mercoledì 4 settembre 2024

filiza : L'arte del "confusioner" è aizzar lite e attizzar lzuffa -

  ermwa

“La filosofia è scritta in questo grandissimo libro 

che è aperto davanti a noi (io dico universo), 

ma non si può intendere se non si impara la sua lingua,

 conoscere i caratteri con cui è scritto. 

Egli è scritto in lingua matematica, 

e i caratteri sono triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, 

senza la cui conoscenza non si può intenderne la parola, 

e senza questi è un vano aggirarsi dentro un oscuro labirinto.”. 

                                      Galileo, nel Saggiatore.     




i  l a b i r i n t i



di



filiza




filiza in visita a ospiti di riguardo

che vagano come straniere novità










Diceva Voltaire

che chi legge senza una penna in mano

dorme.






Considerazioni - di autore anonimo - 

sulla natura dell'individuo di Ohiai Benimindhe 

che usa radersi senza sapone ne dopobarba.



Lo Stato è la somma dei cittadini uguali

che vivono alla pari garanti l'un dell'altro



Vi è mai capitato di avere le braccia penzoloni 

e di non riuscire a sollevarle pur desiderandole? 

È la spossatezza che genera tale condizione?



È un difficile compito della famiglia 

raddrizzare un figlio nato storto e di traverso.



Più di uno si crede al sicuro dai mali del mondo,

quand'è sulla soglia di casa.

Ma i mali anche in famiglia 

son duri da contenere.



Il passato che abbandoniamo 

a chi appartiene se non a noi?

Come consolarci da ciò che abbiamo fatto?

Dimenticando? 

Sarebbe la novità la rottura col passato?

La novità sarebbe l'antico oblio?

Distanziarsi dal passato 

è come dire che non c'eravamo 

quand'è avvenuta la catastrofe,

 non siamo noi gli autori del male 

dormivamo mentre si bruciavano vive 

le streghe e gli eretici 

offrendoli ai fantasmi dell'inferno 

che ci dimora nell'animo



La Nazione è quel famigerato insieme umano 

convinto di meritare il favore di Dio

 a danno del mondo.

E chi non è di Dio è del Demonio.



Predu Pilurzi, primo e più bisognoso figlioccio 

di tziu Pepantoni, come i ragazzi 

sani della parrocchia, faceva il chierichetto

 ma all'improvviso, abbandonò l'altare, 

la processione del Redentore

i costumi e la passione di Gesù

 uguale ai condannati a morte. 

Preferì vagabondare nei campi 

e prendere qualche uccellino 

a cui rifare il becco 

e dare freschi colori alle sue ali. 

Egli aveva il caratteristico passo di chi,

 sovrappensiero perde una parola

 che si allontana da lui per qualche tempo 

gli mancherà e non la riconoscerà detta da altri. 

Hai fatto l'uovo gallinella?

 Diceva alle ragazze dei bar, dove i cani

 abbaiano perchè non li fanno entrare

si rattristano e paiono soffrire 

con le guance cascanti 

come il volto del Signore sulla croce. 

Poco tempo dopo aderì ai menestrelli d'Irillai 

che cantano di notte quando si spengono le candele 

dell'angolo per non esser visti ma sentiti. 

Erano menestrelli con l'abitino di velluto nero 

che cantano nella notte insidiosa, per non aver paura. 

Al tempo della leva anche Pilurzi mostrò al sole 

il corpo già vaccinato: avrebbe tenuto fermo il verro 

per castrarlo, con quei bicipiti che dalla nascita 

avevano scolpiti delle zanne di cinghiale. 

Era un tenero buontempone, 

come tanti ce ne a Irillai

che fanno la corte alle fanciulle 

cantando mottetti d'amore 

dove per i primi frutti del mandorlo in fiore

laverebbero anche i panni sporchi da un mese 

delle belle e libere fanciulle di Gavoi.



Tante son le cose quante son le persone, 

una più, una meno 

il rapporto tra di loro non è separabile

in effetti i rapporti sono polteplici 

e le cose esistono per gli uomini 

e gli uomini non ne possono fare a meno

sono indispensabili come l'aria e il cibo 

così è l'uomo per la terra

senza di lui sarebbe un deserto senza sabbia 

un mare senz'acqua, un cielo senza stelle. 

un sole senza calore, una luna senza sorriso 

una donna senza la grazia del ventre spiritoso.



La lealtà rifugge dall'ingannare i propri simili

 come chi è leale non altera la realtà 



L'onore non nuoce al genere umano



Ci vuole più coraggio a non uccidere 

col rischio di morire 

che non a uccidere 

per scampare al pericolo di morire



Al punto dove arrivo io 

c'è sempre qualcuno con i capelli bianchi 

ondulati, pronto a partire 

fischiettando come un merlo. 

Pare un musicista che – come un Dio - 

dalla calma dei morti trae beneficio.



Pare che Dio – o colui che parla con se stesso - 

sia l'esatto opposto di noi che abbisogniamo di tutto 

e principalmente di compagnia per vivere. 

Abbiamo appreso da lui a meditare 

sul luogo famoso del dove

 non c'è denaro c'è miseria.



Le guerre fatte finora son dovute 

a dei, semidei, amori e ruberie 

sistemi economici ed eserciti 

dotati di armi sempre più micidiali 

dettate dalla coscienza di vincere

poi, inevitabile, nasce il conflitto

 per la divisione del bottino sostanziale 

che sia il possesso della femmina

 o i beni della terra, fatta di mari 

e monti e valli, libero ciascuno 

di crederli fatti, naturalmente, da chicchessia

l’uso della forza umana smuove le montagne

 e contiene i mari e assoggetta i popoli 

alla schiavitù da subire e alla libertà 

che sempre si aggiorna al presente

 col bisogno di mangiare e amare



Nell'ospedale dei clisteri si curano i sani 

e muoiono i malati e gli afferrati 

dagli invisibili tentacoli delle faide paesane 

venute a pericolosa maturazione 

più dei dolci fichi maturati 

sul più ripido burrone d'Ohiai 

dove solo i fannulloni coraggiosi 

gli si avventano fuori dal tempio 

dei fabbri ferrai che bevono 

il chiaretto di Zomaria Zigottu 

servito dall'ostessa, sollevando pesi immani,

 calvi come i pesisti in gara sulla pedana 

dove le coppiette sognano di rotolarsi 

felici uno sull'altra, come usano 

anche i grandi principi spavaldi nel tempo



Più buono è il vino che si beve 

a fine lavoro perché allontana

 la fatica e le birbonate del capocantiere.

Fingiti pensieroso e sarai semisapiente. 



Grano nel sacco, grana in borsa, grane 

nell'animo del paraninfo che avverte:

Occhio al rancore che divampa

 dove si rifiuta l'amore.

Segui i consigli del quartiere 

che è l’anima divina del popolo 

che diffonde la parola del signore. 

Non mancate all’assemblea 

dove, tra risa e risse decidono di noi 

sull’altare più alto .



C'è un filo sempre teso da un balcone

 all'altro in piazza del Kontone Ballaloi 

dove si avventurano gli acrobati 

quando d'estate  capitano dalle nostre parti. 

Qualche maligno sospetta l'imbroglio

altri invidiosi parlano di menzogna 

gli innocenti dicono che l'acrobata 

è parente degli uccelli 

che per le loro esibizioni

 son detti i padroni del mondo 

come tutti gli esibizionisti al comando 

come papi e re, principi ed eroi, 

generali di brigata nel quartier generale

e campioni di calcio che sputacchiano il rettangolo.



Non a tutti gli oratori è dato sapere 

quello che dicono. Così quelli che 

sostengono sia la facoltà di osservazione

 a dare inizio allo studio dei fatti naturali

che si ripetono spontaneamente

 come le greggi animali per difendersi

e quelle umane riunite in villaggi e città

per capire gli avvenimenti che accadono in noi e tra noi.

Ma i tavernieri si che sanno quello che scrivono 

nel quaderno dei buffi.

Nulla più del vino si addice alla zuffa.

In nessuna zuffa è lecito al figlio battere il padre.

Nemmeno di notte quando canta il gallo d'Irillai.



Ho fatto te e sto a vedere cosa farai meglio di me. 

Rispose il padre al figlio che lo rimbrotta

 per aver fatto non so che nella vita.

Impara a fare un mucchio di pietre

e ringrazia le trecce di tua madre 

che non temeva i ragni. 

Patirai la fame fino a mangiare fichidindia al buio.



La società ben assestata ricorre alla giustizia 

nonostante comandi di non uccidere 

perchè peccato capitale.

Oddio com'è in odio la brutalità

 ai benpensanti.



Uno è parlare con te stesso, 

altro è parlare con gli altri tuoi simili



I desolati d'Irillai cercano rimedio 

alle disgrazie appiccandosi a Borbore

La collera scardina i vincoli e sfalda le barriere 

gli è necessario sfogarsi

 e lo fa frustando il mare : 

a oriente d'Irillai il limite alla sua furia 

è il Tirreno.

Perciò la collera è nel carattere degli isolani 

e meno male che c'è il mare a contenerci: 

e la collera e il carattere.



Parlo col mio animo sottovoce,

 si, per non disturbare il prossimo

poi perchè non posso fare a meno

 della sua compagnia 

che mi sollecita alla confidenza.

E mi dice: Pensa al domani con le cose di ieri. 

È così persuasivo a volte che gli do retta. 

Così, dopo, cerco dentro di me 

quel che ho perso a carte.



Si consuma quel che l'amor trascura 

e invano lo ripete l'eco: 

in conclusione Dio ha abbandonato l'uomo 

e il mondo che gli aveva dato per giocare.



Nato con l'esuberanza mattutina del gallo d'Irillai...

Con la sua nascita Predu Pilurzi ha fatto un patto

 col mondo: non ucciderò per non violare

 l'accordo con chi mi ha accettato.



Di pace c'è bisogno quando si approssima la morte; 

della pace protetta che abbiamo lasciato per nascere

per giungere al mondo del frastuono, 

della confusione di quello che spinge 

e dell'altro che tira per rimanere 

in equilibrio gli uni con gli altri 

prima che la terra ci copra.

Chiocciole mangerecce di media grandezza 

con la casetta a striscie

Cipolle di Ottana innaffiate alla fontana 

con fagioli di Ghilarza

Poi la guerra, ostile alla vita

 è così blasfema, quasi come

bere il vino dal collo del fiasco.



Ho timore della sofferenza patita 

passata per ritornare in forze e dare 

quel che spetta a tutti i bisognosi

 figli della natura, delle cose sane e malate

belle e brutte. 

Temo che la coda prenda fuoco; 

si vedrà se è di paglia.



La natura è la madre del Dio degli Dei.

Le guerre finora combattute

 sono state fatte in nome di Dio 

e dei suoi Dei: sarebbe ora di finirla 

poiché ogni tempo è adatto a far la pace. 

Come nelle guerre dei bambini di quartiere.

Gratta gratta sempre di aggressione si tratta.

La guerra, ostile alla vita

 è la costante del mondo.



La dolce serietà della signora che sotto 

la rossa chioma tiene a bada 

i mastini del cacico dal fantomatico 

carisma di okei il prezzo è giusto



Sulla cronaca che altera la storia.

Il figlio del cacico sopra il tacco, ha avuto

 in strada un testa-coda che con familiare

 abilità ha controllato; il giovane si sarà 

spaventato ma ha nascosto l'episodio

 in famiglia; per non allarmarli, han detto.

 Bene, succede spesso in strada. 

Allora perchè dirlo alla gente dopo una settimana? 

Per far vedere che il figlio è abile quanto il padre

ha preso da lui e siccome guida a meraviglia

 la porsche, figurati la barca del governo nazionale. 

Non capisco la notizia. 

Non so a che serva la diffusione di una non notizia. 

Avesse almeno picchiato il padre senza che nessuno

 l'abbia difeso! L'avesse almeno malmenato

 come usava Monzon con Benvenuti

 senza intervento dell'arbitro né dei secondi! 

Il figlio del cacico picchia il cacico padre 

in strada e nessuno interviene in sua difesa! 

Quella sì sarebbe una notizia.

 Ma il figlio del cacico in testacoda? 

Che è? 'Na schifezza. Era ubriaco come il padre: 

vada piano se teme di sfracellarsi. 

E non investa qualcuno.

 Se no a Mamone, al ricovero degli scellerati.



Nella mente di Dio posava Croale prima 

di venir sulla terra discreto come le

 civette di Farcana col becco d'argento 

che accompagnano le janas fuori

dai nascondigli a ricamare nelle radure

 incantate di cento fiori fragranti

 come pani sfornati al primo maggio. 

Fornaio era Croale e cuoceva 

quel che la moglie impastava di semola 

e farina...egli come un perfetto dittatore

risolveva i problemi che si poneva

 e additava al popolo affamato

 i pani lievitati e cotti che già intravedeva

 nell’ampio orizzonte del futuro



Corso della Pietra Focaia

 era la via principale d'Irillai 

poiché gli abitanti a cercarli 

scintillavano come acciaio alla luce. 

Ne tocchi uno, li tocchi tutti. 

Da una scintilla divampa il fuoco. 

Da un dito, la mano, dalla mano il corpo 

quindi si rizzano i capelli dal dolore

 e le unghie cambiano colore



 Ogni paese ha il suo uomo nel bosco 

che se ne va ramingo passeggiando 

e spiando le coppiette; 

è il cosiddetto fauno del paese 

che non tifa per nessuna squadra 

e a cavallo della sua moto 

attraversa ruscelli muti 

e sull'arida terra non sanno dove parare: 

piace il silenzio boschivo di Borbore, 

le rocce e il colore degli alberi. 

Fuggono dal paese dove tutti li vedono 

e fanno gran rumore come una cascata di suoni. 

Altro è origliare felice come un ladro

 dietro un tronco o un cespuglio 

il canto della foresta di Farcana e del bosco di Soloti 

dove nemmeno Dio lo vede. 

L'uomo nel bosco sta bene solo 

come chi non ha bisogno di nessuno 

come Polifemo prima di veder Galatea. 

All'uomo del bosco gli è propria la compagnia

 degli indomesticabili e solo con loro non patisce, 

tutti obbedienti alla nature delle cose.



Io abito in Serbadore. Serbare. Serbanza. 

Ho ricordo di me. Mi nascondo 

in Serbadore per esser libero di ricordare. 

Mi riserbo per così dire

 le parti migliori del mondo. 

Le serbo in me: mi servono. Mi riservo. 

Mi ho in serbo. Mi tengo da parte perchè 

non so fischiare i motivi alla moda della banda.



Sulle tombe per antica usanza riposano i passeri 

quando rientrano in città dalla foresta di Farcana 

salutano le mie donne con un rametto del bosco 

e con le solite novità e una briciola di pane 

volano al nido del cortile di casa e ansanti 

mi dicono dei pericoli a cui sono scampati

Sui camionisti avventurieri se ne dice più di una 

ma sugli artigiani

 nessuno dice quanto sono intelligenti 

ma li elogiano con un: hanno mani d'oro

purtroppo danno di gomito come i perditempo 

al banco del bar pronti a dare 

i numeri del lotto e buoni consigli 

a tutti i garzoni della terra 

come usano i vecchi savi del Kontone Ballaloi



Predu Pilurzi, d'Irillai, era di quelli 

che fanno meglio a terra 

quel che gli uccelli fanno in volo. 

Faceva meglio a terra le proprie faccende umane

come a volte scappa agli uccelli in aria. 

Pilurzi quando si accomodava nella casa dove Outis

imbastisce le composizioni senza trama nè ordito

suonava l'armonica per non sentire le chiacchiere 

e i rumori spontanei del suo corpo

 appena dimesso dall'ospedale dei Clisteri 

dove si curano i malati e muoiono i sani.



La città d'Irillai sorse attorno al mercato

 comune all'aperto di Ohiai Benimindhe 

dove i singoli abitanti e i gruppi vicini

 scambiavano come quattro chiacchiere

 quel che avevano in più diverso dagli altri 

che avevano bisogno di quel che mancava in casa:

Chiocciole mangerecce di media grandezza 

con la casetta a striscie

Cipolle di Ottana innaffiate alla fontana 

con fagioli di Ghilarza e fichi maturi 

appena colti da mettere sul grembo della dea

più bella, la protettrice d'Irillai: Kikina Karai.



Il cibo della mamma col bambino che vede lontano 

gli sgherri di Erode venire a prendere

 colui che sarà re

i ghiozzi fritti del Tirreno mangiati alla festa 

dei  coetanei dove Outis ha pianto

 mentre cantavano in gregoriano

il bollito di pecora a fuoco lento, il ciclo delle stagioni 

le feste nazionali e paesane, le credenze popolari 

e le credenze di casa, i matrimoni, i canti sardi 

i modi di vivere, i prodotti del lavoro, i patrimoni 

i vestiti, i costumi, il mal di schiena 

l'ospedale dei clisteri,

 le competizioni all'ombra del campanile 

i volatili, gli animali domestici, il maialino da latte 

gli animali del bosco, i fiori, le piante, i ruscelli

le fonti, le maghe di Farcana, le patate di Fonni 

la morra, la mariglia, il tenore vernacolare 

la scuola, le strade, la tv, i pesisti calvi e muratori 

gli emigranti, i turisti che visitano la casa 

di Grazia Deledda, il ciclo della moda,

 il rustico parlare dei fratelli di Baronia 

da Zigottu, la bettola d'Irillai, ci vanno disinvolti

 i porcaccioni del corso a riempirsi

 le budella come gli ingenui affamati di trippa 

aragoste di Bosa quaglie e piccioni al melograno 

un bue di Bitti e un gallo di Ghilarza 

a ogni rebotta con la forchetta

si esalta il connubio di monica e cannonau 

e col chiaretto di Marreri ci passa l'estate 

la fresca bionda di Monastir 

come la fanno i frati che al lume di candela 

si giocano una morra e all'alba una mariglia

e poi cantano a tenore in chiesa

 come  menestrelli e più di un moro dorme in piedi 

come chi è sazio di budino d'agnello 

qualcuno russa come un pensionato 

e su di lui volano le mandorle

 e mancan le donne per aprire le danze 

il cuoco di caserma macina sull'agnello freddo

 mandorle stagionate e preziose noci 

dell'altr'anno di buona raccolta ottime per il torrone 

e le ossa più felici finiranno ai cani a farsi i denti

 in cerca del midollo in ogni rebotta

 il cibo si spreca e ognuno ha il suo coltello in mano 

e la carne va in fumo, occhio allo spiedo: c'è l'arrosto. 

Tenete lontani i cavolfiori



Con l'ora legale si anticipa il primo canto

 del primo gallo d'Irillai quello più esuberante 

che sveglia gli indigenti e annuncia

< l'aurora dalle dita rosate> nella corte maggiore 

del quartiere dove gli sposi si abbracciano

 per non aver timore del giorno che sta nascendo 

e si sa che comincia bene chi dorme bene 

per ben consigliare a fare secondo

 la convenienza e dare la caccia alla miseria 

e portare a termine la fine dell'inizio, 

concludere, per così dire 

quel che si è cominciato fino 

a portare il figlio maggiore alla monta



Tutto ebbe inizio dall'idea universale che vaga 

nel tempo: prima parlare,

 poi scrivere; dire e ricordare; fare e disfare. 

Imita l'idea. L'idea di Dio che tutto crea.

La Repubblica d'Ohiai Benimindhe ha abolito

 i privilegi aristocratici 

e i titoli nobiliari, e se ne vanta: a carnevale chiunque 

può rovesciare in testa a Re Giorgio Paesano

 un rinale di contumelie, al buon re 

di Ovodda benefattore d'infelici vedove 

senza colpa per come sono andate le cose

 dalla creazione in poi



La lingua madre è quella che fa intendere

 il figlio alla mamma che vede il pensiero

 come il sole nel cielo più luminoso del meridione.

La lingua di casa è quella del quartiere, 

ora che tutto è sommamente televisivo.

Ognuno può parlare come può e crede

 (nel recinto di casa).

Uno parla a modo suo e gli altri a modo loro.

La lingua che si parla in Baronia 

è quella dell'antica signoria di Galtellì 

che mangiava crudo il fegato del porco.



Il mio animo è composto da ciò che intuisco,

 intendo e immagino.

L'animo è un luogo adatto alla meditazione.

Al buon animo si addice il ricordo

 e al malanimo sia dato l'oblio.

A occidente cadono gli accidenti e si rinchiude

 il corpo di Gesù in un aureo recinto

 in mezzo all'altare sacro tra ciuffi di malva

gagliardi asfodeli e più di un papavero

 qua e là nel campo.



La vita è variabile proprio come il tempo.

La vita è la costanza del tempo.

Il tempo senza la vita è inimmaginabile 

proprio come la vita senza tempo

nello spazio che non finisce proprio mai.



Eros dona ai puri di cuore le ali dell'amore.



Moriamo con la paura di non aver finito

 quel lavoro per cui eravamo nati: 

indagare il perchè i tavoli del soggiorno

 e di cucina son corredati di quattro o sei sedie, 

mai un tavolo con tre o più di cinque angoli o spigoli



Siamo nati per qualche motivo e tutta la vita

 cerchiamo qual'è

ovvero dove sta il trucco, 

la causa dello stupefacente natale 

che riavvia il mondo sempre nuovo per chi nasce 

nulla più della nascita capita al momento opportuno

come la morte sempre inopportuna



In qualche parte del mondo 

ci deve essere qualcosa di nascosto 

a Dio e agli occhi degli uomini 

che stimola la loro curiosità



Primus inter pares: colui che 

- con la prima scintilla di una pietra focaia - 

governerà il mondo nonostante Herode

Egli si distinguerà tra i tanti dell'asilo e sarà re.



Non esiste il nulla ma dappertutto esistono 

le cose grandi e piccole 

e la combinazione tra di esse 

a cui prendiamo parte con la paura 

degli scossoni che il globo terracqueo 

può subire a sua insaputa o per sua natura



Il canto dell'uccello in gabbia dice 

che se tu non l'avessi rinchiuso 

lui avrebbe spaziato dalla terra alla luna 

senza perdersi dove non ci sono cartelli stradali 

come fanno le civette di Farcana 

il lunedì di pasqua quando l'orizzonte 

non ha limiti e volano sull'isola 

come angeli sopra i boschi del paradiso.

Meno male che Iddio non ha posto confini

 nell'universo.



Non solo, il solenne Dio creatore 

delle origini, fece la donna

 per lavare i panni di Adamo

e la accompagnò col vento

 per asciugarli prima e meglio.



Parrebbe che Dio abbia detto 

che l'uomo deve lavorare

 più di un'altro affinchè uno sia libero.

L'uomo d'Irillai e della vecchia Baronia 

lavora perché non può fare a meno

 di fare qualcosa di utile e necessario: 

recintare il cortile di casa, scavare un pozzo 

e ornare il cesso con fronzoli d'argento 

e profumare di mirra il pozzo nero.



Fare: come apprendere dalla natura 

a svelare il suo segreto.

Possibilmente senza abbrutirsi 

cioè fare cose utili e necessarie giocando.



Il suo orologio segnava un giorno in meno 

del calendario affinché capitatogli

 di morire avesse un giorno d'avanzo 

come un'ex- voto.



Quando l'Energia Regnante dall'origine

nella vecchia notte tinge di rosso il cielo

significa che è nata una stella, 

la migliore del cielo attuale

nata dal ritorno delle mie donne 

all'antico caos, dove son soliti

 stare i morti dopo i pellegrinaggi 

concessi nelle foreste della terra 

a ogni inizio di primavera.



Chi ha buona memoria ricorda bene l'inizio 

del primo giorno e della prima notte, 

all'inizio della vita 

quando sono cominciate le ingiustizie sociali 

alle quali è sacrosanto ribellarsi. 

Oddio, chi non darebbe un sorriso agli infelici?



Nessuno sapeva, nemmeno gli archivi vescovili

quando e come è arrivata a Irillai 

la prima palla d'avorio 

per il biliardo di Zomaria Zigottu 

piu verde di un orto di zucchine.

Conti ognuno sulla sua memoria 

per far quadrare il conto del tempo.



Aveva la capacità di fare e cercava di apprendere 

l'arte del lino e far canestri d'asfodelo...

Erano un paio d'anni che da ogni filo faceva un cappio

così quando lo trovarono che oscillava senza dolore

da un'albero a Borbore la moglie e gli amici capirono 

il perchè degli strani manufatti, la passione per i nodi 

che stringono coloro che al buio vedono la fine

perchè di quel che fanno nulla va bene.



Ebbe vita breve:

 quanto la spuma di un'onda del Tirreno. 

Diede tutto di se e gli rimase solo l'anima

ovvero il meglio, il midollo della bestia.



Dall'alto Bruncuspina vidi la marea 

sommergere Montespada 

e sulle onde si avanzava una barca 

con le mie donne a reggere la vela 

mentre una stava al timone.

Veniamo a trarti in salvo, dissero. 

Ci incuriosiva il tuo non far nulla.

Sapete, dissi, che del rovo, del carciofo 

e del cardo l'ultima parte a morire

 è la spina; la parte più sana e santa.

Così mi parvero sorridere in faccia al dolore.



Tenere in vita gli schiavi affinché lavorassero 

era interesse del padrone 

dicevano: chi dipende dagli altri non è libero 

lo schiavo lavorava col suo corpo 

e dipendeva dal padrone che non lavorava 

pare però che anche chi costringe al lavoro gli altri 

non è libero come Tarzan che accudisce tutto da se 

a poveri e bisognosi si dice: vai e lavora

tutt'ora si canta che chi non lavora non mangia 

e gli si nega il gioioso dovere di vivere 

lo si chiama parassita e nasce con i denti per mangiare 

meglio invitarlo a tavola

 prima che si mangi qualcuno di noi 

a tavola sedetevi lontano da lui



Il sole da il tepore necessario al grembo della terra. 

Come la cornacchia che cova le sue uova.

Come spontanea l'erba dalla terra 

così spontanea l'idea dalla mente. 

Naturale come un papavero nel prato.



Barattò i denti da latte in cambio 

di una triste infanzia e nell'adolescenza

 si aggrappò all'immaginazione

come gli suggeriva l'amore materno

e i libri d'avventura. Adulto 

si fece carabiniere, come desiderio del padre

fautore dell'impiego sicuro

e della necessità del porto d'arma. 

Si sposò come volle la moglie, 

un tempestoso giorno di gennaio

che impazzava nell'isola e travolgeva

 i vascelli nei vortici del Tirreno 

ma non poteva risucchiare il loro amore 

per cui la lingua della bocca aveva annunciato 

che non ci sarebbe stata nessuna sorpresa

 per la sposa di nome Monica 

e lo sposo Cannonau, come l'uva di Sardegna.



Solo l'ultimo respiro gli inibì la soluzione

 dell'ultimo cruciverba.

Più di uno a Irillai farebbe a meno di soffrire

 e di morire se ciò fosse possibile, 

come pare lo sia per gli angeli,   gli arcangeli

 e tutti quelli che contano qualcosa più di me.



Noi siamo quel che il puro spirito del Signore ha fatto

un corpo singolare - e una benedetta coscienza - 

capace di pensare e fare cose in perfetta autonomia 

dalla stella d'oriente dove le cose esistono già fatte

hanno esperienza e lunga vita all'orizzonte



Il volo della mosca non ha uguali

forse perchè è all'oscuro del suo destino 

solo un'altra mosca può dare performance uguali 

in barba al sole.



La nostra intenzione impone quel che vuole.

È la nostra intenzione a imporre quel che facciamo.

L'intenzione ci impone la sua ragione.

Se tutto quel che esiste è vero,

dov'è sta il falso?

Dalla deflagrazione del cielo, come per incanto 

è nata l'intenzione che governa il mondo,

 in vista dell'amato scopo.

Dietro la casualità degli eventi 

o dietro la causalità divina che li incatena 

c'è la vecchia intenzione impronunciabile 

che genera l'intuito, al necessario 

segue la fabbricazione di quel che manca.



Ma quanto è verà la realtà fuori di me?

Io, soggetto, appartengo alla realtà oggettiva 

sono parte della natura, esisto tra gli altri

ma è davvero reale quanto è lontano da me?



Alcuni benestanti della grande famiglia d'Irillai 

al sentir parlar di falce che taglia il fieno 

e di zappa che toglie le erbacce al cannonau

cominciano a sudare come se domandassero 

soldi in prestito oppure delle noci 

che durano tutto l'anno e allertano il sonno.

Sudano come la madonna del latte dolce 

davanti a un piatto di minestrone bollente 

con la cotenna che domina la valle.



Occhio allo spiedo: c'è l'arrosto al fuoco.



Dio assegnò un pezzo di terra dove scorreva

 l'acqua chiara e fresca all'uomo nuovo 

figlio della stessa terra, dicendogli: 

tocca a te ora, datti da fare e fanne un giardino; 

zappa se vuoi raccogliere primizie dell'orto; 

quando sei stanco, riposa e asciugati il sudore 

e ricordati di me che ti ho fatto. 

Oh, si. E tu ricordati della donna 

per le faccende di casa. 

Viva il lavoro, dunque. 

Fa' che la terra renda, almeno da uno a venti.



Egli fu sgomento dalla vastità della terra 

da coltivare tanto che immaginò 

di impiegare i braccianti d'Irillai e dintorni

fino alla spavalda Baronia dove liberi sfrecciano 

i cavalli di san Francesco in attesa della briglia. 

Qua, chi non ha terra pensa 

di lavorare in un monastero. 

Lavorate, gente, che l'ozio fa pensar male. 

Pensate a quanto può esser triste 

la vecchiaia senza pensione. 

Voi non siete vecchi artisti 

che si han dissipato le entrate 

ai quali gli antichi signori

 assegnavano vitalizi per sognare ancora.



Per vedere il sole,

 bisogna guardare da un'altra parte 

come Dio, non lo si può guardare. 

Essi abbagliano per non esser visti. 

Il loro fulgore impedisce di vederli. 

Amore scompare alla vista di Psiche 

o Psiche non sostiene la luce dell'Amore. 

Così Giove a Semele: Chi ama,

la luce brucia il fulmine 

come un raggio di sole incenerisce l'amante..

Pare che sia leggero portare il necessario: 

porto a spasso i neuroni 

che mi fanno andare dove forse voglio io.



Il mondo è pieno di simpaticoni 

che fanno nascondere l’altra faccia della luna 

e uccidono per il petrolio 

come se l'avessero inventato loro.



Al massimo dell'età cui può arrivare ciascuno 

di noi, arrivò Zuanchinu E. Remitanu 

che faceva un pò di tutto ed era onesto

 come noialtri che vestiamo il velluto 

e il fustagno e abbiamo brave mogli 

come le sognano quelli di Bosa, d'Orosei e Orotelli 

dove si litiga per i fichid'india e le controversie 

si risolvono con la morte, non dico 

di un'agnello o di un porcello ma di una persona 

che avrebbe potuto allestire una rebotta 

con frattaglie e sanguinacci color del vino 

ogliastrino che da allegria nel tentativo 

di pacificare gli animi dei giovani 

che sulle orme dei padri son pronti alla zuffa.



Nessuna novità: l'usato è stato nostro

come il mattino al sole e il freddo 

alla notte, guardiamo la finestra dalla tv 

e aspettiamo l'insolito che non viene mai: 

tutto è stato usato, anche il messia 

è sceso sul vecchio sentiero 

dalla montagna e sordo alle sirene.



Con l'aria sufficiente ciascuno pensa 

e parla come può; respira a pieni polmoni

 finché ce né, prima che venga il mozzafiato.



Pensa spesso ai morti che han reso 

quel che avevan preso;

penso alle mie donne: 

a loro che han già dato 

serenamente quel che avevano avuto.



Son codardo e campione di ignavia  

solo perché non amo la guerra 

a cui non immolerei mai una lepre?



Una gran testa non è indice di senno.



Chi è in affari vive per i denari.



Alle persone degne, con i capelli ricci o lisci 

si addice aver le idee chiare e felici.



Avrebbe osannato tutti i comuni d'Ohiai 

che  avrebbero sacrificato alla dea ospitale 

una pecora al giorno e cucinarla alla mensa 

municipale ove chiunque con un obolo 

avrebbe potuto saziarsi una volta al giorno

 con lo spezzatino alle patate di montagna 

dove non manca l'acqua fresca che scorre 

fluida e rinverdisce gli orti d'altura 

e i giardini di Fonni e Gavoi dove nella calunnia 

i diffamatori si giocano il loro onore: 

sanno che non è facile essere creduti.

Per loro è tremendo emettere una sentenza

 di morte in via definitiva. Cionondimeno 

lo fanno come in altre parti d'Ohiai dove

 non cacciano via nessuno 

che abbia qualche merito in saccoccia.



Hanno ucciso Socrate 

quelli che non sapevano quel che facevano

credendosi chissà chè, erano sicari 

che davano la morte credendo di non morire.

Per la giustizia siam tutti sullo stesso piano

 e tutti di possibile derisione 

dando una pacca sulla panza 

come per sentir se è vuota o poco piena.

Nel mondo della carne concreta comanda

 lo spirito ascetico in un cielo di assurdità.

Non si pensa se non si mangia, si beve e si defeca.



Un sorriso al giorno fa la persona lieta

 di vivere. Purché sappia

 ridere di se prima di ridere degli altri.



Le persone a modo – vegetariane o no - 

vivono con lo scopo di cercare il meglio 

e se non lo trovano lo producono. 

E in ogni caso tacciono 

come il credente davanti a Dio.

Ricordando il loro buon carattere

 con cui semplicemente vissero.



Nessun peccato, né pena,

 può essere scontato col denaro.



Nei pomeriggi d'estate col lieve sospiro del suolo 

sento l'ombra quieta e discreta

 delle mie donne avvicinarsi come una volta 

alla finestra tra il moto delle tende 

senza la solennità delle anime 

che vogliono svelare la loro arcana 

condizione guidando le sorelle nelle vie fiorite 

e nei campi d'Irillai dove non hanno mai cavalcato.



Zenia, Manzela e Kikina, fotograte in sogno

 da Predu Pilurzi dopo un bagno nel Cedrino.

L’adolescente è il famulus della mamma: 

sistema la sua stanza per quattro soldi la settimana. 

Lustra le scarpe del babbo che ti porta allo stadio. 

Filize Tazeri va alla messa 

se la mamma gli paga il cinema. 

Chi confessa le sue pene si aspetta

 che il confessore se ne faccia carico. 

Ti porto al Cedrino, dice il babbo. 

Tu vai a lumache. Oddio, odio i molluschi. 

Preferisco la foresta di Farcana delle vergini janas 

con gli occhi tondi come quelli della civetta

 che addestrano alla magia 

alle querce di Soloti, dove pascolano le capre 

e pentole e tegami di rame 

fanno musica appesi ai rami degli alberi. 

Mangiar marmellata col mormorio della sorgente. 

Trovato senza cercarlo il senso segreto della vita: 

far sesso con la prepotenza delle proprie mani. 

Conosciamo il percome e ci sfugge il perché: 

pare che ognuno nasca, viva e muoia, 

senza conoscerne il fine recondito, 

senza sapere il perché. 

Dai presupposti si tenta di arguire il fine. 

La morte della mamma, è la somma 

del sonno perso nelle notti insonni. 

Trovo giusto e bello pregare 

per la propria miseria e per quella altrui. 

Non confondere, dicono in giro

chi non ha miseria ma alterigia. 

Sempre povero chi muore prima del tempo. 

Anche i loquaci tacciono in punto di morte. 

Anche gli umili di cuore possono morire 

con le gambe gonfie

come ai buoni gli si può seccare la lingua. 

Non c’è scelta tra il sollievo che dà la morte 

e la morfina che blandisce il dolore. 

C’è chi tanto briga che poi muore davanti al medico 

senza viatico, senza conforto e povero in canna. 

E da vivo prendeva la comunione 

come se fosse l’ultima canna. 

La morte divide e impera.



Il clero ovvero quelli della materia prima -

povero il Dio se si affida a questi portavoce



È sacrosanto che ogni testa esprima un voto.

Il fatto più grande e più bello

 avviene nella democrazia repubblicana 

quando tutte le persone hanno uguale valore 

dentro la solennità dell'urna 

che poi una persona sia ricca e incensurata

 e un'altra ignorante e capricciosa

ha una importanza che dipende dalla capacità 

di persuasione, convinzione e attrazione 

delle forze in competizione

Sublime sarebbe avere Leggi che le intenda chiare 

chi sa leggere e scrivere, contare, pesare e misurare



Che le notizie diffuse siano concrete e verosimili 

come i fatti certi e non vari pettegolezzi 

si maligni con la lingua affilata da nuovi verbi

su vaghi effeminati con camicie a maniche larghe 

e femine masculine con tuniche orlate d'oro 

come papi esorcisti famelici come gabbiani

che parlano per aver più belle le tombe 

e pronti a citare gli architetti in tribunale 

e negare loro l'accesso in paradiso

di loro siam fieri, della loro armata loquacità 

e della cura con cui difendono  loro interessi



Noi non desideriamo avere leader laconici 

li vogliamo barzellettieri, 

guerrieri e scemotti minacciosi



L'aforisma è una frase breve ma precisina 

di poche parole ben dette che alludono al risparmio

o un corto verso benedetto e più umile di una strofa



Filize Tanake, capopopolo della millenaria Baronia 

che usò la sua forza per proteggersi 

dagli invasori montani e marinari

che se ne infischiavano dell’infallibilità papale 

ha  da vecchio meno stima di sé 

di quanto ne ebbe in gioventù. 

Egli nacque col permesso di Dio di adirarsi 

quando gli vanno male le cose del mondo. 

Bisogna obbedire al papa 

che non manipola le viscere del Signore. 

Lo spirito santo ispira il papa, 

ovvero il papa è tale perché ispirato 

dal santo spirito che collega il mondo a Dio. 

Con la fede intanto si subbuglia la marmaglia

 e si aizza la canaglia. 

Quando gli dei giocano con gli umani, 

gli uomini fan certe burle con Dio.



Viva le belle cerimonie ufficiali

monarchie monarchiche e vaticane

repubblicane e sportive



Mentre ogni estate divampa il fuoco 

nella Serra Montana e se ne sente nel Corso 

e nelle osterie il crepitar del lentisco 

e del leccio e la cenere vola sulle ali degli uccelli 

e si posa sulle vetrine e sulle tombe con grandi foto 

da rotocalco dei morti che hanno già avuto e dato 

e come tutti i nati potevano morire in qualsiasi momento 

e in ogni luogo della terra abitata 

da gentili pagani e cristiani della mite e felice Baronia.

Quella stessa cenere dell’incendio estivo 

che vola col vento infuocato, copre a Irillai

 gli oscuri segreti dei vecchi del Kontone Ballaloi 

ridiventati giovani dalla loro matura età.



Io sono un guelfo per i ghibellini 

e un ghibellino per i guelfi. Erasmo



Mi sveglio con la curiosità di andare 

in processione dietro il più beato

 dei santi, anche a cavallo con la sua urna,

 ho paura, ma niente di mistico. 

In processione col santo

 tutti han fame e mangiano 

con gli occhi stralunati di chi

 è colto in fallo a far colazione 

con frattaglie pecorine. 

Si mangia in fretta come se il latte

 traboccasse sulla fiamma del fornello. 

Il vecchio priore scende da cavallo 

e mette una collana d’oro al santo 

dicendogli sottovoce che l’uccello 

della notte anticipa il canto del gallo. 

Mio buon san Francesco, dacci il pane quotidiano. 

Non negarci il filindeu e il sanguinaccio. 

 Ne la carne cotta.

Mariapica (o gazza del monte)

 col tuonare del cielo si rannicchiava 

come un cagnolino aggrappato alle spalle di Zomaria 

quando con lui andava a cavallo 

fino al cortile del santuario.

Durante la novena molti digiunano 

e quando dormono, sognano di morire affamati.



Alla religione la repubblica dello spirito

Alla politica la sostanza degli affari sociali



Sbadiglia nella garitta una sentinella sugli spalti 

del vecchio carcere 

e quando vede la moglie che lo saluta dalla strada 

si ricorda che finito il servizio deve andare

 a ballare, a danzare come l’ape sul fiore, dice lei. 

Processione di galeotti incatenati al Corso, 

danza tra due ali di folla senza pentirsi 

di averla fatta grossa, pronti per essere lapidati. 

Rassegnati, bello mio, ai ferri corti dei ceppi. 

Molti lo pensano e pochi lo dicono 

di chi è causa di sventura. 

Quando i giorni se ne sono andati 

non c’è scarpa che non vada bene al piede. 

Chi mette in piazza le sue pene cerca la compassione 

dei rassegnati che nel cesso conoscono l’inferno. 

Togliersi le corna di tasca e metterle 

sul frontone di casa sguarnito

Sospendo il giudizio sul quel che non mi è chiaro 

e non assolvo e non condanno



Molti hanno notato che solo gli zappatori ambidestri 

non presentano differenze tra una spalla e l’altra

come invece succede a certi mancini 

che nelle catene di montaggio esibiscono certi tic snobistici: 

peraltro assenti nei tratti comuni dei braccianti baroniesi 

e campidanesi né nei vignaioli greci e iberici 

che, in parlamento, voterebbe contro il credito alla guerra 

che danneggia le vigne, rovina le cantine e l’uva sulla tavola.



Caraecucu studia a fare il maestro di casa

nella casa che ha già un collerico padrone 

di nome Bantoni Salamurja che non lascia

 passar giorno senza parlare col diavolo 

in pompa magna che vede solo lui.

Egli, e come lui tutti i compaesani d’Irillai

vorrebbe che il Parlamento fosse la più autorevole

istituzione delle Repubbliche Felici: 

la Camera più alta e trasparente di ogni paese, 

 anche di quelli posti in riva al mare.



Foto di A. E.

mamma mia quanto somiglia a Diddinu Palighetta



Così i contadini della soave Baronia,

 abbandonano con molti e dolci figli 

e pochi bagagli, i luoghi natii per mettere 

radici nel sogno della città futura 

che bisogna non di Cesari dilettanti e burattini, 

ma di una classe politica competente

onesta ed efficiente dove gli dei influenti 

scelgono i più spavaldi parvenu 

tra sfrenate moltitudini di braccia concorrenti

 per farne i migliori più abili e pietosi

 nel bene e nel male, nella libera crescita d’Irillai 

dalla Madonna del Monte alla Madonna di Gonare: 

quella gran terra in possesso di pochi proprietari 

particolarmente nervosi nelle strade di campagna.



Ohiai è un piccolo paese di cristiani uguali 

tra i monti del centro dell’Isola terra di molti ovili,

 di pastori erranti e greggi meditabonde

che non ha una scuola dove i maestri insegnino 

agli alunni senza proprietà a far come gli agiati

 cerimoniosi e cerimonieri attirati come mosche 

dai nuovi e sempre più grandi centri commerciali 

che mostrano gli affari del mondo, tanto a pezzo

 e a basso prezzo.



Kikina Carai la perla d’Irillai, nasce a Orosei 

sulla costa del mar Tirreno per captare i sussurri

 dell’universo, i sospiri delle stelle

gli spasmi dei pianeti e i brontolii dei satelliti. 

Gli viene diagnosticata una semplice facilità al sorriso. 

Studia da maestra elementare e si diploma

 a Nuoro dove conosce Nino Nuzola nato a Tonara 

col giunto sopraccigliare a grondaia

 e gli occhi come lo sbadiglio di una stella fissa

che la presenta in famiglia come compagna di studi. 

Kikina si abilita e fa la supplente, corregge 

i primi compiti con il lapis e a viva voce

compone poesie e vorrebbe pubblicarle

 nei fogli locali libere intuizioni sul folclore 

dell’interno che si esibisce in costa. 

Nino Nuzola abbandona gli studi superiori 

e vende torrone a ogni occasione. 

Così tira a campare e si sposa con Kikina. 

Muore la più vecchia maestra della scuola 

e Kichina ha il posto fisso e il marito ambulante. 

Kichina vorrebbe dire due o tre parole 

sulla tomba della vecchia maestra. 

Nino gli dice che c’è ben poco da commemorare:

 prima o poi capita a tutti.

Un’ultima conversazione, da maestra a maestra. 

Non c’è nell’aria nulla di straordinario, 

anche se fanno amicizia con i vicini

 di casa e vanno assieme al mare la domenica. 

Kichina vorrebbe scrivere delle nuove idee 

sulla scuola ma Nino la dissuade perché

vorrebbe fare un bambino da mandare al liceo. 

Mimiu studierà più di quanto non abbia fatto

 io e sarà l’orgoglio della mamma. 

L’azzoppo, dice in giro, se si azzarda a farsi prete. 

Studierà pedagogia e farà il direttore didattico. 

Il direttore di Kichina gli rimprovera 

di essersi legata a un ambulante 

che fa, vende e mangia torrone di Tonara. 

Nino manda a casa cartoline da ogni sagra paesana

dimostrando di saper scrivere e far di conto 

quanto il direttore che scrive lettere

 minute tutte uguali e poesia con quattro 

parole in croce senza brace per le castagne. 

Kichina inizia l’incarnazione di Mimiu

se il seme attecchirà sarà avviata la gestazione. 

Un nubifragio si abbatte su Nuoro 

e abbatte anche i ponti della Baronia. 

L’alluvione si porta via la bancarella di Nino Nuzola 

che scappa dalla Baronia e si rifugia a Tonara. 

Il direttore di Kichina è nominato d’imperio

 - assessore che non dorme mai - all’istruzione 

dice lui, e sospende Kichina perché si sta facendo 

un figlio senza averlo chiesto prima a lui 

che ne ha fatti tre con la moglie. 

Nino gli manda mezzo kilo di torrone avariato,

 di noccioline americane sputate dai vecchi

 imprenditori al fresco nell’ospizio comunale. 

Nino conosce quelli del giro del torrone. 

Anche Kichina passa l’estate a Tonara, 

nasce Mimiu e può riprendere l’insegnamento. 

Nino compra un bosco di nocciole 

e Kichina una barca

 a remi dove il Cedrino sbocca nel Tirreno. 

Gli svizzeri comprano Gonone. 

I greci le grotte dei cavalli

 di Poseidone dove cala la Luna. 

Nino Nuzola investe sulla porta di casa

 il direttore assessore della moglie

processato e condannato, gli ritirano

 la patente e la passano a Kichina Carai 

la perla d’Irillai

Mentre in Nino nasce una invincibile

 passione per le contumelie.



All’alba del sedici agosto 

senza che alcun ordigno nucleare deflagrasse 

la terra si squarciò, come un’anguria matura 

dall'albero, nel canale di Lucula fino al mare 

e mostrò un enorme abisso tellurico 

come se si stesse dividendo in due parti 

da una parte il fuoco e dall’altra 

l’acqua che invadendo il varco 

portò tante anguille deliranti e tante trote-

relle deliziose affatto sorprese dalla novità 

e nello squarcio infuocato si videro 

tanti spiedi di vitello e di succoso manzo 

e si sentì il respiro vigoroso 

di una enorme fisarmonica: 

il globo respirava col suo mantice

 e scoperchiava i tetti delle case di Baronia

le denudava mostrando pile di pane carasau

 e da carasare e forme di cacio belle 

come le parole d’amore e dolci 

come il canto dell’usignolo. 

E tossì la terra e tutti gli animali 

e l’umanità della pianura si mise a tossire 

e le donne a singhiozzare poiché erano

 predilette e investite di signoria dalla natura, 

singhiozzavano anche i preti che scandagliavano

 il cielo del Signore quando si vide

 una cittadina alla foce del Cedrino 

che pareva un pollaio aperto alle genti 

e come in uno specchio apparve Mariapica -

che temeva la morte e credeva nei sogni 

e nel malocchio ma metteva un po’ di sale

 sulla carne dava i funghi ad assaggiare

 al gatto e non sputava mai tanto era certa 

che Iddio avrebbe salvato il mondo -

che al coperto del lavatoio comunale 

lavava la biancheria di Zomaria 

e si vide bene il grosso neo che aveva 

sulla guancia e lontano apparve

 il tramonto a cavallo del sole e poi

 la tenera luna e la notte rimboccò le coltri

 al mondo e il profumo del vino

si sparse da Marreri all’Argentina 

dove comprano un orologio all’anno

 e che ne faranno adesso che la terra

si sfalda come un cocomero caduto dal tavolo?



Appena nato piansi d’allegria 

– dopo aver per anni taciuto - 

per ritrovarmi – reduce - a casa mia 

tra la gente più indulgente del mondo 

in ansia per me illuso da certe voci 

di venire alla luce in riva al mare a Gonone 

dove stupidamente credevo che remassero

 i miei che da dieci anni aspettavano 

fiduciosi e impazienti la mia presenza 

dicendo sfacciatamente in giro che eravano 

in corrispondenza dopo chissà

quanto tempo che non ci vedevamo 

ed io non sapevo neppure che essi

 – i miei - si erano sposati. 

Ora sei qui, mi dissero. Ridi e piangi,

 esisti; avrai delle vitamine col latte.

E vino, aggiunse il babbo per farmi sorridere.



Da domani farò affidamento sulla mia compagnia. 

Non l’affiderò a nessuno 

che dello spirito faccia una bandiera. 

Né a chi rievoca colpe, né a chi le interra. 

Darò le spalle a chi ha educato e vorrà rieducare. 

Diffiderò anche della penicillina,

ma non delle mie passate amiche 

che han lasciato ben visibile la loro traccia 

e mai han fumato per vizio dopo il caffè.



Se d’ora in poi avrò tempo,

 dovrò rinunciare all’amicizia 

di quanti dicono che la guerra 

non potrà rinunciare a noi

che siamo belligeranti dal primo quarto d’ora

 del tempo di inizio. 

Posto che di me possano fare un’innocua spia,

 non ho spirito bellico e amo vivere

voterò contro l’annessione di una qualsiasi 

manciata di terra altrui: 

voglio essere seppellito in piedi, 

per occupare meno terra

anche se temo i sottomarini e i grattacieli 

dove finisce il fumo della cremazione. 

Se avrò tempo voglio avere anche pace:

 rinuncio fin d’ora a ogni contesa 

meglio in piedi sotto la luna 

e la testa sotto la stella polare.



Si assopì e dormi più a lungo della notte. 

E lo chiamarono ai giochi dei lunghi pomeriggi 

di luglio sempre simili negli anni,

 e non volle venire. 

Il tavolo si riempì di frutta per la merenda 

volteggiò una mosca in ricognizione

dettero una voce nella pergola, qualcuno

 urtò una sedia ma dal sonno non si destò 

e nessuno disse nulla riguardo alla cena. 

Da ciò sorsero i primi timori. 

Poi qualcuno parlò di uno straniero 

che si accasciò nel tavolo dell’osteria

 di Zomaria Zigottu e si dimenticò di svegliarsi 

senza aver pagato il suo quarto di vino. 

Ha scelto di morire prima di bere il vino 

che forse diventerà aceto. 

Per tutti è così: si lasciano sempre 

certe cose in sospeso, un cruccio, 

un numero al lotto, un sogno dove 

non si sa dove sei la stessa paralisi 

colpisce a metà e il calvario completa l’opera. 

Della morte implacabile si tratta

 che arriva senza turbare una foglia 

che cade a terra come un bacio

 soave in una camera ammobiliata. 

Essa viene giù dalla foresta di Farcana 

ospite di Mariapica la regina delle janas 

con gli occhi tondi come le vergini civette 

che si allenano nella notte a cacciar sorci

come nel primitivo stato della natura 

incontaminata e se non lo è si rigenera.



I sentieri della foresta di Farcana

 conducono gli eclettici e i versatili

alla sorgente dell’acqua che con la digestione 

stimola la riflessione e concilia i nemici 

di lunga data che non chiedono risarcimenti.

Siedono sulla pietra e spaziano 

oltre confine sulle tracce del pensiero 

che ai pedanti nasconda l’ubicazione 

delle cose lontane ma sempre 

a portata di mano e si  entusiasma 

come per la baraonda del carnevale

 e l'ordine crociato salvezza del redentore. 

A Ohiai l’atmosfera muta di anno in anno. 

Nel calendario, ordine cronologico dell’anno. 

La trama: il pro e il contro. 

Viva gli animi costanti dell’anno

 che non cercano premi nè pene

col pensiero che stanco

 per la fatica di ciò che non gli confà 

si riposa con i sogni di quelli che pensano 

a tutto e sanno di tutto



Così sotto la luna sorse nell’oscurità

 del tempo andato via, la setta degli Afframicaos.

A Irillai si va matti tutto l’anno per il vitello 

che non sia rubato né comprato né pre prestato, 

che assaggia la prima erba e succhia l’ultimo latte. 

A Ohiai ridono da soli per il manzo

 con la coda che poi non mangia nessuno 

perché è difficile da scuoiare. 

A Lucula per l’agnello bianco che cotto

 non ha colore ringraziano la luna. 

A Farcana per il capretto 

che non ha la lingua colorata

 ma sa di salvia lo offrono alle janas 

che escono la notte con i lumini accesi 

per addestrare le civette a cui si ispirano

 come le monache alla Madonna di Gonare. 

A Marreri per il porcetto che sta in piedi 

guadano più volte l’acqua che scorre sotto il ponte. 

Da Zigottu per il cacio con i vermi saltellanti 

si beve quel bicchiere di troppo che fa cadere supini. 

A su Contone per gli spaghetti al dente 

si piantano le carte sul tavolo. 

All’asilo e all’ospizio per il caffelatte 

dolce con lo zabaione e i biscotti al miele 

cola la bava dalla bocca aperta. 

Al Cantone Ballaloi i vecchi savi 

si spacciano per assennati con il vino nuovo. 

All’ospedale dopo gli inevitabili clisteri

 allietano i fortunati con la moda 

dei pesci salati, aringhe e sardelle. 

Al corso dei bottegai si azzuffano per i salatini. 

In piazza Samuel Istoki le favette

 al lardo dorato placano ogni subbuglio. 

A su connotu sanguinaccio del primo agnello 

della pecora ripetono la rivolta sacrosanta.



L’Isola Autentica corre a cavallo 

dalla Giara al Campidano e neri spettri 

rapiscono le fanciulle di Donn’Elène 

che ha diviso l’eredità alle figlie in parti uguali 

come le guance belle delle spose di Ohiai 

in costume, ai calori di sant’Anna

 e le carezza il vento nei ginecei, la notte

 con la luna quando frusciano i salici 

al Cantaro Fresco e veglia alla porta 

il Bue Mansueto che ogni tanto si bagna

 le labbra con la lingua e il bovaro soave,

 soave soffia il Piffero di canna sulle sponde 

del Cedrino mentre all’alba 

spuntano i gigli e cantano gli usignoli 

così innamorati del folclore come tanti

 suonatori di Launeddhas a ferragosto.



Zenia, merlettaia d’Irillai, rosa autentica 

della provincia d’Ohiai e Baronia,

 dove ogni fine mese c’è l’affitto da pagare (1°)

sposò, in mucadore e con bianca blusa col pizzo, 

Zomaria - prima tegola del Contone Ballalloi

che nulla di meno s’aspettava della sua giusta 

parte di quel che il giorno riserva alla gente,

 Zomaria - sempre perfetto in tutto 

perché inventore della tegola d’Irillai 

che in maniche di camicia creò il prototipo

 con l’argilla della cava di Dorgali

per esser piena di sé e di lui; 

lo sposò seguendo le orme dei desideri 

che così consigliarono anche l’amor di lui 

che dentro il corpo era pieno di sé 

e lei non si ingannava; eran belli e sani

 e contavano di saper vivere con i beni 

dell’aria che principia la vita, 

con l’acqua che alla vita dà conferma, 

col calore che riproduce la vita, 

con la terra che vita accoglie per sempre; 

si sposarono in chiesa e chi volle fu perplesso 

ma gli altri festeggiarono con canti e tanti balli 

e vino che da migliaia d’anni 

riduce in polvere il sobrio che lo beve di gusto 

a ciò vale la storia di Semele che resa gravida 

dal Dio viene cacciata di casa

 e partorì un santo figliolo che dall’uva trasse 

il vino e ne fece dono alle genti,

 poi avvenne che un nipote di Semele diventò re 

e volle proibire la sublime bevanda 

e mentre le donne della casa reale 

rovesciavano le botti piene in strada

 assaggiarono il vino e lo trovarono gradevole 

e pentite dell’azione sconsiderata 

diedero addosso al re a cominciare dalla madre 

sorella di Semele così il figliol di Dio 

ridusse a brandelli quella scanzonata famiglia 

che aveva cacciato via di casa la mamma 

così di malo modo che morì di parto

 per aver visto il Dio Impareggiabile Autore di Delizia. 

Ciò avvenne prima dell’epoca del 3° Nuraghe, 

quando la terra eclissò la luna e Zuanchinu III,

 che da poco  aveva aperto la Porta d’Isporosile 

dove corre l’acqua del monte e delle conce

 e lui col maestoso aspetto di san Pietro

prendeva al laccio volpi e tortorelle, 

cinghiali e capitoni e si prodigò

 nella più solenne delle bevute d’Irillai 

a cui presero parte anche le donne pie

 e le vergini figlie femmine

- (1°) Molti animali pagano con la pelle

 l’affitto della casa all'aperto

e da ciò la chiocciola timorosa prese

 l’abitudine di chiudersi dentro

 ogni fine mese



Il foglio settimanale d’Ohiai, S’Ebba è Nadale 

per alcuni 

(dove tutti ci conosciamo come don Zancheta 

conosce e riconosce i suoi innumerevoli compari)

il Gennargentu per altri nome del vento 

che percuote gli alberi e corre a perdifiato 

per le vie d’Irillai dal Muraglione dove c’è il Museo

 del Muratore Mandrone e del Maniscalco alla piazza, 

Annicru Istochino, tredicesimo dei savi  vestiti 

di panno e tela, del Cantone fino alla casa del popolo 

dove degli avari non tengon conto i calzolai 

al palazzo municipale, alla facciata del comune

alle colonne della prefettura, alla piazza 

delle Chiese a quelle dei fiori, 

a quelle del Campo e del Mercato 

dove si affacciano case e negozi di bottegai sedentari 

e negozianti con vista d’uccello, bancarelle di ambulanti 

e bettole dove i puliti sono eleganti 

ogni domenica sia d’estate 

come i falegnami lo sono d’inverno, 

come carpentieri al Bosco di Borbore 

dove ci si riposa quando si è stanchi 

come buoi alla macina, alla Selva di Soloti,

 il poggio boschivo d’Ohiai solcato 

dal sentiero del leccio fino alla fonte 

di Mamea Malaitu della Foresta di Farcana 

dove la notte fa comune la proprietà 

col silenzio del girovago e l’eloquenza dell’ambulante

vedi e taci, sogna e racconta, al ponte di Mastrefe 

sul Cedrino dove saltano a branchi i porci, 

alla stazione del Tirso dove la mattina si è sobri 

e la sera si corre a cavallo, alla cantoniera 

di Corr’è Boe dove si resiste all’ira 

e si piangono i morti alla riva del mare

 d’Orosei dove il carnevale è per le maschere

alla spiaggia di Gonone dove non si fa elemosina 

a chi la chiede e non si scambia

 l’olio d’oliva con quello di lentisco 

ma si fa omaggio di fave e fagioli e carne 

di porco al sindaco Zuanchinu E.Remitanu 

maresciallo a cavallo dei Barazelos delle tanche

 e dei prati del comunale, giudice del moscatello 

e della vernaza, ortocultore del cavolo

 e della cipolla della melanzana e del piersemolo, 

coglitore del melograno e del Fico Maturo, 

del mandorlo a cucuia e della noce, 

generale con la spada di ferula 

e lo scudo di sughero, di formaggio

 e gallina, di mattone e calcina

dispiace, si sa, andar via da dove si sta 

in amicizia dove Dio elargisce ai cristiani 

le sue creazioni e se ha ben fatto 

la terra, il cielo e il mare 

ha fatto anche i miei ricordi 

che danno ordine ai miei incerti passi

ora da vecchio comincio a soffiare 

un piffero vuoto poiché sento

 venir meno la vigoria e siedo spesso

 accanto a un albero d’alloro...



Le Janas di Farcana e Soloti cantano e danzano

 nei sogni di Pilurzi e nelle considerazioni

 - di un autore anonimo - 

sulla natura dell'individuo di Ohiai Benimindhe.



"Kant, nel deplorare la vecchiaia, diceva che una persona di buona volontà si trova costretta a evitare la gente a causa di una crescente disillusione per la specie. Sono veramente poche le persone che non deludono le nostre aspettative.”



Tziu Pep'Antoni, il più longevo d’Ohiai,

il primo che dalla dolce e soave Baronia 

s'incamminò a occidente nella giusta direzione

 e si fermò a Irillai. 

Dietro venivano Mariapica, Zenia e Zomaria. 

Altri ancora seguirono. 

Lui non ha mai fatto un giro di carte in vita sua. 

Nemmeno un solitario nel gineceo di donn’Elène, 

così accorta e riflessiva quando indossa 

vestiti rosso violenti, gioielli d’oro 

e i capelli legati con nastri porporini. 

Davvero accorta, bella  e riflessiva.

 Lei coltivava i suoi fiori e amava vedervi

 gli uccellini posare nei vasi 

e dar loro le briciole nei giorni magri. 

Era lei che tosava e radeva il marito

Nichele Minghinu, che aveva l’orecchio mozzato

 da un topo. Un giorno liberò

 un canarino in gabbia e il gatto di casa 

pianse dal riso per quella concessione. 

Dopo la batosta di Ettore

 – gli confidò un pomeriggio Pepp'antoni - 

ogni generale che si arrende cede la sua spada

 per conservare in vita la sua viltà. 

I coraggiosi si uccidono; per non cedere il valore. 

La morte non ha niente da nascondere. 

Donn’Elène morì ammazzata in casa sua;

 trafficava in lettere minatorie. 

Due fucilate al seno senza nemmeno un bah. 

Consegnava missive che certi amici

 di famiglia solevano far recapitare in casa 

di facoltosi compaesani che sovente 

andavano svagati in luoghi a rischio 

di malversazione. Pregiatissimo compaesano,

 abbi tu la bontà di partecipare come puoi

 ai tristi bisogni dello sfortunato 

Samuel Istoki, che deve pagare l’avvocato 

per la difesa delle disgrazie con la giustizia. 

Sentitamente ti ringrazio per tempo,

 tuo Samuel decorato al valor militare. 

Si disse che donn’Elène intascò 

di sfuggita una parte della parcella. 

Pagò così sulla porta di casa l’appropriazione indebita.



Fece tanto male da non poter far peggio

il diffamatore che serpeggia nelle file agli sportelli 

e lungo i binari della stazione d'Ohiai Benimindhe 

da dove trotta la littorina Luziferru 

che porta la luce a occidente 

carica di malepeggio e di meglio

 e ancora più con qualche briccone 

che gioca di prestigio a  carte e racimola

 il costo del viaggio. 

Si è soliti dire che il migliore arriva prima.

 Forse importa arrivare. 

Sui vagoni di Luziferru non accade nulla

 che non sia già accaduto anche altrove. 

La novità è risaputa dai saccenti. 

Il briccone della littorina ama se stesso 

e non disprezza nessuno. 

Prima avrebbe rubato un bue 

per scuoiarlo nella foresta di Farcana. 

Poi avrebbe preso un motorino 

per rientrare a Oniferi e venderlo a pezzi. 

Ora cattivo più del babbo c'è Jago. Di malinpeggio. 

Per due lire scassa il comò che vale di più. 

Fai solo quel che vorresti ti sia fatto.

 Non fare la spia. 

Non spingere sul treno per arrivar prima. 

Non dir quelle parole che dette a te 

dispiacerebbero. 

Fai come se nessun'altro possa fare meglio di te. 

Fai in modo che Dio si serva del tuo esempio

 per giudicare tutti gli altri. 

Tu sei il metro universale che misura l'alto e il basso. 

Pensa a san Francesco di Lula e di Assisi, 

fai che sia contento di te 

e ti faccia priore delle sue feste 

e nessun'altro fuori norma lo sarà. 

Ti faresti del male? no. 

Non davanti ai bambini che copiano 

e da innocenti se ne infischiano della bontà. 

Riducono i grandi a burattini.



Infatti, a detta di qualcuno,

c'è sempre stato nel tempo

un sotterraneo malumore nello spazio 

tra Irillai e Seuna. 

Così gli antichi della Baronia,

per quanto riguarda il paese. 

L'uomo ha l'uomo che fa dispetti. 

Non la donna. In lei riluce l'oro. 

Gli uni avevano occhi grandi

 come i pascoli fuori porta

gli altri avevano gli orti sotto casa,

 altrettanti non avevano nulla 

e stavano nel mezzo, certi con timore,

 altri con speranza e sorrisi senza piagnistei. 

Tra meglio e peggio ci si accorda. 

Raggiunta l'intesa, ognuno giura di rispettarla. 

Osservarla è un dovere riservato ai giusti 

del Cantone Ballaloi.



Pastori, contadini e marinai, conoscono il cielo

 notturno più dei preti ambulanti,

 dei barbieri stanziali e dei bottegai di quartiere.



Giusto chi ha paura, delle volte la libera sotto. 

Diecu Timecaca che una volta senti graffiare 

dentro una bara…Daniele Delatore. 

Il becchino ripugnante 

che strizzava il capezzolo ai ragazzini.

A,

Sono i figli che danno spago ai viaggi delle cicogne: 

infatti i minchioni trovano ridicolo 

che anche i genitori abbian fatto l'amore. 

Son quei figli che da piccoli piangevano 

con la ragione di Merzioro che con la cinghia 

che  domava ogni ribellione dei figli 

con quella cinghia di cuoio 

che gli sosteneva anche i calzoni.

B,

Gaetanu Mozzicone? Tocca più soldi lui 

nel giro di una sera 

che tre padri di famiglia numerosa

 messi insieme in un anno.



Cos'è più naturale: un infarto in ospedale

o morir di sete durante un temporale?



Nell'ombra di Borbore si riconciliano le genti d'Irillai: 

all'ombra dell'ultima lite. 

Prese parte alla zuffa per se e con se. 

Non c'è pelle senza costato,

 la struttura che la sorregge. 

Aperta una nuova via alle frattaglie

 con una leppa da scortichino. 

Perforato il diaframma. Ragione di ogni briga

 aver ragione per forza. 

Anche i cani ne avranno parte, 

disse dopo aver addentato il fegato crudo 

ma tiepido da temperatura corporea

 e sanguinante come il cuore di Gesù: 

l'invisibile struttura che sorregge il creato. 

Il dolore venne al seguito della paura iniziale. 

All'inizio della rissa cedono le speranze. 

Le cattive abitudini son la legge degli screanzati. 

Le buone abitudini passano di padre in figlio. 

Che piacere sarà mai infilzare un cristiano. 

Legge della vita veder i propri simili morire. 

Togliere quel che la prodiga natura ha dato. 

Bell'affare quando brigano i burattini 

senza che il semidio ne tiri i fili. 

Ragione del semidio:

 lasciar fare gli innocui e gli scannatori. 

Ai brigantini ci pensi Dio: 

che non finiscano tra i barazelos. 

Il tempo cambia ogni cosa e non sempre per il meglio.



La cometa che ci guida nella notte buia

Medea la bella, la buona, la brava.



L'origine di Irillai è nascosta dal brutto

 tempo che ha causato il Diluvio. 

Dalla brutalità del clima invernale. 

L'Isola di Ohiai è fatta per l'estate,

 quando le massaie sarde colorano 

il capretto in umido con lo zafferano. 

Bell'è buona la cassola per chi non ha fatto la guerra. 

I ciclopi han fatto i nuraghi distrutti dal diluvio. 

Li rifaranno in collina contro il tempo inclemente. 

I ciclopi da collina vivon da cugini e non da fratelli. 

Dediti all'opera senz'amor di femmina. 

Ad ogni incontro se le suonano per abitudine. 

Si menano in comune, da buoni fratelli. 

Come dalla comunità sa conza de Irillai: 

Mastrone Risulanu a sa braza. 

Nati col sorriso in bocca, ai ciclopi d'Irillai

 son peculiari le botte. 

Irillai di notte si allarga fino a diventare Ohiai. 

Il riso dei sardi. 

Leggi e usanze della Baronia 

valgono anche nel Campidano. 

La buona creanza si addice al Logudoro

 dove le suocere non sparano alle spalle. 

Carta del Logudoro dei giudici di Ozieri 

per la tribù dei pastori stanziali e sedentari. 

I ciclopi d'Irillai non hanno norme. 

La comunità degli infelici ospita di necessità

 chiunque finisca tra di loro.

I paesani ordinari e ben educati gradiscono avere 

beni e onori in ugual misura che virtù e amori. 

Cercano di accudire a tutto, 

dimenticando sempre qualcosa. 

Non uno ma due buoi a tirare il carro.

 Muzzuboe e Mazzameo. 

Sull'erta del bosco di Borbore,

 Balente sostituì Molente alla guida del carro

 che riportava in paese due innamorati suicidi. 

Amore eterno come il tempo invisibile 

che penetra come l'estro bovino. 

Il tempo ci sarà finchè l'uomo lo conterà.

 Non uno senza l'altro. Bue al bue. 

Una moglie al valente bovaro. 

Certe cose si fanno in due: 

che uno sia caro all'altro. 

Ligio all'amore coniugale, 

ribelle al dolore intercostale. 

Un bue non tira il carro, due lo fanno volare.

Il cielo. Lo sguardo segreto degli angeli

 del paradiso celeste come il mare

il primo peccato: bere



La pietra del Kontone Ballaloi

 è la pietra di paragone d'Irillai: fa l'angolo giusto. 

Inserita da Zuanchinu nell'anno uno del primo nuraghe. 

Ogni angolo di casa ha da essere così. 

Chi passa al Kontone si ferma e si gratta. 

Nessuno conserva durevoli segreti:

 in paese ognuno sa dell'altro. 

Effetto città. Nella metropoli 

tassisti e postini conoscono i vicoli chiusi. 

Roma e Orosei li hanno aboliti:

 meglio i viali alberati. 

Sensi unici e doppi parcheggi. 

Nei condomini moderni non ci si conosce; 

nei vecchi cortili si scambiavano i piatti unici



Fluttuava nel cielo, un mite lunedì di pasqua 

- civettando la luna con le stelle - 

senza aver nulla da fare.

Se ne stavano a cavalcioni sul Muraglione d'Irillai 

come il passato che non ritorna più 

e l'avvenire in ritardo sull'arrivo

i vecchi del Cantone Ballaloi, 

che tra una pensione e l'altra 

danno un tono alla vecchiaia



Stava bene sottoterra 

dopo aver preso commiato dalla guerra.

Diceva vado,

 ma dalla porta indecisa non si allontanava.

Così i vecchi del Cantone Ballaloi, incalzati dal tempo 

che impone il suo rigore alla vecchiaia

 giunta col passo lieve 

dell'ospite che non vuole disturbare

si dicono addio quando  si separano la sera.



Con l’agitazione degli spiriti i tempi si fanno spiritosi. 

Secolo iracondo quello di Calvino che brucia Serveto. 

Arrosto morto, due ore di cottura.

Secoli spiritosi quelli dei preti mangiatori di spezie 

che castravano i bambini contro la raucedine. 

Lo spirito si abitua al clima 

come il tempo alla geografia. 

Arcano Apostolo, noto Lubrè 

nelle palme del Campidano 

nato senza scalpore tra mattino e sera

dieci anni di ricovero nell’ospedale dei clisteri. 

Mago e idolo d’Irillai col terrore della morte; 

non si curava del futuro perché non sapeva

 se avrebbe passato la notte. 

Dava del voi a Dio sull’altare 

tra alti fusti e campi di bocce. 

Il sanatorio dei mangioni 

che sprecano le mele e le arance. 

Il rispetto dovuto al padre. 

Ogni giorno è solenne per lui. 

Don Zancheta gli stava vicino 

come un farmaco sul comodino. 

Cacciava gli uccelli dalle vigne del padre. 

La madre mentre spirava gli disse: 

Vai in ospedale e curati. 

Se avrai sorte vivrai.

 Attento alle male lingue e al malocchio. 

Se avrai sorte e un’infermiera 

si innamorerà di te, sposala. 

Ha il posto fisso e tu bisogni di cure. 

Apostolo Arcano, così buono 

che si sedeva senza far violenza al mondo. 

Invecchiando diventò uno scalmanato 

e si affogò sotto il ponte di Lucula.



Dopo la caccia alla strega – braccio mortale del diavolo – 

il combattente si vanta delle atrocità

 (carne viva sul rogo)

 commesse per la santa causa. 

Poi siede al tavolo della regina col tovagliolo

al collo come un lattante col  bavaglino. 

Le belle maniere imposte dalla mamma 

a tavola: usare le mani come una penna. 

Che i tuoi abiti siano i costumi più belli del mondo. 

Usi e costumi. 

Cambiano come le scarpe e le cravatte. 

Gli usi migliori durano di più nel tempo. 

Come i sandali e gli antichi costumi. 

Obbedienti al piede come il collo alla cravatta.



Male e bene sono nati col giorno e con la notte: 

autore il Dio dell’esordio con la materia prima: 

la sostanza del bene e del male. 

Con l’esordio di Dio s’avvia il tempo. 

Egli esisteva nello spazio, collezionava valori e virtù. 

Gli inquieti oltre le siepi non sentivano la sua voce. 

Così Caifa col suocero e da preti 

processarono il figlio innocente. 

Sordi al nuovo linguaggio. Gli idoli tacciono. 

Come i grandi di Irillai che hanno ucciso qualcuno. 

Tutti sanno e nessuno ricorda. 

Una voce a sa Conza e una i sa Braza de Irillai. 

Là, dove corre l’acqua. Il resto è nulla.



Più d'una voce per strada, eh, Ghirtalè! 

Suono noto, sonorità familiare.

 Voce di popolo. Già sentita.

 Ritorno di voce per molto tempo lontana. 

Voci di strada, tante ne dice quante ne sente. 

Fenice Felis, voce di paese, Felice. 

Ballerino del Redentore che la vince sul male. 

Scarpe sul selciato che conoscon la calcina. 

Fatto soldi con la muratura. 

Scalzo da bambino. Un tempo povero come tanti. 

Testa pulita e profumata. 

Il bello è compagno della donna bella 

con le vesti succinte. 

Buon marito con la testa a posto. 

E profumata. Vive nel parere degli altri. 

Son colui che vive in voi. 

Mostro quel che credo sia per voi uguale. 

Sempre innamorato.

 Nulla dura così costante nel tempo. 

Se la mangiava con gli occhi 

come un intonaco ben riuscito.



Uno come Samuel Istoki non è mai fuori moda 

viene dalle pieghe del tempo,

 dal '700 d'Ohiai al Contone Ballaloi. 

Appartiene al destino dei Giusti 

che vivono nella memoria. 

Conosceva i suoi giorni. 

Stavano tutti nel guscio di una nocciola. 

Biografo di se stesso. Nicola Nuzola. 

Colui che è rimasto in piedi. 

Il peggio non è mai passato. 

Con la fermezza di chi si ribella col sorriso. 

Bello come quel che dura nel tempo. 

Quel che non succederà sta accadendo. 

In ogni momento accade l'impensato. 

Sa Dio per quali leggi Samuele si comportasse così. 

Se la prendeva con gli altri per darsi ragione. 

Le regole del mattino non valgono la sera.



Rosmarino a profumare il camposanto. 

Anche Dio sente il bisogno di mostrarsi.

Il Superiore. E far barriera. 

Dio è in realtà l'Indipendente in congedo. 

Traccia di rosmarino, una vena di confidenza. 

A Irillai dopo il terzo canto del primo gallo,

 l'allodola si leva in volo 

e se ne va verso il rivo di Marreri 

dove l'aspetta chi sa di lei. 

Dove spunta lieto il giglio di campo e matura il fico 

per il vecchio che si sveglia al mattino

 e da il benvenuto ai giovani amori.



Il demonio fattore del male, si annida in noi.

Per quali motivi vallo a capire. 

L'esser solo o in cattiva compagnia.

 Non pensare a nulla, puzza. 

Sienzia, aver scienza di se.

 Nel campo fiorito e nel corso affollato. 

Lo specchio del prossimo.

 Per più di una volta si sentì sospeso 

come un ragno al filo della sua vita. 

Senza pensare a quel che c'è dall'altra parte 

senz'aria, senza mondo d'affari in comune. 

Senza il pianto e il riso di Ohiai. 

Senza l'amore dei giovani e l'amicizia dei vecchi. 

Senza il volo degli uccelli e il canto dei solitari. 

L'impiegata del municipio che occupa lo sportello. 

Non senza il coraggio di chi viene 

dalla periferia di Ohiai. 

Donna e, tra l'altro, femmina. 

So di molti che sanno di me. 

Mi taglierei l'unghia del dito 

per conoscerla nell'intimo. 

Martellata sulle mani.

 La riconoscenza come tratto distintivo. 

Credo in loro tre per quel che sono state per me. 

Voglio esser fedele al loro ricordo.

 Ciò che si intende per aver voluto bene: 

le parole della mamma, le cose sorelle,

 la novità del connubio con l'unione. 

La vita è il percorso di colui 

che cerca il suo posto. 

Quel che separa una cosa dall'altra. 

Bandiva la tristezza da ogni suo passo.

Non mi va di essere naturalmente triste. 

Non mi va di farlo apposta.



Diciott'anni geometra, lui Zomaria, 

del paese degli zoppi dal piede storto

 come Edipo, zoppa più d'una volpe, 

lei Zenia, da sempre corsicana amante 

del canto a chitarra, uniti dal destino 

nello stretto di Bonifacio il Balbuziente. 

Desiderio della femmina e far prole in casa

 a misura di coppia senza polvere 

da aspirare dal mobilio. 

Nacque Mimiu a fine mese come Gesù

e somigliava al nonno almeno di nome. 

In ultimo è sempre una donna 

che aiuta la  femmina a partorire. 

Tutto normale anche se nessuno l'ha pesato. 

I dolori del parto son tinti d'oro, nella sicura Ohiai. 

Finita la guerra degli spacconi si debellò

 la malaria e la miseria e l'euforia 

mise piede al Gatto nero e al Garofano rosso. 

Gare di ballo a premi. Canti sul palco a premi. 

Corse a cavallo, qualità del fantino: farsi leggero. 

Cinquanta chili con brevetto e senza telefonino. 

Lampadina accesa sulla coda.

 Il calesse di Zomaria Iskerza. 

Disegnava col lapis e si radeva con la lametta. 

Per un futuro luminoso. In quel tempo si andava 

sulle spiagge assolate per cercare l'ombra. 

Così Zenia curava seriamente Mimiu Minuiu. 

A tre anni il padre geometra 

gli fece una casetta di sabbia 

e non sapeva ancora sorridere. 

Miracolato da san Francesco 

che lo fece parlare a cinque anni. 

Da allora sempre fedele alle novene. 

Aveva un dito del santo come reliquia. 

Gli parlava come a un compagno d'avventura. 

Un dito tagliato e un bambino menomato.

 Oddio, com'è spensierato. 

Mimiu se l'ebbe a male con l'alfabeto 

e le tabelline ma gli 

piacevano le scarpe da ballo del babbo.



Il vedovo presta sempre attenzione alla cognata. 

La mira di nascosto agli astranei.

 Mire segrete fargli un figlio 

al buio e chiamarlo Pipiu Pazarju. 

Un nuovo guardiano della stirpe

 venuta su dal Cedrino. Ziu Felis. 

Forte come il fiume in piena. 

E tutto per la famiglia. 

Infanzia gaia e adolescenza felice. 

Felici come diecimila antichi 

che andavano a purgarsi a teatro. 

Non far baccano quando il babbo dorme. 

Col sonno recupera la stima di se. 

Vai a giocare nel giardino del Cedrino. 

Bagnati senza affogare.  

Finirai all'asilo delle infermiere. 

Quella volta che il babbo cadde ubriaco

 nel cortile e si fece male al naso. 

Sanguinò senza riguardo. 

Era così loquace quando beveva, 

che nascondeva con le parole

 i sentimenti che non aveva . 

Inaccessibile come il Signore che ha fatto il castello. 

Sensibile però. Demiurgo della società complessa. 

Formatore di medici e piloti. Ospedale dei clisteri. 

Non riconosce chi gli fa del bene. 

Tra le janas, zitelle del bosco di Soloti,

 sotto il bastione del Redentore. 

Gesù indifferente alla morte. 

Tutti salvi dietro di Lui. Un signor Giudice. 

Una folla numerosa accompagna il morto 

nel giardino del rosmarino. 

Un bel corteo, per il suo bene. 

Sereno per sempre. 

Zomaria: molto triste 

fare il militare a Trieste. 

Canti sardi in barba ai titini. 

Avesse studiato ancora dopo il diploma. 

L'enigma della vita 

che a un certo punto s'interrompe.



Si chiama Pont'è ferru quel che non c'è. 

Scrive sui muri chi ha finito il quaderno del diario. 

A spasso nelle vecchie vie: 

W Lenin sulla casa ricca e libera. 

Sa di mistero, d'incanto e di compleanno. 

Vaga come un vago sogno che sa di incertezza.



Bambina intelligente e ragazzino vispo 

giocano fuori della chiesa impacciati 

col costume degli avi per distinguersi. 

Se la prendono con Giuda, sputando sul ricordo. 

Conoscono a memoria il  decalogo

serve la domenica di Pasqua e a Natale. 

Agnello e porcetto Natale perfetto. 

A Pasqua d'agnello nel nuovo tinello. 

Per le buone coscienze la catartica confessione. 

Il gioco della domenica. 

Si cantava da Zigottu e si ballava in piazza. 

Tutti a Irillai dove non ci si lava mai.

La rabbia d'Irillai non muore mai. 

Contrassegno del Cantone Ballaloi. 

Lo si poteva acquistare prima di vendere il vino. 

Terra di calcina e di mosca cavallina,

 terra dell'invidia opprimente. 

Anche le donne avevano un coltellino in tasca. 

C'era sempre una patata da pelare

 mentre i vecchi stavan di guardia al Muraglione. 

Sentinelle su Marreri e la Sierra. 

Nervosi e stanchi sulle ginocchie malferme 

quando si separano dalle  famiglie. 

Chinavano la testa affinchè il berretto

 non zompasse nel vuoto col vento. 

Tutti impotenti davanti alla morte. 

Qui e là la terra ha i suoi padroni 

difesi dall'Orco e dalle leggi che si astengono

 sul valore reale delle patate al mercato.



Emerso come una maledizione dagli acquitrini di Orosei

Zuanchinu Capostipite a vent'anni 

di quelli d'Ohiai, finì col parlare

 di notte con i bonaccioni abitanti 

della foresta di Farcana 

che turbavano il sonno a quelli d'Irillai

a,

Lascia agli altri quel che non sai

 e tieni da parte il tuo per i libri 

e le  conferenze, se vuoi davvero 

che siano riconosciuti i tuoi meriti

b,

Oddio, quando abbiamo ciò che ci manca

 riconosciamo la bontà del Signore; 

così al primo affacciarsi della malattia, 

pensiamo che il Signore ci faccia un torto 

o un dispetto per averlo trascurato

 in quel borgo sul Cedrino con la scuola

il negozio e il confessionale dove si racconta 

del viaggio in barca da Orosei 

a Ponza e Piombino come marinaio ai remi

 in galera e mangiar sardelle salate 

che fecero disertare il babbo 

(ora : esser davvero religiosi 

significa esser davvero sani)



Non fui il primo dato per certo, 

né il secondo e neppure il terzo fui 

e ancora non ho la certezza 

d'essere quel che sovente dicono: 

una semplice piantina di alloro

 -

 Fu un'attimo così lungo 

(quello di Cenerentola) 

che dura ancora e molti come Lei, 

per la brevità patiscono – 

Tra intimi si pensa che (per  tradizione) 

Qualcuno tra quelli che han posto in Alto

 e aprono le strade potrebbe con poco 

compenso se volesse, far qualcosa 

per scansare la generale sofferenza. 

La mia ragione si alimenta col miracolo estivo 

e finisce per assopirsi con le pene 

dell'avventuroso inverno che si diverte

 con le piccole e verdi janas che turbinano

 nella foresta di Farcana quando fuori 

della Grotta impazza il bellicoso Samuel Istoki, 

Montanaro, l'Orco d'Irilla e figlio del Gennargentui.



Solo l'uomo in combutta con la natura 

briga per modificare 

ora dopo ora la realtà che ci circonda.



Da Ziza volano le api che da lei hanno appreso

 a fare dolce il miele. Ziza finge di cantare

 e i fiori si aprono alle api, ci danzano attorno 

e sognano, si esaltano: sanno di non pagare affitto



La realtà appartiene alla memoria, 

(il miele del sonno che cola sul pane reale)

il sogno all'immaginazione 

(il sogno è il tesoro della notte) 



Amò, versò il miele nel mondo e morì. 

Versò - appunto - il miele nel mondo



La grazia del creato li tiene uniti 

e a ciascuno assegna la sua porzione di eternità. 

Gonario Linghesu.



C'è traffico di pensionati nel Muraglione d'Irillai; 

han riscosso il dovuto e ora sognano

 l'estremità delle stelle, alla periferia d'Ohiai, 

dirimpetto alle cupe ombre di Borbore 

che da quiete ai suicidi dopo l'ultima rebotta 

dei messaggeri del re con le ali 

che han compiuto l'opera piantando

 i pungiglioni mortali qua e là come gigli 

e margherite nelle verdi valli di Marreri



Penetrante è la carne viva: 

come quella che segue le parole d'amore 

poi al primo seguì il secondo 

e il creatore di scatole venne per ultimo 

e tosava l'agnello d'oro nel cuore della notte

 quando c'è sempre del falso nell'aria 

dei campi di Marreri che danno il vino 

alle nozze di Caana.



Ho evitato le battaglie campali senza darmi alla fuga - 

(non potevo correre) - avendo fede in me stesso.

A,

Mi lasciò con un lieve sorriso

 e ora la notte aggiorna la sua immagine: 

mi amava, perciò morì per me,

 come Alcesti per Admeto.

B,

Mi disse: i sogni son fatti dell'aria che respiriamo. 

Quella è la trama che si intreccia nell'ordito 

che tutto sostiene. 

Proprio lì, nei sogni ariosi, 

trovan sollievo i dispiaceri.



È la Madonna Delicata che tinge di celeste l'amore. 

Il mio rancore è di un grigio sbiadito, poco magnanimo. 



Rosso è lo sdegno dei vicini d'Ohiai 

quando qualcuno turba la pace del quartiere d'Irillai.



Vorresti partecipare con me alla ricerca del terzo

che a sua volta cercherà il secondo 

per fare un nuovo terzo fino alla fine dei giorni? 

Si, lo voglio. 

Così Zuanchinu  chiedeva di recitare

 alla coppia che voleva sposarsi

quando era alla guida del municipio d'Irillai.



Missenta tien da parte i semi dell'uva affinchè

 un domani diano frutti.

É lei che lascia doni a sorpresa sulla porta

 di coloro che han timore della morte. 

Una scatola con l'ultimo sospiro.

 E, da qualche parte, vivrà di nuovo. 

Oh, se vivrà.



Mai un giorno senza luce, mai un giorno senza sole:

così passano le notti del pisello nel suo baccello.



Appollaiati come volatili sul Muraglione 

nel promontorio del cimitero 

che guarda l'opimo canale di Lucula,

 sotto il bel cielo d’Irillai così adatto 

ai vecchi savi e soavi che conoscono

 tutti i dialetti del circondario d’Ohiai 

così simili da un paese all’altro come pecore 

dello stesso gregge sul suolo dell’Isola 

che si divisero i 4mori in miele e cacio fresco,

 vino sempre  nuovo fiammante e parole garbate

come al tavolo sotto la pergola di donn’Elene

 Kulimoddhe la bella col bianco camicione 

di lino lucente nella Baronia Orientale 

di Vico della  Polenta, che lustra pifferi 

con le coinquiline del cortile alla gioventù 

che costringe i genitori con una lesina 

a elargire i soldi per le sigarette, 

per il cinema e un invito al bar del corso 

e quando i vecchi con gloriosa parsimonia 

cacciavano il soldo all’aria 

mormoravano tra i denti

  – Come se fosse una resta di spiga murina.



Le pudiche e pingui fanciulle di donn’Elene 

Baroniesa che non si raffredda

 mai più di una volta all’anno. 

Ecco cos’è donn’Elene, la donna

 più combattiva e remissiva d’Ohiai: 

attese sul sagrato colui che l’aveva ingannata 

e gli sparò mentre usciva con la sposa al braccio. 

Se ne ritornò a casa fino  all’arrivo della giustizia. 

Scontata la pena visse molto più garbata.



Figli e figlie di donn'Elene Murtinascrosa.

Caderina Caente, la primogenita,

 come il latte appena munto. 

Missenta Murghiola con candido zucchetto 

sulla crocchia. Predu Paza,

 pretendente incontentabile con lo stinco debole. 

Predu Pranghiolu vestito a lutto, piange Rosolia. 

Donn’Elene Kalichemuru, con i capelli crespi 

e l'ombelico prezioso più che pretenzioso.

Zoseppe o Zosè, richiamo col quale il grazioso

 Gesu graziosamente richiamava il padre

 quando lo sgridava in bottega 

se si attardava in chiacchiere. 

Ricordati chi davvero sono io. 

Non del nord né del sud. 

Conosco il mondo da quel che si vede

tra Betlemme e Gerusalemme. 

In grazia della doppia emme

 il babbo vero mi verrà incontro. 

Non sono uno sprovveduto unigenito 

e non posso raffreddarmi. 

Avrò il seggio accanto al suo 

e sorveglierò le illecite contese del mondo. 

Guai agli eremiti tranquilli. 

Da Gesuino latte e vino genuino.

Landhe Berritone, che vende all’estanco 

i generi di monopolio. Mizas Manzela

 con la crocchia e i capelli che gli sfuggono 

dalle tempie come cernecchi. 

La gonnella di orbace sa di greco.

 Kallina Kamaèsole bona chè pira kamusina. 

Kichina Kamisa e Gonario Ghentone. 

Missente Miliacru. Tonaresu, 

soldo sardo di castagne. Bertul’è cantanza. 

Canneddha Cambuzu. Donn’Elene Murriruia

 amava i contadini d’Irillai che col vomere

 aprivano la terra alla semina 

e per loro domani parlerà il fatto compiuto. 

Kichina Kussinera con i capelli inanellati. 

Manzela Mantalafu li ha belli ricci. 

Mallena Mantalafu, quella con la crocchia 

che non si sposa perché gli manca la trapunta. 

Kikina Karapigna. Fu Predu Perdeu il primo priore 

che fece dono al santuario di san Francesco 

di un corno di bue bagnato in oro. 

Poi seguirono coppe e calici e servizi

 di caffè con cucchiaini d’argento.



La dozzina di vecchi del Cantone Ballaloi, 

padri di barazelos che a forza 

di guardare dal Muraglione conoscevano 

palmo a palmo la valle di Marreri

con i vigneti venuti su dalla  preistoria 

quando i primi vagabondi risalivano il Cedrino

 sulla scia delle voluttuose anguille 

che avevano iimboccato la via di Santa Maria 

del Tirreno con vasi di ceramica

 per le lunghe notti invernali e botti 

di castagno per il vino di Marreri, 

pettini andalusi per le belle di Baronia 

e bronzetti sardi del Terzo Nuraghe

 o giù di lì per i facoltosi musei dell’Isola 

dal cielo dolce come il latte dove nacque 

Samuele Bellicoso che salava il porco

 e ne riempiva magazzini arieggiati in altura: 

presciutti, capicolli, guanciali e pancette,

 lo stesso cielo in comune a Ohiai 

non impediva ai balenti di esercitarsi nell’abigeato 

arte di chi è abile al furto 

e ha la virtù di difendere il gregge



Turuddhone, figlio del fronte! Presente! 

Il babbo mio ha fatto vita di trincea. 

Egli se ne infischiava dell’angelo custode 

che gli vedeva le controversie dell’animo. 

Egli, come nessun altro per lui

pensava a se stesso 

e al suo gran mestolo di castagno.



I braccianti d’Irillai che han solo la salute, 

della lana sul petto e brache di fustagno

per un lotto di terra sarebbero 

andati da pellegrini in America. 

Non come Zuanchinu che ha conosciuto il mondo 

da capomastro senza lasciare Ohiai

ha costruito case, strade, acquedotti 

e fogne d’Irillai, egli appena nato 

non si chiese chi era né dov’era, ma: 

con chi sono capitato? 

dove quelli che per disgrazia nascevano 

per rimaner servi tutta la vita 

eran capaci di uccidere per il padrone

 anche l’agnello del vicino. 

Per il signore del paese che vedeva

 e pagava una volta al mese.



Il vento rabbioso si arrampica sul monte, 

ce l’ha col cardellino.

A,

Così cupo il furioso mare si leva a cavalloni

e picchia sulla coda l’ardito pesciolino.

B,

Alla notte segue il giorno a Orosei,

 alla luce segue il buio a Irillai.



Arida serra d’Ohiai dove non cresce

 la vite né l’ulivo eqjhmma fiorisce il cardo, 

canta il cardellino e resiste il rovo.



Quando canta la terra piange la luna 

e nel suo pensoso vagare 

si avvolge con un nastro rosa. 

Vediamo quel che ci pare dato che viviamo

 in un’immensa bugia poiché tale

 è la terra che vien dall’ignoto con l’ancella 

luna che coglie le fedeli vergini 

della foresta di Farcana dove il sole

 – gran re del calderone - ogni giorno assedia

 – ha fatto voto - la terra e fa la corte

 alla silenziosa luna e alla sua sorte: 

oltre il mondo della terra e dei suoi folli spiriti

c’è il mondo degli astri in lungo corteo. 

Zenia è la sincera luna e Zomaria 

è il sole cavaliere col suo piffero.



Nessuna autorità mi impone di avere un opinione

e nessuna cortigiana può obbligarmi a rivelarla.



Il popolo della città d’Irillai ha sempre mescolato 

il sangue con le amazzoni della Baronia 

ortolane che correvano le valli del Cedrino 

e lo guadavano al trotto saltando di pietra 

in pietra senza tirar su la gonna

 senza che alcun pastorello glielo suggerisse.



A Irillai quando si forma un capannello 

di gente, è segno che aspettano 

un emozionato profeta che prega per un defunto.



Non dormo la notte perché non so cosa sia

il sacrificio mistico. Capisco il misticismo

 dionisiaco che con l’ebbrezza del vino, ubriaca. 

E il misticismo orfico cos’è oltre l’amore 

tra uomo e donna? Promessa non mantenuta. 

Il corpo è il dio del creato. 

Il corpo rielabora il mondo creato dal corpo. 

I poeti sardi piangevano la Sardegna perduta 

che forse non c’era mai stata. 

Le madri d’Irillai dicono che nessun dolore

 è uguale a un altro e quello del parto 

è differente dal mal di denti. 

Una buona idea vale quanto un figlio, 

ma un figlio di malidea non ha paragoni. 

Chiunque nasca lascia un segno di se 

sulla terra. 

Prima della nascita era impalpabile, 

dopo morto qualunque sia stata 

la sua esistenza ritorna invisibile 

e impalpabile la memoria che rimane di lui. 

Non muoio per la patria

 né per null’altro, muoio per me. 

Per me di troppo ci sono solo io

 e null’altro meno degli dei mi è caro. 

Bene, sono l’apparenza di me stesso,

 apparenza e sostanza sono inscindibili, 

dunque vivo la mia vita

 e nessuno altro può farlo per me.



Il bracconiere d’Irillai Totore Mirabiere 

non manca da casa meno di tre giorni 

e tre notti ma al rientro pensa 

al suo giardino, esige il suo posto a tavola 

e che il tovagliolo sia pulito, innido, 

dice lui, non toccato da nessuno 

controlla se la moglie ha modificato l’arredamento. 

I quadri sono a posto? Si. Hanno il loro valore. 

È sicuro dell’affetto familiare 

quando depone la capa sul guanciale 

sa che l’aspettavano 

perché per loro ha delle lepri e delle pernici 

ha piazzato il cappio al cinghiale e ne farà mercato. 

La volpe l’ha appesa fuor del pollaio.

 Il suo mestiere? 

Batter caccia e aizzar canizza. 

Il tempo com’è che sia lo dispone all’ottimismo. 

Nebbia fitta animo cupo. Angoscia di chè? 

Del cenone di natale e fine anno.

A.

Se il bracconiere è d’Irillai, 

don Zomaria Zancheta è di santa Croce 

egli, ovunque si trovi,

ringrazia Dio sempre in ginocchio

l’Assunta del Rosario, la madre di san Carlo,

 l’avvoltoio del Carmelo, la libertà dell’artista

, la felicità del fannullone, il buon gusto del padrone

le buone maniere della signora Contentezza,

 l’utile ritorna a monsignor Decoro 

egli teme l’angelo deforme che rovina la famiglia. 

Egli si è fatto grande alla Santa Spina.



Le cerimonie son fumo negli occhi del mondo 

esalato dalle pompe vuote della corte imperiale 

volendo darci a intendere che le cerimonie 

 son volute dalle potenze superiori che amano

vivere di privilegi.



Battore lo scroccone o dell’astore e la gallina. 

La doppia faccia della medaglia: su contone e il focolare. 

Testa o croce. Mestizia o letizia. Caprone o montone. 

Battore lo scroccone sta sull’uscio

dell’inferno e guarda dallo spioncino. 

Riscaldamento a carbone e con la legna del Monte. 

Linea diretta dal cielo all’inferno 

dove bolle la calcina.

Battore lo scroccone fumava seduto e in piedi 

come chiunque abbia pagato il dovuto 

ai servizi dello Stato.



Badora Carena si aspettava dai figli, 

tutto quel avrebbe permesso 

la loro complessione bonaria e, specialmente

nei suoi confronti di mamma avrebbero brillato;

 ah, Badora, moglie d’Antoni Cadassu, padrone 

e tutore del bue cornuto ornato dei fiori 

di maggio, in viaggio, in viaggio miei cari. 

In viaggio verso san Francesco. 

Ohi lilliri. Leggeri come la farfalla.



Sii conciso fratello, senza dimenticare nulla.



Ogni venerdì di Pasqua a mezzogiorno, 

nella foresta di Farcana risuona 

il tormentato lamento delle indiavolate janas 

inviolate vergini ancelle delle querce 

che non vogliono esser viste 

quando dorme la giovane civetta. 

Dormirà fino a domenica 

giorno del prodigio perfetto - esso si - 

quando fioriranno i prati 

nel frutteto canterà l’usignolo 

e il grano leverà la cresta nel campo. 

È primavera, resuscita il Signore.



Le frasche come insegna di: 

qui si beve solo vino buono.

In ogni bettola d’Irillai 

si celebra il culto dell’amicizia. 

Zigottu bettoliere ne ha abbastanza d’essere 

d’Ogliastra o di Baronia. 

Zigottu Zomaria è solo amico degli amici. 

Trenta compari di battesimo e dieci volte 

tanto gli invitati al banchetto nuziale

pagato sull'unghia con i doni di nozze.



Solo a morte avvenuta si capisce 

quel che si è perduto.

Un'anno in sordina; poi si migliora, 

come compenso per la morte.

Nessuno muore senza un passato.

Quando il passato non c'è, si deve, 

con un po' di premura, inventarlo. 

Chi sa qualcosa di Zuanchinu, 

lo dica, se sa di Garibaldi. 

Contadini in camicia di tela alla garibaldina. 

I pastori puntano sul lino a maniche larghe.



Come sempre aveva ragione Platone 

che in comune si hanno solo opinioni 

poiché ognuno vive con se, in mezzo al mondo

lontano dagli altri chiusi nel proprio bozzolo.

Quel che importa alla vita è l'esser nati.



Le donne di Gavoi dicono ahinoi 

e maledicono anche voi,

le donne d’Irillai dicono ohiai 

e maledicono come non mai.



Signori a Irillai son quelli che invitano a cena 

gli artisti famosi, perché se l’arte 

ha bisogno d’ausilio, va in ogni modo aiutata

tanto più che lo spirito dell’arte non disprezza nulla

neppure il Melograno che ride a Ohiai. 

Poi, chi non è mosso dall’interesse? 

Il santo e il pio sono mossi dal loro amore per Dio. 

Gli stessi poveri vanno in cerca del loro 

tornaconto personale che viene a galla

 a oriente, dai gorghi sotterranei del Tirreno.



Maestro è chi insegna al garzone 

come fare, cosa fare, per campare. 

C'è il lavoro in fabbrica, è vero,

 ma tre son le cose da imparare: 

prendere, fare, lasciare.

 Qualcosa anche agli altri. 

Sempre per campare.

A.

Per bastare a se stesso 

uno deve essere in buona compagnia.

B.

Si dipende dal lavoro e si ha paura di perderlo.

C.

Il tempo dell'oro c'è sempre stato: 

è quello in cui chi può farne a meno non lavora.



E san Quirico Coloncone di Mughina, maestro d’asfodelo 

che intrecciandolo fa canestri per il cacio e le anguille. 

San Quirico Carcanzu garzone di Dio tessitore del creato. 

Il migliore dei pittori: 

tutti vedono le unghie dipinte con i suoi pennelli. 

Le migliori unghie d’Irillai,

 un dito da ciascuna bellezza.



Vanno a Borbore quelli che non vogliono più vivere. 

Non disturbare d'ora in avanti. 

Andarsene in sordina, senza clamore.



Maneggio al cavallo, triste ramengo. 

Appena Assunta la B.Vergine convinse san Sebastiano 

a debellare la peste in Baronia. Terra delle zucchine. 

Le pietre fitte son sempre tre:

 due minori e una maggiore tra esse. 

Santa Maria d’Irillai corse poi il palio dell’Assunta 

e rimase vergine come il rosmarino.

 Nostra Signora del Rosmarino. 

Dai nuraghi si ha la più bella panoramica dell’orizzonte. 

Nuraghe Ruttu, Preda Riza, Conca è Mortu.

Terre del seme di Zucca. 

Soldi Sardi, Monete Sarde, Sardelle Sarde. 

Eleonora Euro signora d’Arborea così regale 

con i capelli riuniti a crocchia colore della notte oscura 

e le labbra fiammanti di febbre di chi ha preso 

un prestito e s’approssima la scadenza. 

I lumi dell’estate incombono sull’Isola.



Negli affari conta più la sottigliezza 

degli scrupoli: 

i fichi d’Irillai son di chi li coglie. 

Ai cuori puri i fiori dei fichi. 

Anche al bestiame manso piace l’uva matura 

mosche e uccelli con le ali che saltano di ramo in ramo. 

A Ohiai, ho detto.



In guerra non si và tanto per il sottile. 

Il banditore: minacce oscure alla memorie delle cose. 

So, udite, quel che non vuoi che si sappia. 

L’antico segreto. 

Alle greggi il montone, a Dio il popolo 

e al cacico i barazelos che non vuole

 si rubi legna a Urzullè, Uliana e Fonne.



Tempo fà, di dieci pecore la pingue andava al seminario. 

Opimo e libero ha da essere il pascolo 

per l’animale che dà il latte. 

Dio ha creato la ferula affinchè nascesse Ohiai. 

Latte all’agnello, biscotto al pastorello. 

Del trifoglio è ghiotta la pecora, 

della carne è ghiotto il pastore. 

Il sole è orgoglioso del cardo.



I pastori d’Ohiai si rapano alla magnificenza 

della primavera. I contadini d’Irillai

 si rapano per le meraviglie dell’autunno. 

Gli impiegati del Corso esausti si specchiano

 nelle vetrine, i barbieri di Seuna 

si radono precocemente per impratichirsi

al chierico contento la chierica,

 ai preti la nitida tonsura 

per non essere confusi con altri, 

ai sacerdoti i cerimoniali dell’altare 

per la vita inesauribile. 

Che il Signore li riconosca dalla nuca. 

Perciò la cosiddetta realtà gli piacerà sempre meno. 

Ecco: la realtà è l’attualità che non ci piace proprio. 

Se non fosse doloroso converrebbe tornare indietro. 

Almeno fin dove si è partiti. 

Conviene interrompere il viaggio? 

Boh. Lascia correre i vagoni fino a Macomer e Bosa. 

Se nulla è irreversibile 

lo sparviero ghermirà sempre l’usignolo. 

La morte ci accudirà con la sua ragione.



A Ohiai i prepotenti di passaggio

 [a reddito fisso nella prosperità] 

venivano precipitati in un pozzo di sei metri 

che d’estate dava refrigerio a un fiasco di vino. 

Fatto, dicevano i dodici del Kantone. 

Non avrebbero più coltivato un orto. 

Compagni della morte violenta. 

Appeso a un olivo e coperto di pampini. 

Un giorno o l’altro lo sveglierà la risacca. 

Cercava pollame in piazza. 

Ogni valligiano usa farsi forte dell’ignoranza. 

Quelli che credono in ciò che vedono

 e vedono solo i fatti. 

Costruttori di case che in ogni area

 vedono cemento, ferro e mattoni.



C’è stato un periodo che a tavola

 in casa di Zuanchinu, a pranzo

girava un solo tovagliolo che forbiva

 la bocca di tutti. 

Poi venne l’euforia e ognuno ebbe il suo 

e chi l’usava lo trovava nel cassetto del tavolo. 

Per tutti era uno spreco. Dammi quella tovaglia. 

Passami lo straccio. Lanciami quel pannolino. 

Ma tutti l’adoperavano con la delicatezza 

del sacerdote che, senza una ruga,

 dopo la predica, si asciuga la traccia 

del vino sulle labbra invece di leccarsela

 come tramandavano i pagani.



Quella dozzina di vecchi del Kantone Ballaloi

 si allarmava quando gli abitanti di Ohiai 

non si conoscevano l’un l’altro superando

 i dodicimila compaesani dediti alle arti

 agricole e pastorizie edili e manifatturiere,

 impiegatizie e sanitarie, artigianali e religiose 

negoziali e ambulanti, poliziesche e canagliesche,

 arti bigotte e beffaiole: l’estroso artista 

può fare una caricatura di chicchessia 

con un tratto elementare, così.



Cosome di Locoe pescatore fluviale, fungarolo

 prataiolo, assiduo del Muraglione d’Irillai 

dove esibiva i muscoli da diacono troiano

si trovava sull’erta ripa del nemico dove l’Isalle

 confluisce nel Cedrino quando lo colpirono 

alle spalle con un cesto di timide anguille. 

Egli già da un paio d’anni dormiva 

sotto minaccia, con un cappio al collo. 

La legge del taglione. Predu Perdeu,

 sposato senza moglie. 

Donn’Elène sta sulla sponda opposta del Cedrino. 

La sponda del melone dolce.

 Più di un pagliaccio non varca la porta. 

Quel che arriva alle nari ha fatto suo il percorso. 

Ai reduci con del piombo in corpo 

spetta la pensione o il posto in banca. 

Dio, come tanti altri, non ha figli dimenticati. 

Non in piazza almeno. Nel mercato rionale.



Dura una notte la tregua a fratelli furiosi imposta 

dal maresciallo dei barazelos nei suoi rapporti. 

A ogni nuovo omicidio gli animi si esaltano

 poi si uniformano: si tratta di faccende 

che andavano sbrigate e chissà quando finiranno. 

A ogni buon conto il baffo del gatto

 insegue la coda del sorcio. 

Marescià, non confonda le cose.

 Di la tua e falla finita. L’acqua è torbida. 

Nessuno fa il proprio destino, non so se Gesù 

conoscesse il suo prima del tempo,

 ma Socrate, uno degli indipendenti,

 avvertito del suo non l’ha ostacolato.



Sancisce l’amicizia il vino di Marreri, 

col quale Zigottu sommerge le pesche

 mature e prodigo, le serve agli amici 

per compromettere il mattino

 e offuscare la vista. 



Il primo d’Ascra è Linna.

 Di lui conta quel che dice 

e come lo dice, con la prima semplicità. 

Il divino di ogni contemporaneo.

A.

Il poeta – e non c’è ricchezza 

che l’incanti né purezza che l’eguagli –  

egli si rinfresca con l’acqua 

che ravviva i fiori avvizziti.



Tutte le anime dei mortali di Ohiai

 spiccano il volo dalla foresta di Farcana 

verso l’aerea residenza del nuovo mondo.



Prima di Dio c’è la corte 

dove chi non gioca a carte 

si trastulla speculando sulle qualità 

delle etnie dopo di Lui 

c’è un prato infinito 

dove pullulano i popoli 

che avranno vita in futuro.



Quelli che abbandonano gli anonimi compagni

 mentre guadano il Cedrino indisciplinato

son quelli che più hanno da raccontare 

al maresciallo Mamea Malaitu. 

Qualcuno si pentirà per primo 

e parlerà del pasticcio 

per dare lustro ai suoi antenati 

di cui sente la mancanza.



Raffaello si ritrasse scolaro nella scuola di Atene

così Zuanchinu si raffigurò nel soldo d’oro. 

Egli era così fiero di aver tanti compari 

che al dire i loro nomi si scappellava 

davanti alla loro ombra.



Cosa c’è di più vero della terra che ci sostiene 

e del cielo che ci sovrasta mostrando giorno

 e notte i penetrabili segreti che lo compongono?



L’anima dell’uovo tramutatasi in pulcino, 

appena rotto il guscio fece: 

Pio sono io come padre Pio. Come il gallo

galleggia sulla gallina che sta a galla. 

Nelle acque della Marmilla nuota l’anguilla,

 come Mamea Mandrone, unigenito del primo

 ragioniere d’Irillai, nella Mandra di Murrone. 

Il prode Alfonso di Bosa nacque per sopravvivere 

fino a esser pronto a morire

 il giorno voluto dal vento della tranquillità.



Tutte le parole che si riferiscono alle faccende 

del cielo son prese dai quaderni degli umani mortali.



Non so cosa accadesse all’epoca del Primo Nuraghe. 

Cos’era per le antiche madri l’armonia domestica. 

Un marito libertino era un estraneo

 che portava in casa un’estranea. 

Bel tipo con i capelli ondulati, di quelli 

non alla fame come i figli dei farmacisti. 

Lei doviziosa, tutta casa, fa la spesa all’emporio. 

La Providenza. Il provvido alla Provvida.

Due stanze e sette figli. 

Casa calda come la stalla.

 Salta a cavallo che si alza per primo. 

Nuraghe Niola sue sa mola facce barbute

 e teste zazzerute fuori mandra. 

Salassi ai dolori laterali. Gli antichi

 per salvarsi dall’apoplessia si aggrappavano

 alla cicuta di Socrate, così centrale nella sua vita. 

I moderni per redimersi trovarono Gesù

 sulla croce all’età di mezzo

sempre di parole si tratta, 

che seguivano sogni e idee. 

Poi tutti i giorni sono centrali nella vita 

e se il mercoledì è in mezzo alla settimana

 pure la domenica è tra due mercoledì

come la vergine del Rosario e quella del Carmelo 

tra la Maria Madre di Dio e delle anime purganti.



Le persone di un certo valore sono marchiate 

dal Signore la cui azione abbraccia 

ogni creatura che tratti di quote latte 

o quote di vino, tratti d’epilessia, parli 

in bonafede di Bonaparte o male del mal 

di Cesare, quel vignaiolo d’Ogliastra che spaccia

 la sua quota a Ohiai dove della cupa

 foresta di Farcana si dice che non è triste 

se a un albero non c’è un impiccato 

che ha perso la verginità 

come spesso avviene nel bosco di Borbore 

per dire addio al mondo dei furbacchioni.



A.

I battezzati sono i favoriti del Signore 

tra le schiere dei suoi alleati in anticamera.

B.

È la luce delle stelle che costringe la luna nel suo percorso.

C.

È l’ammirazione per il santo capace di far miracoli 

che spinge gli ammiratori fedeli e incapaci di mentire 

a recarsi scalzi e a piedi al santuario fuori porta.

D.

Si, uno è descrivere quel che si vede accadere 

sulla terra sotto il cielo, altro è immaginare

 quell’eremita che ogni sera cena alla stessa ora 

dopo aver saltato il pranzo di zucchine lesse.



Zenia, venuta su dalle rive del Cedrino 

che anche a secco riempie il Tirreno 

domestica in casa di impiegati, prese dalla signora

 l’abitudine di consumare il caffè 

-Fedele- e non comprò mai altra marca, 

non in vacanza quando serviva al mare 

o in montagna, e nemmeno da sposata, così creativa

 col suo Zomaria di comune intento, che, pieno di gioia

 acquistava il caffè per la moglie e ne menava vanto

 con gli amici che lo sfottevano dicendo: paghi meno 

da bere per comprare quel caffè così caro 

si ma mia moglie – puzi puzi - ha preso le abitudini dei signori

anche se costava di più e c’era la famiglia da tirar su

il caffè ha un altro sapore, non è per marionette

 poco serie che fan le cose per gioco 

il caffè dei poveri sa di stantio,  mescola scadente

quello dei signori ha l’aroma della tostatura recente 

che sa dell’Eden dove il lavoro è bandito,

 vive nella porcellana d’oltre confine 

dove non stride la civetta, 

si addolcisce col cucchiaino d’argento 

che viene dal non luogo dove affondano

 i piedi di Iride nunzia multicolore di pace.



Zuanchinu E. Remitanu, nella cui casa si decideva 

durante il pasto dell’argomento di cui parlare, 

che tutto sia ben cotto e niente salamoia

volle che nelle assemblee consiliari di Ohiai 

-dove non cresce neonato che non si presti

 al gioco con i coetanei come i padri non si sono

 mai rifiutati di bere vino con i propri simili -

nessuno adoperasse gli sgabelli, ma non sognò

 mai di proibire lo scambio tra vicini di casa:

 farina con carne, fichi con mandorle 

olio con vino, cacio con legumi, latte con miele. 

Volle ancora che chiunque fosse nato sulla terra

 sotto il cielo e sopra il mare fosse cittadino 

di Ohiai e quando sentì venir meno le forze 

colse il fiore della sua biblioteca per il primogenito 

Zomaria che sposò Zenia per contare sulle delizie 

dell’avvenire. 

Così quelli d’Irillai allevati alla sua scuola, 

contavano di aiutarsi più come vicini

 di casa, che come fratelli e sorelle 

che litigano sull’eredità.



Nella collina di sant’Ussula, si riunivano 

sotto l'albero maestro i parenti per dirimere

 le controversie familiari che finivano col morto.

A Ohiai i magistrati appliccano le leggi

 in nome del popolo 

ma degli affari statali si occupano gli onesti 

e di chi piscia in pubblico si occupano 

i moralisti ubriaconi che vorrebbero 

far partire le date storiche dalla distruzione

 di Troia e dalla morte di Gesù perché 

dopo ogni fine c’è sempre un nuovo inizio.



Maria, la volpe velenosa di Lollove 

che vuole dar vita al paese trascurato 

dai caprai e abbandonato dagli immobiliari

padani che fan vita grossa in costa.



Il creato – il vagare in un senso del globo

 d’acqua-terra stabilizzato dall’Himalaia

 e dal Pamir, Tibet e Gennargentu 

dove ogni bandito può essere ucciso impunemente 

ed è facile credere alla verità dell’evidenza – 

non conosce due cose uguali, 

per cui una è la destra, l’altra è la sinistra.

Come il cacciatore tiene la canna del fucile 

volta a terra o all’aria per non far danni, 

così come Tatanu Dannaresu che teneva

 la scure sulla spalla

come la mano del cieco sulla guida.



Credi in me e guarirai, usava dire Gesù ai malati.

Chi non crede in me si ammalerà 

e sarà tentato da Satana, scontroso e cornutaccio,

 lo scorbutico in agguato con il vischio nel vicolo 

chiuso dove finirà il cieco attratto dal miele.



Le torri costiere della Baronia 

erano fari di segnalazione di mulinelli 

e scogli o punti di sorveglianza di sbandati 

pirati saraceni sotto costa? 

Erano i granai dei pirati etruschi. 

Deposito di cocomeri fenici. 

Vivaio del cedro. 

Casa di Cedro, dio dell’acqua potabile.



L’Isola ha in gestazione la coscienza della sua storia. 

Nessuna dinastia regnante.

 Nessuna guerra contro chicchessia. 

Nessuna aspirazione unitaria.

 La lingua fu latina, poi spagnola. 

L’antico vernacolo covò sotto la cenere

 del focolare negli ovili. 

Per la rima delle ottave mancavano le parole. 

È necessario saper parlare

 per far domande al Signore 

in nome della dignità Isolana. 

Status quo pacifico 

fuorché qualche omicidio paesano, 

tra familiari prima di tutto.



A nove mesi, giorno più giorno meno, 

giusto il periodo che lo spirito impiega 

a incarnarsi, Dio ebbe suo Figlio. 

Poi fiorì il mandorlo e nessuno

 aveva ancora arato la terra. 

Avvenne a Betlemme 

dove si davano convegno gli esclusi 

e tutto ciò che s’incarna è destinato a morire. 

Padre, disse Pipiu dalla croce, temo il supplizio. 

Il brigante Titulia Totoni alla sua destra

 e Predu Merula alla sinistra. 

Del Cedrino tra lino e fave, Cedro di Baronia 

nume tutelare dell’acqua dolce

 e dei giardini d’aranci e cedri. 

Maria d’Ohiai col volto gaio 

come il melograno tesse la tela delle tovaglie. 

La pesca più bella dell’albero prescelto dal Signore. 

Il melo, poi il fico e il ciliegio. 

La signora del mirto: Murtamaria. 

Mallena la cugina dell’ulivo, caviglia d’olivastro. 

Amici e parenti 

son vicini nel momento del bisogno. 

Che nessuno lasci spegnere

 il fuoco eterno nelle case d’Irillai.



Don Zomaria Zancheta, dalla mattina in veste 

talare brucia incenso ai defunti

 poi chiacchiera con i familiari. 

Di essi rimane la polvere dei ricordi

 al tempo delle vendemmie.



Passava delle ore a casa di Donn’Elene 

che tendeva al rosso e curava il giardino 

non meno dell’anima. Alla sua porta

 ci si scappella ancora 

come davanti al Sacramento.



A Diddinu, l’uomo nuovo d’Ohiai, 

timoroso delle beghe cruente

pastore calvo col gilet con asole e bottoni

sia riferito tutto quel che è di Dio. 

Un altro come lui vive nel Logudoro. 

La sua casa è l’Isola e ha familiari cavalli e motori. 

Senza superbia parla con tutti i parenti. 

Egli è alla pari con i promettenti cugini 

del quartiere che tanto amano i genitori

 quanto odiano chi ha fatto loro del male: 

i nemici ferali che fan prematura la morte,

 accorciano la vita. 

La parentela innanzitutto, poi la faida.

Gli empi che se ne infischiano della pietà. 

Ha del rispetto per i genitori. 

Oh, l'odio tra cugini è quanto

   di meglio offra la natura e la cultura.



A poeti e profeti serve la lingua 

artisti e artigiani usano le mani



La parola corta abbrevia  il discorso



La parola precisa che colpisce l'orecchio 

fa veloce il messaggio



L’arte è l’esplosione di quel che la vita vissuta

raffina col risveglio della primavera

quando dirada la nebbia 

che copre ogni notte la foresta di Farcana

come un fitto pettegolio

all’uscita dalla casa del vino. 

La pergola della vite d’oro. 

Il tempo non facile da trattenere

non è fatto per restare. 

Come il suono delle launeddhas. 

Il suonatore che aggiunge o toglie

una canna a seconda dell’umore. 

Non è il canto del solitario

che può essere ripetuto. 

Non la stella di ieri brilla di meno oggi.

È la vista che cede. 

Alle lusinghe della luna

che fa capolino sopra i tetti.



Ai banchi del mercato d’Ohiai

non c’è giorno che si levi 

senza rumor di malanni e denari

ma l’affetto dei figli ai genitori 

non si discute poiché le pie madri

hanno insegnato ai figli il Credo 

come dogma e interi i dieci comandamenti

nelle cucine di casa e nelle sale

della Colonia di Soloti risorgono sotto forma

di aeriformi janas cugine di instabili

e irritabili diavoletti, in attesa di redenzione 

che fanno acrobazie sui rami delle querce

con le anime dei morti annegati

nel Lukula in piena, di malaria

e di scarlattina, di nefrite e di appendicite.



Gonario Ghilinzone usato dalla moglie

Koromeu Korjola Pomona

che non teme l’inflazione monetaria

capricciosa e volubile al punto che subiva

il bagno caldo con le bacche di mirto

per invogliarlo come fresco ganzo

alla concupiscenza che da millenni

ha messo radici e tresca come la prima volta 

e lo lasciava a mollo per lavare e barattare

formagelle di cui son ghiotti

i commercianti d'aranci di Milis

che non han perso l’uso delle mani e della lingua

e temono i passi falsi verso l’indigenza 

che porta difilato il disperato a far l’eremita nel Bosco 

dove parte la stella binaria dell'ignoto.



Ogni cristiano d'Ohiai, in virtù della sua natura

alleggerisce da solo il corpo

(solo la madre l'aiutava nel bisogno) 

nei prati oltre le siepi del demanio,

dove alla fine dell’anno 

ognuno si ritorna alla sua casa

da donde s’era partito 

per il bizzarro calvario attorno al sole. 

Una marionetta che cavalca un baleno. 

A volte incontenibili nel guscio che ritorna dal mare.



Deunisi Pifferaio di Orune,

paese famoso in provincia per lo yogurt 

inventore della caraffina sempre piena

di chiaretto che conosceva chi era sazio

da come si tirava su i calzoni 

e si accorge di aver perso qualcosa senza sapere chè

né come chiamarlo, era il dio della vendetta 

perché la prima prova che diede al mondo

fu domare la famiglia che aveva cacciato

via sua madre che chiamava

nostra signora del caprifico 

con la sua blusa di broccato verde

resa gravida di lui da una maschio divinità

– un caprone - sul torrione principale 

del castello che guarda la piana di Marreri

dove ne succedono di cotte e di crude

prima di planare nella fertile e feconda Baronia.



Mimiu Minuiu seguiva i ruscelli che

se non si seccavano finivano al Cedrino. 

Cercava il verde, saltava sugli alberi,

saliva in collina, dipingeva e fotografava

rocce e nuraghi, nel silenzio della domenica 

rotto qua e la da qualche sparo di sbarramento 

ai caccia della NATO che sfrecciavano come saette



Dopo Dio vengono i santi.

Dopo le Dodici Tavole dei romani,

molti altri vollero tavole proprie 

e Mosè per non essere da meno si contentò

del decalogo in due tavole. 

I vecchi del Cantone Ballaloi non vollero esser

mai sotto della Dolce Dozzina: 

dividevano [la santa regola del bere vino

è far comunella] per la salute 

un litro di vino in dodici bicchieri che stimolava

la conversazione tra i pari burloni

della piazza. Kichinu Kadinu era il maggiore fra loro 

e inseguì la moglie, Missenta Cadira

– con gli occhi chiari come il mare

sulla sabbia lucente (fino a sentir con lei,

le prediche di don Zanchetone

che trovava solenni e han sempre qualcosa

da insegnare anche a chi non lo sta

più a sentire ed era più che mai convinta 

di non aver fatto nulla di male

per aver cucinato i frutti della terra 

coltivata che danno pace e ripudiano la guerra)

- per tutto il cantiere per aver ragione

e la battè con una vanga sulle costole sane

sotto la gru ,perché per cinque giorni

di seguito gli preparò per pranzo zucchine ripiene. 

Stavolta l’hai fatta grossa,

mia incarnata rosa di Baronia 

dalle narici profonde e misteriose

come comunicanti pozzi di campagna 

dove si nascondono le janas delle sorgenti

e fantasticano i pellegrini assetati 

snobbando i santi che rimediano i mali del corpo,

Cosimo e Damiano 

così chic nella nicchia di maiolica d’Ozieri,

assorti come sono tra san Francesco

e frà Ignazio, gli snob del calendario

instancabili e inappagabili che chiedono l’elemosina 

per non lavorare e trapiantare garofani e gerani. 

Giglio illibato di Galtellì, aggiunse lei colpita

dove duole più che da malificio. 

La padrona dei fornelli d’Ohiai.

Tutte le bellezze della Baronia 

che lungo il Cedrino mettono i panni

nel paniere, domestiche a Irillai

hanno ciglia fini e guance liscie

come le pesche mature a luglio 

quando a Sant’Anna le ventilano con ventagli

di Dorgali portati a forza di remi

dai Turchi sul seno del mare 

si fondamentale davvero e definitivo

come le stelle, vivi più dei desideri

realizzati dai suonatori di launeddhas 

che hanno marinato la scuola

per farvi ritorno come ciabattini e rattoppini.



La realtà mi sostiene con le case e le strade

alberate, quando le prime lacrime del cielo

annunciano un temporale; 

l’ignoto mi lusinga come luce di fiera fiammella 

che si eleva sopra Irillai e illumina il castello

senza torrioni della foresta di Soloti

dove vivono fuori matrimonio le janas 

coperte di malva con le civette coperte di piume; 

l’ignoto mi lusinga come il corso del Cedrino

dove a qualsiasi ora guizzano le rapide

anguille che rendono le consuete grazie a Dio 

così affabile nel suo azzurro luogo dove apre

dirige e chiude le danze nelle sale del re.



Molti vivi riflettono sull’immagine che rimarrà

di loro sulla tomba. 

Altri vivono per la gloria delle genti di Barbagia

e le antiche stirpi di Baronia. 

Qualcuno che non ha avuto la fortuna di avere un castello 

porta alla fine la sua delicata immagine mortale 

certe grossolane mangiate d’interiora di vitello 

e curiose abbuffate di vino che se non altro,

annebbiano la ragione e fa brillare il torto

e mettono fuori posto qualche ciocca di capelli.



Mariapica, come le sue simpatiche janas 

che amano starsene nel loro mondo come le civette

scrisse sulla roccia di Farcana, che da morta 

voleva essere seppellita ripiegata su se stessa 

come quando era nella pancia della madre.



A Irillai quando i vecchi muoiono dicendo:

sento il caldo del Carmine 

i figli si dividono l’eredità

e delle volte si sputano in faccia 

e prima dei calori di sant’Anna

si pungono e si dicono l’un l’altro 

figli di Donn’Elene Concupiscente,

sotto gli occhi attenti della civetta 

che nelle notti d’estate pernotta nei cortili delle case 

e sul far del giorno se ne vola a Farcana

al cantuccio delle vergini madrine

che violano col mignolo il culo alle galline.



I parrocchiani dei Rosari d’Irillai regalano

a don Zancheta che mangia con appetito

la testina dell’innocente riccioluto 

e se non la mangia lui la mangiano in Baronia

dove l’inverno è mite e pullula

di villeggianti e cacciatori, a pasqua e a natale

un agnello e un porchetto da mangiare

scuoiati e col sigillo del veterinario

che passa poi ai nipoti dopo averli sistemati

in bancaalle poste, all’enel, ai telefoni,

al municipio, ai trasporti nei centri

commerciali e nell’ospedale a fare clisteri.



Così Mimiu Minuiu - che appena nato tra il riso

e il pianto chiese alla levatrice

quale fosse la potenza della squadra in campo 

Quella del lampo e del tuono, disse l’onesta donna

- cresciuto a forza di bistecche

andava fiero dal barbiere per pettinare

nel verso giusto la sua barba

poi sgambettava come un gallo scuotendo

a destra e a manca l’altera cresta

e voleva essere chiamato signore come tutti

lo sono a Irillai senza aver mai

comprato un cappello di paglia 

né essersi mai seduto su una sedia di paglia.



A Irillai si danno contributi pubblici

ai santi di quartiere  e cadono gli intonaci

delle scuole sui nipoti dei priori

di tutti i santi del calendario.

Prego Iddio e i santi della sua corte

che le insegnanti imparino a parlare 

per essere capite come si usa in borsa,

in chiesa, allo stadio, al corso/, al cesso 

Prego per la tua infinita misericordia,

Signore, fa che parlino come tu comandi: 

con intelligenza e non come l’incantevole Zenia

- con tutto quell’oro sul seno -

con le figlie della madrina.

Se non puoi altro, o Signore 

cacciale via dalla scuola dove cadono gli intonaci.



Il sole illumina tutto quel che colpisce

anche i ciottoli del Cedrino e il rosso dell’uovo

ma è la luna che da d’argento ai muggini.



La mamma di Predu Preducu, sentiva dolente

 il corpo, un bruciore laterale quando il figlio

 lontano veniva malmenato in una zuffa. 

Lei era tutt'uno col figlio, carne della sua carne, 

naturale che ne senta il dolore. 

Così quando capitava qualche lite in famiglia,

 col figlio che si ribellava al padre 

e se le davano in cucina, lei sentiva il dolore

 del figlio per qualche calcio in pancia 

e non i pungicconi che prendeva il marito

 padre, se non mollava la presa. 

Lei cercava di metter pace e le prendeva 

dal figlio mentre tratteneva il babbo.



Il principino dei 4 mori quando è a cavallo

cavalca l’anima sarda che dice basta ai torti 

subiti. Qualcuno condirà la carne del maiale 

e lui ci metterà un pizzico di sale. 

Lavora da mugnaio e versa sacchi di grano 

nella tramoggia. E ringrazia Dio di tanto ben di dio.

Il principino dei 4mori, alto quanto il re del ‘43

si distingueva per l'ampia fronte sopra gli occhi

 scintillanti come due pietre focaie sul comodino

 che a sbatterle sprizzano come pensieri quando 

intuizione e immaginazione vengono a contatto. 

Si, gli occhi del principino brillavano di luce propria

generavano luce, appiccavano fuoco ai coetanei 

e incantavano le fanciulle orgoglio e vanto 

della creazione e un giorno saranno madri



Deunisi Zigottu dio del nuovo vino. 

Zomaria Zigottu oste del vino nuovo. 

Mimiu Zigottu detto il francese perché emigrò

 in Francia una settimana a zappar vigna

 a Marsiglia con altri villani d’Ohiai 

zappatori d’orti affetti da mali nostalgici 

e ne ritornò subito a vender vino a Irillai

con una barca a remi dei 4mori del munifico

 Predu Iskerza di san Pietro patrono d’Irillai 

che custodiva nella credenza una reliquia 

di san Francesco patrono delle Nocciole e una reliquia 

di Eleonora regina di Sardegna e moglie di Josto 

detto - a bandh’è fora - che nella visiera 

del berretto conservava una medaglia 

di latta della Madonna del Rosario 

che baciava mattino e sera e nella tasca destra 

-l’altra era sempre piena di monete d’oro-

sobbalzava con Lei una gran leppa a serramanico 

detta libera lama di Pattada che usava meglio 

della rumorosa pistola a tamburo

 che spaventava ogni spadaccino al solo vederla.



Viva il buon senso 

e wvivwa il senso comune per l’orrido



Irillai fu fondata da Zuanchinu E.Remitanu, 

con Zenia madre di Zomaria che fin da piccola

 cantava mottetti d’amore con gli occhi innocenti 

della bimba obbediente e le labbra adatte 

a ridere e a piangere con la lingua 

tra i denti capace di dire la verità 

e qualche bugia per necessità 

e le mani sì delicate per dipingere le ali 

alle farfalle che volano in Baronia, 

Zuanchinu, sempre bello non meno di 

san Pietro nella deposizione Baglioni, 

santo patrono del quartiere del Rosario,

 con peli e capelli grigi e puliti

 e occhi semplici come le trote del Cedrino 

che se ne infischiano di finire in padella. 

Quelli d’Irillai che soffiano launeddhas 

sono belli come quelli di san Pietro

 che suonano l’organetto per i balli di Mariapica

madre, poco più grande di una dozzina 

di scriccioli timida regina 

delle e rotiche janas che si tirano i capelli

 sulla nuca che escono nella notte 

di Farcana educate al culto della civetta 

dagli occhi tondi come un rosso d’uovo,,,,



Dopo il nubifragio ritorno a casa seguendo

 il corso ardimentoso delle cose

e la trovo piena di lucciole felici di luciccare. 

Bobore Filindeu usciva da casa 

ogni giorno col suo viatico: 

un pezzo di cacio da rosicchiare 

o un pezzo di salsiccia da mordicchiare 

nelle bettole tra un bicchiere e l’altro di vino. 

Un cane uggiola fuori di casa, 

sotto un albero scosso dal vento 

alla porta del tempio di Salomone 

le cose gli vanno di traverso. 

Il pianto rituale è iniziato nella capanna 

davanti alla morte prematura 

e inspiegabile del figlio. 

Così l’uomo è venuto a contatto con sé 

poi a contatto con Dio e dalla sua comprensione

 si aspettava quella dei vicini. 

Lo jettatore, che pare un canonico

, porge il suo cordoglio. 

Qualcuno è rimasto fuori dell’arca del diluvio. 

Noè caccia le streghe. 

L’acqua benedetta è quella del diluvio. 

Chi di sua volontà si fa schiavo

è convinto che quanto più si sia offesi 

e avviliti, più si è vicino a Dio. 

A chi manca il sigillo di Salomone? 

Al presidente degli orologiai

al prefetto dell’acqua minerale;

 al governatore dei sordomuti 

al direttore del gabinetto di decenza. 

Ai tromboni del governo di Riotinto. 

Ai carapintadas di Irillai.

 Agli oratori nelle case da gioco. 

Bordelli ai libertini e Maccheroni al popolo, 

che non manchino gli esempi. 

Il cacico padano sorride dietro il parlamento

 e ne scredita la funzione. 

Ai padani il Po, ai tirreni il Mare, 

ai sardi il Gennargentu e il Campidano. 

Dio è vita e non crea gerarchie. 

Non da Lui viene la classe dirigente. 

Ma Gesù ordinò gli apostoli, al carisma

 della parola nelle adunanze. 

Niente confessionale. Nè credenti e miscredenti. 

Trovo nel Sole l’opera magna del Signore.

 Inconsapevolmente fui tratto a prendere

 parte al mio destino nel mondo incantato. 

Venuto a questo mondo con presupposti pacifici. 

Ora, in proprio, prendo parte volentieri alla storia. 

Trovo prezioso il tutto e le sue parti. 

Trovo veridico quel che esiste. 

Dal nulla, nulla si ottiene:

 attaccati al nulla, dove è il nulla 

c’è da curiosare per un congiurato 

d’osteria come me. 

La morte si ferma alle prime barricate.

 Vengo dalla piazza con la bandiera del nulla.

 Il disordine strazia i portafogli. 

La funzione della spia nella società politica

 è: servire lo stato. 

Firmato accordo col diavolo per salvare il Tempio. 

Giuda tradì Gesù per servire lo stato.

 E’ il benvenuto tra noi: 

è lui quello che vado a baciare.

 L’uso migliore del pugnale è l’infilarlo

 non visto tra le costole della schiena. 

Beato chi ci riesce. Gesù raccolse

 attorno a sé il primo nucleo consiliare

 di pescatori e muratori, liberi artigiani e braccianti 

dei campi pastori di greggi e bovari millenari:

 per essi e con essi cacciò via

 i sacerdoti di mestiere dal tempio.



Qui è Rodi, qui salta.



La parità tra diseguali non può che tradursi in disparità. Plato.



Ogni angolo è adatto ad ammassare

 ricchezze, miserie e prepotenze.



Degli ideal-tipo me ne infischio assai. 

Alla salute, quindi, col vino rosso 

di Marreri che ritempra il sangue in scadenza



Quando c'è premura per la buona riuscita

 dei propositi da seguire,

 non c'è compagnia migliore della propria



Impossibile sapere a cosa penso, 

perchè come acrobati saltano 

e volano le idee da un appiglio all'altro

 fino a trovare il salutare stato 

di quiete per presentarsi agghindato 

e pensieroso alla cerimonia della vita

 sulla terra che poi è solo una 

effervescente goccia d'acqua 

salata sospesa nel cielo



Non c'è vita senza crucci, dunque l'esistenza 

non ne è esente, nè mai mostrerà disgusto



La violenza domina l'esistenza,

 quella che promuove gli eroi in guerra 

i Meleto accusatori e i Giuda spie infiltrate

nonostante le prediche delle persone 

che passano un quarto del loro tempo

 a cambiarsi d'abito aiutati da servi domestici 

la violenza mette a soqquadro il mondo 

che rotola indifferente con e senza

 il quarto di vino che fa buono il sangue 

che non mente. Così bontà e onestà 

vanno al macero e buon gli faccia all'universo  



Dio - e il mondo - si aspetta il meglio da noi: 

si aspetta l'innocenza senza la violenza

il buon umore e non il malumore

non si aspetta il sospetto della gelosia in amore

né si aspetta l'invidia del vicino

 sul tuo ultimo cambio di macchina 

e lo atterrisce ancor di più il pensare

 di averla pagata in contanti e non a rate



Colgo a mente aperta i pensieri 

comunque essi siano liberali o tirannici, 

infernali o celestiali, belli o brutti 

pii od empi, tragici o comici, seri 

o faceti, ridicoli o sublimi

sportivi o sedentari: si, a mente aperta, si

ma a bocca chiusa per paura che coli la bava.



Conduco un esistenza semplicemente elementare:

ho sempre meno bisogno di quelle cose  

che non mancano 

e la direi una esistenza spartana 

se avessi dimestichezza 

con le armi e con i coltelli da cucina 

che temo al doverli usare 

perchè ne ricavo sempre qualche ferita 

così anche la grattugia che mi scortica

 la corona delle unghie 

perciò un pezzo di cacio, che non manca mai

 nella bisaccia con una bottiglia di vino,

 preferisco rosichiarlo come i topi.



Oggi, dopo anni, ho ripreso possesso 

dei miei fornelli e ho ben fritto

 fette di melanzane che poco trattengono 

dell'olio mediterraneo e alle finestre

 di casa accorrono e applaudono gracchi

 e scriccioli che prendon parte al festino 

senza sporcare in cucina perchè sanno 

che sono io il domestico 

che se ne infischia del grembiule d'ordinanza



Oggi è una moda molto triste 

tanto è stupida e crudele

quella di mutilare i cani 

tagliando loro la coda

forse per impedire che se la mordano



Chi beve col cuore pensa prima al suo

 poi al fegato degli altri,

 non ultimo Polifemo e il vino di Marone



I medici credono che ordinando ai pazienti

 quel che loro non fanno 

si guariscono lo stesso con un liberale clistere



Oddio uno deve essere proprio malmesso 

per affidarsi a un avvocato, a un medico o a un prete



Nell'uomo una coscia di donna provoca 

un ineludibile richiamo d'amore

 che lo fa scalpitare come un puledro indomabile



Oggi è raro che qualcuno vada in cerca d'un padrone



4luglio’77quandosicantavallatrallallero



La mia andatura è traballante,

 lo sguardo incerto

ma le basette, ah, le basette

 son da fedele al re dei re



Il cuore della madonna e quello del figlio

 non so proprio a che si riferiscano

 se non alla stabile temperatura sanguigna



E' una disdetta per i pastori,

 erranti o stanziali

quando i montoni scappano dalle greggi.



Chi va in cerca di qualcosa, 

è certo che quella cosa gli manca



Vivo per me perciò il tempo non mi manca



Mi manca la donna e la femmina? 

Conosco quella dello scapolo e del vedovo

che se ne infischiano delle ginestre

degli asfodeli  e delle mimose.



La crudeltà degli inquisitori inventò 

la mordacchia 

per impedire all'arso vivo di maledire. 

Altro che tagliare il cuoio capelluto 

al nemico ucciso 

o innalzare la sua testa in cima alla picca 

o privarlo dei genitali per darli a cani e gatti.



In ogni terra incognita si avventura 

ogni persona ignara; 

e ciò non sarebbe se non avvenisse



Ogni infermità è misura di esclusione: 

perciò nulla so dell'arte della navigazione 

non conosco le stelle nè i fari sulla navigazione

non so fare un remo, potrei cucire una vela

ma non pretendete da me che 

accenda un reattore per sottomarini

Alla mia età son buono solo a far nulla 

e proprio nulla faccio di cui debba vergognarmi: 

mangio, bevo e chiacchiero, me ne infischio di leader 

e premier messianici più dei papi 

che han consumato il loro tempo 

al contrario dei bruchi che sfarfallano

 in anticipo, me ne infischio

 al modo dei profeti nei riguardi di chi li ascolta 

e crede alle loro stoltezze,

 come chi sta bene se ne infischia 

di chi sta male, come il ballerino 

se ne infischia del fraticello  zoppo 

come il calvo se ne infischia del barbiere; 

vivo col solo rimpianto di non poter

 percorrere le antiche vie consolari

di essere incapace di erigere 

una sola arcata dei ponti romani 

e di non poter vedere Roma 

dagli spalti del Colosseo



Per non vergognarci di quel che possiamo combinare

basta, quindi, evitare di farlo; a ciò serve il giudizio.



Mi rallegro quando sento di aver ragione:

 la sola cosa che allontani la rabbia e rassereni l'animo

e con essa, l'arte e la giustizia, 

condizioni che occupano l'animo intero: 

come l'amore per la tua donna, 

ovvero quel che ti manca 

ornato dalla sua bella chiacchiera; 

quindi amore e ragione più arte e giustizia

tengono a bada la rabbia 

e dan pace ai sensi del corpo vivo



Vano è cercar frutto più dolce del fico maturo 

che stà nel cortile di casa, quindi non fare il gaudente 

che, come il cane, se la gode con tutte e tutti.



Ambiente equatoriale



Il nostro cibo viene dalla terra,

 lo consumiamo e alla terra ritorna; 

agli uccellini le briciole del pane; 

quel cibo che ci cade dalla bocca 

è destinato al cane 

e quello che cade dal tavolo

 è destinato al gatto; 

la manna è quella che Iddio

 invia dal cielo ai suoi profeti



Me ne infischio dell'infermità fisica

 e dell'integrità mentale

bevo vino e tiro a campare, non temo

 la morte e non la vado a cercare

e mi affido al primo sanitario 

che mi da garantito l'impedimento 

alla morte di venirmi a cercare.



La prima presunta virtù degli adoratori di Dio

 è di pensare più a Lui che al mondo

impastato da Lui dove però 

soddisfano i loro naturali bisogni.



Le mie basette

 - che vengono dai primordi della terra - 

sanno di ottava meraviglia del mondo conosciuto 

e hanno quel leggero non so che in parentela 

con le Piramidi, il Partenone e il Colosseo!



Ambiente mediterraneo



Che la giustizia mi accompagni 

in quel che sto per fare in pubblico



È più intricato il groviglio del mio animo

 70enne dei fili che ci legano alle stelle



Buttate quel che vale e non vale, 

è compito dei gracchi scegliere



Nello spazio non c'è tempo

 per le convenzioni che si trovano a terra.



Non c'è premier nè leader che 

come tutte le persone di successo

riesca ad esser serio almeno al cesso.



Ambiente scandinavo



L'amicizia tra due persone dello stesso genere

 è, tra un uomo e una donna, amore



La fede è il credere in te stesso 

come unico portatore di verità



Ho fede in quel che credo 

come unica verità: la mia in quel che credo.



Mi son rimpolpato da quando ho vinto

 la balbuzie.



Ora devo sistemare la timidezza 

per farmi più comprensivo.



Con la scontrosità ho smarrito il sorriso 

e non riesco a ritrovarlo.



Esposizione tropicale



Più perdo capelli più ho in pace l'animo



Con ogni scorreggia mi sgonfia di più



Col solo pensiero prendo il volo



Con la sola voce mi faccio sentire di più



Nelle orecchie mi passano le parole 

come l'acqua tra le dita



Non voglio e non posso più bere

 in modo smodato da giovani cavalieri 

poichè invecchio e perdo i capelli 

e li riguadagno come peli 

dei baffi e delle giovanili basette.



Gli occhi più assorbono e più rispecchiano la luce 

che è l'ultima a spegnersi col respiro 

che ci riporta nel regno dell'antica 

e sovrana Ingenuità: 

quella di capire il perché dobbiamo morire.



Ambiente immaginario



Sono nato fortunato con le buone  stelle del cielo

ma poi, con l'avvento della malattia

la sorte non mi è parsa avversa.



Siamo tutti ingenui e ci crediamo chissà quali divinità 

in cerca di gloria che troviamo con i vermi della terra.



Ora come prima e sempre,

 le disgrazie mi suscita la compassione.



Ai soli invidiosi non dispiacciono i dispiaceri altrui.



Per un onest'uomo è meglio perdere

 i capelli che non smarrire l'onestà.



Il mio medico mi sollecita a rovesciare

 in mare il sale che ho in più

o almeno di non assumerne altro,

 ti basta quello del battesimo, mi dice.



Ogni volta che seguo gli altri nel sentiero impervio 

ruzzolo come un frate zoppo che si ostina 

a danzare come un barbiere ballerino.



Che l'Iddio ci abbia lasciato soli 

dopo averci fatto e imposto la libertà

 è più certo dell'averci creato dal nulla 

poichè il nulla esiste 

solo nella mente degli stolti.



Per universo intendiamo ciò che conosciamo

 supponendo altre enormità di cui siamo ignari,

 nella forma e nella sostanza.



Nella stagione calda scopri il corpo 

che copri nella stagione fredda 

così alla giovinezza la vitalità è propria 

e non è fatta per riempire la dispensa 

della vecchiaia che avrà sempre

 il corpo stanco e freddo come l’inverno



Un animo nobile nobilita un franco sorriso



Un semplice pensionato sano, sedentario e senza bava 

è il monarca al governo dei propri giorni 

e non cede il timone che alla prepotenza della morte.



In amore perde senso 

il ritegno di lui e il riserbo di lei

 per far posto al privato di entrambi.



Tutto ciò che è naturale 

campa al meglio anche senza orpelli.



Chi cerca dio può non andar lontano

 e se davvero è fortunato 

lo trova in se stesso.



Se ti capita di incontrar la fortuna

 - come può capitare ai vivi - 

non abusare di Lei, non spolparla,

 come usano fare gli ingordi 

perché potrebbe offendersi.



Non so chi abbia abbattuto le torri d'Irillai 

anzi non so neppure se abbia mai avuto 

delle vecchie mura che ogni paese vanta; 

dall'infanzia finora, sotto i miei occhi 

è svanito anche il Rifugio di guerra sotto casa.



Il gonfio pallore del viso 

sa di quella muffa che attrae i corvi.



So che alla mia morte i nuovi nati

 faranno il possibile per essermi somiglianti 

e simili come gocce del vino della stessa botte.



Quando la pur onorata persona del quartiere 

va avanti con l'età ha il vago sentore 

che i vicini se ne infischino di lui 

e faccian più conto del parroco 

che assolve le loro pecche.



Conosco il mio destino scritto nel cielo

perchè ho carpito certe confidenze

 alla mia buona stella che ospita 

tutte le più importanti donne della mia vita.



La mia  nuova effigie è sui 50€



Quel che mi riesce meglio è obbedire a me stesso.



La politica è l'arte con la quale 

le persone assennate han deciso di stare insieme 

intrecciando le proprie vicende 

e portarle a compimento

 senza aver vantaggi a danno altrui 

come i cristiani d'altri tempi.



L'uomo è l'unico animale 

che da a vedere di essere diverso dagli altri 

perchè si veste come gli pare di giorno 

e si cambia gli indumenti per dormire di notte 

insomma è l'animale che usa più pelli 

per nascondere quella avuta in regalo.



Il pane è quel povero alimento che tiene

in vita le persone comunque esse siano.



Non si mangia il pane intero, ma lo si fa a pezzi 

con le mani pulite e pure come le profondità marine

per dividerlo con gli altri che siedono a tavola 

solo quando sono affamati



Dividi il pane con l'amico e senza negarlo al nemico 

che non manca mai, poichè il pane non si nega 

nemmeno al demonio che ci corrompe.



Amo il vento meridionale dal lieve respiro



Dei galli che popolano i pollai del mondo

 non ce ne uno che non abbia la cresta 

rossa come il sangue dei cristiani. 

Dei polli dell'altro mondo non so. 

E ancor meno so dei capponi 

che si cuociono nell'inferno.



Il bianco gallo d'Irillai mi sveglia 

quando la notte svolta verso il nuovo giorno 

per scriverti i miei pensieri notturni 

che vengono messi sul foglio spoglio 

così come nascono: 

nudi per essere battezzati dalla sua madrina



Le meraviglie si fanno 

per far credere quel che non è 

e alterare quel che è 



Predu Pilurzi, mio inestimabile cugino,

 aveva in dote, senza saperlo

che alla sua sola presenza le femmine vergini 

si ingravidavano, e, trovandole gravide, 

si partorivano felicemente senza dolore

sia i maschi che le femmine e persino i gemelli divini

e tutti nascevano col cuore sano e pomposo e più duro 

del già duro e puro grano maturo del gran Campidano



L'uomo che arriva sul tappeto volante

al mercato all’aperto d’Irillai e Ohiai B.

saluta sempre gli increduli cerimoniosi 

spendaccioni e parsimoniosi



La filosofia ti illude di farti savio

Ho più fiducia in chi ha letto L'apologia di Socrate 

che non in chi ha letto il Vangelo 

per poi abbrustolire eretici e streghe vive



Il desiderio di sentire la voce non intende

 vanificare la comunicazione scritta

scriviamo, dunque, semplicemente 

al modo della gallina che fa l'uovo 

che lo cova dopo il canto del gallo, 

dell'uva che matura 

e dell'aglio che insaporisce 

e profuma l'alito spiritoso



- Ogni momento e ogni luogo 

son buoni per sperare nella fortuna, 

ciò vale anche a non credere 

alle facili promesse dei potenti 

che per un pezzo di spalla arrosto 

hanno abbattuto Tebe dalle sette porte



Per te indosserei il mio grembiule domestico,

 per esserti d'aiuto con un bacio delicato 

e colorato come una bacca selvatica



- Se in qualcosa siamo d'accordo 

è nell'essere tutti sulla terra 

che non si sa se rotoli in avanti 

o, in salita, ritorni indietro



- Sapessi della terra e del cielo 

quel che so di me 

non avrei rinunciato alla Baronia 

e nemmeno al principato di Lollove 

e ancor meno alla lotteria settimanale



Le persone misurate son quelle che cantano

 al cesso e perdono facilmente stima

 in chi non le tratta come si aspettano



Devo prender parte agli affari del mondo 

senza trascurare i miei che vadan come desidero 

e meritano l'attuazione con successo



- Il suo fiero e squillante chicchirichì vuol dire: 

Non sono l'orco in cerca della preda da divorare

ma sono l'amico dei beoni d'Irillai 

che aprono spiragli sul passato che non c'è più



Il vento che soffia dalla Serra di Orune 

asciuga scuotendo le cose stese a Sae Maria Lodè



- Stai meglio a soldi o a salute?



La religione è madre della vana speranza



L'animo non si nutre di sole promesse



- Cos'è il governo? 

Il governo è la forma attuale degli stati moderni 

per amministrare gli affari umani legati 

alle cose della terra che dà vita al mondo.



- Trovo strana la diffidenza 

che mi fa dubitare dei miei concittadini

ma non riesco a sopprimerla


solo a costui affiderei il quotidiano governo del mondo.…

...a questo mio ottimo alleato: il nobile Carramerda Isseddhau,  conte di Hirillai





Non è compito dello stomaco digerire le illusioni










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