montoni scappano dalle greggi.
Chi va in cerca di qualcosa,
è certo che quella cosa gli manca
Vivo per me perciò il tempo non mi manca
Mi manca la donna e la femmina?
Conosco quella dello scapolo e del vedovo
che se ne infischiano delle ginestre
degli asfodeli e delle mimose.
La crudeltà degli inquisitori inventò
la mordacchia
per impedire all'arso vivo di maledire.
Altro che tagliare il cuoio capelluto
al nemico ucciso
o innalzare la sua testa in cima alla picca
o privarlo dei genitali per darli a cani e gatti.
In ogni terra incognita si avventura
ogni persona ignara;
e ciò non sarebbe se non avvenisse
Ogni infermità è misura di esclusione:
perciò nulla so dell'arte della navigazione
non conosco le stelle nè i fari sulla navigazione
non so fare un remo, potrei cucire una vela
ma non pretendete da me che
accenda un reattore per sottomarini
Alla mia età son buono solo a far nulla
e proprio nulla faccio di cui debba vergognarmi:
mangio, bevo e chiacchiero, me ne infischio di leader
e premier messianici più dei papi
che han consumato il loro tempo
al contrario dei bruchi che sfarfallano
in anticipo, me ne infischio
al modo dei profeti nei riguardi di chi li ascolta
e crede alle loro stoltezze,
come chi sta bene se ne infischia
di chi sta male, come il ballerino
se ne infischia del fraticello zoppo
come il calvo se ne infischia del barbiere;
vivo col solo rimpianto di non poter
percorrere le antiche vie consolari
di essere incapace di erigere
una sola arcata dei ponti romani
e di non poter vedere Roma
dagli spalti del Colosseo
Per non vergognarci di quel che possiamo combinare
basta, quindi, evitare di farlo; a ciò serve il giudizio.
Mi rallegro quando sento di aver ragione:
la sola cosa che allontani la rabbia e rassereni l'animo
e con essa, l'arte e la giustizia,
condizioni che occupano l'animo intero:
come l'amore per la tua donna,
ovvero quel che ti manca
ornato dalla sua bella chiacchiera;
quindi amore e ragione più arte e giustizia
tengono a bada la rabbia
e dan pace ai sensi del corpo vivo
Vano è cercar frutto più dolce del fico maturo
che stà nel cortile di casa, quindi non fare il gaudente
che, come il cane, se la gode con tutte e tutti.
Ambiente equatoriale
Il nostro cibo viene dalla terra,
lo consumiamo e alla terra ritorna;
agli uccellini le briciole del pane;
quel cibo che ci cade dalla bocca
è destinato al cane
e quello che cade dal tavolo
è destinato al gatto;
la manna è quella che Iddio
invia dal cielo ai suoi profeti
Me ne infischio dell'infermità fisica
e dell'integrità mentale
bevo vino e tiro a campare, non temo
la morte e non la vado a cercare
e mi affido al primo sanitario
che mi da garantito l'impedimento
alla morte di venirmi a cercare.
La prima presunta virtù degli adoratori di Dio
è di pensare più a Lui che al mondo
impastato da Lui dove però
soddisfano i loro naturali bisogni.
Le mie basette
- che vengono dai primordi della terra -
sanno di ottava meraviglia del mondo conosciuto
e hanno quel leggero non so che in parentela
con le Piramidi, il Partenone e il Colosseo!
Ambiente mediterraneo
Che la giustizia mi accompagni
in quel che sto per fare in pubblico
È più intricato il groviglio del mio animo
70enne dei fili che ci legano alle stelle
Buttate quel che vale e non vale,
è compito dei gracchi scegliere
Nello spazio non c'è tempo
per le convenzioni che si trovano a terra.
Non c'è premier nè leader che
come tutte le persone di successo
riesca ad esser serio almeno al cesso.
Ambiente scandinavo
L'amicizia tra due persone dello stesso genere
è, tra un uomo e una donna, amore
La fede è il credere in te stesso
come unico portatore di verità
Ho fede in quel che credo
come unica verità: la mia in quel che credo.
Mi son rimpolpato da quando ho vinto
la balbuzie.
Ora devo sistemare la timidezza
per farmi più comprensivo.
Con la scontrosità ho smarrito il sorriso
e non riesco a ritrovarlo.
Esposizione tropicale
Più perdo capelli più ho in pace l'animo
Con ogni scorreggia mi sgonfia di più
Col solo pensiero prendo il volo
Con la sola voce mi faccio sentire di più
Nelle orecchie mi passano le parole
come l'acqua tra le dita
Non voglio e non posso più bere
in modo smodato da giovani cavalieri
poichè invecchio e perdo i capelli
e li riguadagno come peli
dei baffi e delle giovanili basette.
Gli occhi più assorbono e più rispecchiano la luce
che è l'ultima a spegnersi col respiro
che ci riporta nel regno dell'antica
e sovrana Ingenuità:
quella di capire il perché dobbiamo morire.
Ambiente immaginario
Sono nato fortunato con le buone stelle del cielo
ma poi, con l'avvento della malattia
la sorte non mi è parsa avversa.
Siamo tutti ingenui e ci crediamo chissà quali divinità
in cerca di gloria che troviamo con i vermi della terra.
Ora come prima e sempre,
le disgrazie mi suscita la compassione.
Ai soli invidiosi non dispiacciono i dispiaceri altrui.
Per un onest'uomo è meglio perdere
i capelli che non smarrire l'onestà.
Il mio medico mi sollecita a rovesciare
in mare il sale che ho in più
o almeno di non assumerne altro,
ti basta quello del battesimo, mi dice.
Ogni volta che seguo gli altri nel sentiero impervio
ruzzolo come un frate zoppo che si ostina
a danzare come un barbiere ballerino.
Che l'Iddio ci abbia lasciato soli
dopo averci fatto e imposto la libertà
è più certo dell'averci creato dal nulla
poichè il nulla esiste
solo nella mente degli stolti.
Per universo intendiamo ciò che conosciamo
supponendo altre enormità di cui siamo ignari,
nella forma e nella sostanza.
Nella stagione calda scopri il corpo
che copri nella stagione fredda
così alla giovinezza la vitalità è propria
e non è fatta per riempire la dispensa
della vecchiaia che avrà sempre
il corpo stanco e freddo come l’inverno
Un animo nobile nobilita un franco sorriso
Un semplice pensionato sano, sedentario e senza bava
è il monarca al governo dei propri giorni
e non cede il timone che alla prepotenza della morte.
In amore perde senso
il ritegno di lui e il riserbo di lei
per far posto al privato di entrambi.
Tutto ciò che è naturale
campa al meglio anche senza orpelli.
Chi cerca dio può non andar lontano
e se davvero è fortunato
lo trova in se stesso.
Se ti capita di incontrar la fortuna
- come può capitare ai vivi -
non abusare di Lei, non spolparla,
come usano fare gli ingordi
perché potrebbe offendersi.
Non so chi abbia abbattuto le torri d'Irillai
anzi non so neppure se abbia mai avuto
delle vecchie mura che ogni paese vanta;
dall'infanzia finora, sotto i miei occhi
è svanito anche il Rifugio di guerra sotto casa.
Il gonfio pallore del viso
sa di quella muffa che attrae i corvi.
So che alla mia morte i nuovi nati
faranno il possibile per essermi somiglianti
e simili come gocce del vino della stessa botte.
Quando la pur onorata persona del quartiere
va avanti con l'età ha il vago sentore
che i vicini se ne infischino di lui
e faccian più conto del parroco
che assolve le loro pecche.
Conosco il mio destino scritto nel cielo
perchè ho carpito certe confidenze
alla mia buona stella che ospita
tutte le più importanti donne della mia vita.
La mia nuova effigie è sui 50€
Quel che mi riesce meglio è obbedire a me stesso.
La politica è l'arte con la quale
le persone assennate han deciso di stare insieme
intrecciando le proprie vicende
e portarle a compimento
senza aver vantaggi a danno altrui
come i cristiani d'altri tempi.
L'uomo è l'unico animale
che da a vedere di essere diverso dagli altri
perchè si veste come gli pare di giorno
e si cambia gli indumenti per dormire di notte
insomma è l'animale che usa più pelli
per nascondere quella avuta in regalo.
Il pane è quel povero alimento che tiene
in vita le persone comunque esse siano.
Non si mangia il pane intero, ma lo si fa a pezzi
con le mani pulite e pure come le profondità marine
per dividerlo con gli altri che siedono a tavola
solo quando sono affamati
Dividi il pane con l'amico e senza negarlo al nemico
che non manca mai, poichè il pane non si nega
nemmeno al demonio che ci corrompe.
Amo il vento meridionale dal lieve respiro
Dei galli che popolano i pollai del mondo
non ce ne uno che non abbia la cresta
rossa come il sangue dei cristiani.
Dei polli dell'altro mondo non so.
E ancor meno so dei capponi
che si cuociono nell'inferno.
Il bianco gallo d'Irillai mi sveglia
quando la notte svolta verso il nuovo giorno
per scriverti i miei pensieri notturni
che vengono messi sul foglio spoglio
così come nascono:
nudi per essere battezzati dalla sua madrina
Le meraviglie si fanno
per far credere quel che non è
e alterare quel che è
Predu Pilurzi, mio inestimabile cugino,
aveva in dote, senza saperlo
che alla sua sola presenza le femmine vergini
si ingravidavano, e, trovandole gravide,
si partorivano felicemente senza dolore
sia i maschi che le femmine e persino i gemelli divini
e tutti nascevano col cuore sano e pomposo e più duro
del già duro e puro grano maturo del gran Campidano
L'uomo che arriva sul tappeto volante
al mercato all’aperto d’Irillai e Ohiai B.
saluta sempre gli increduli cerimoniosi
spendaccioni e parsimoniosi
La filosofia ti illude di farti savio
Ho più fiducia in chi ha letto L'apologia di Socrate
che non in chi ha letto il Vangelo
per poi abbrustolire eretici e streghe vive
Il desiderio di sentire la voce non intende
vanificare la comunicazione scritta
scriviamo, dunque, semplicemente
al modo della gallina che fa l'uovo
che lo cova dopo il canto del gallo,
dell'uva che matura
e dell'aglio che insaporisce
e profuma l'alito spiritoso
- Ogni momento e ogni luogo
son buoni per sperare nella fortuna,
ciò vale anche a non credere
alle facili promesse dei potenti
che per un pezzo di spalla arrosto
hanno abbattuto Tebe dalle sette porte
Per te indosserei il mio grembiule domestico,
per esserti d'aiuto con un bacio delicato
e colorato come una bacca selvatica
- Se in qualcosa siamo d'accordo
è nell'essere tutti sulla terra
che non si sa se rotoli in avanti
o, in salita, ritorni indietro
- Sapessi della terra e del cielo
quel che so di me
non avrei rinunciato alla Baronia
e nemmeno al principato di Lollove
e ancor meno alla lotteria settimanale
Le persone misurate son quelle che cantano
al cesso e perdono facilmente stima
in chi non le tratta come si aspettano
Devo prender parte agli affari del mondo
senza trascurare i miei che vadan come desidero
e meritano l'attuazione con successo
- Il suo fiero e squillante chicchirichì vuol dire:
Non sono l'orco in cerca della preda da divorare
ma sono l'amico dei beoni d'Irillai
che aprono spiragli sul passato che non c'è più
Il vento che soffia dalla Serra di Orune
asciuga scuotendo le cose stese a Sae Maria Lodè
- Stai meglio a soldi o a salute?
La religione è madre della vana speranza
L'animo non si nutre di sole promesse
- Cos'è il governo?
Il governo è la forma attuale degli stati moderni
per amministrare gli affari umani legati
alle cose della terra che dà vita al mondo.
- Trovo strana la diffidenza
che mi fa dubitare dei miei concittadini
ma non riesco a sopprimerla
solo a costui affiderei il quotidiano governo del mondo.…
...a questo mio ottimo alleato: il nobile Carramerda Isseddhau, conte di Hirillai
Non è compito dello stomaco digerire le illusioni